Ritorno dall'India
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Meditazione sull'anima
E’ una lunga meditazione sull’amore e anche, di conseguenza, sull’anima, questo romanzo di Abraham B. Yehoshua, “Ritorno dall’India”, scritto nell’ormai lontano 1996.
Una minuziosa narrazione in prima persona che all’inizio ha il sapore di una confessione affascinante ed inquietante allo stesso tempo e che lentamente si trasforma in una rivelazione assurda ed incredibile. Sì, il protagonista di questo romanzo ci racconta la storia di un innamoramento, una storia che potrebbe essere narrata in modo banale, in fondo. Ma Yehoshua è tutto fuorché un autore banale, così racconta l’amore esattamente per quello che è: qualcosa di irragionevole, irrazionale, insensato ed anche un po’ paradossale; qualcosa che ci mette in contatto con la nostra anima, che squarcia il velo di buonsenso, logica e coerenza che normalmente la tiene avvolta –l’anima- e la mostra per un lungo istante in tutta la sua strana e forse un po’ ridicola, realtà.
Benyamin Rubin, giovane medico specializzando in chirurgia, figlio unico di genitori di origine inglese molto razionali, viene scelto per accompagnare il direttore sanitario dell’ospedale in cui lavora, Lazar, e sua moglie, in India. Lo scopo del viaggio è quello di riportare a casa la figlia dei Lazar, che si è ammalata di epatite e si trova in difficoltà per il ritorno in Israele. Il dottor Rubin viene scelto per la sua apprezzata scrupolosità, perché viene considerato un medico capace di analizzare il quadro clinico complessivo della malattia del paziente, non solo un chirurgo che taglia le viscere della gente. In realtà Benyamin vorrebbe essere proprio e semplicemente un ottimo chirurgo, ma non ne ha la capacità fino in fondo: infatti non sarà scelto per essere assunto in chirurgia, gli viene preferito l’altro specializzando. Lui, in compenso, potrà accompagnare i Lazar nel viaggio in India; dopo, potrà pensare eventualmente ad una specializzazione in medicina interna, o forse in anestesia. Ed è proprio durante questo viaggio –non a caso un viaggio in India- che il giovane e razionale medico entrerà in contatto con la propria anima, con la propria spiritualità, che, per quanto possa essere negata e sottovalutata nella nostra società occidentale, fa innegabilmente parte di noi esseri umani. E in che modo potrà entrare in stretto contatto con la sua anima e con il suo io più profondo il serio, affidabilissimo ed ambizioso dottor Rubin? Nel modo più semplice, direi: attraverso l’amore. Benji infatti si innamora perdutamente, ma non di qualcuno che lui stesso, la società, il buonsenso e la razionalità avrebbero senz’altro approvato. Lo scopo del suo amore non è realizzare un progetto logico, formare una famiglia, mettere al mondo figli, avere della compagnia. No. Lo scopo del suo amore, anzi, del suo innamoramento, è quello di fargli finalmente dare voce alla spiritualità.
Un romanzo quindi che vi porterà, con la sua storia apparentemente strana ed illogica, a compiere una lunga e forse, per alcuni aspetti, inquietante, meditazione sull’amore e sull’anima.