Rio Fugitivo Rio Fugitivo

Rio Fugitivo

Letteratura straniera

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Il quindicenne Roberto è appassionato di letteratura e, sulle orme di un antenato scrittore, si cimenta nella stesura di romanzi gialli. Molto sensibile e dotato di un acuto spirito di osservazione, vive quotidianamente il contrasto fra l’instabilità della Bolivia degli anni Ottanta e la vita ovattata di un figlio dell’alta borghesia di Cochabamba: l’esclusivo istituto cattolico dove studia e le dinamiche familiari sono per lui una campana di vetro fatta di ipocrisia, e il solo modo per uscirne è la creazione di altri mondi, come Río Fugitivo, cittadina immaginaria in cui ambienta i suoi racconti. Ma per Roberto scrivere significa provare a decifrare il mondo e a stabilirvi un ordine. Così, quando si trova di fronte a una misteriosa scomparsa, il ragazzo inizia a ripercorrere tutta la vicenda a ritroso. Lo scopo, certo, è fare chiarezza, ma come non cogliere l’occasione per delineare il tanto ambito delitto perfetto?



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Rio Fugitivo 2015-04-30 12:06:47 pirata miope
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pirata miope Opinione inserita da pirata miope    30 Aprile, 2015
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IL DELITTO PERFETTO DELLA STAGIONE IMPERFETTA

Anche noi come Roberto il quindicenne rampollo della buona borghesia boliviana negli anni 80, protagonista voce/narrante del romanzo dello scrittore boliviano Soldàn, sognavamo un paese immaginario dove i delitti erano perfetti e noi, investigatori geniali, stanavamo il colpevole. Nella stagione imperfetta della nostra adolescenza il mondo attorno, la scuola, la famiglia, gli amici, il sesso e l’amore formavano tutt’altro che un universo perfetto: li i delitti erano sempre imperfetti, chi li compiva lasciava tracce di sé evidenti e per di più restava impunito facendosi beffe del nostro senso di giustizia e della nostra verginità ideale. Il romanzo di Soldàn scritto nel 1998 e riscritto completamente nel 2008, per gran parte autobiografico, pur facendo riferimento a un contesto storico sociale definito, lo filtra attraverso la prospettiva di un liceale particolarmente permeabile all’ambiente che lo circonda: il collegio Don Bosco dell’alta borghesia, l’emarginazione di chi vive fuori dai ghetti dorati, la crisi economica e morale che colpisce anche le classi privilegiate, l’instabilità politica e una democrazia fragile incapace di estirpare dal popolo il desiderio di un ritorno alla dittatura costituiscono il vissuto su cui si forma la personalità di Roberto. Egli non è diverso dai suoi compagni ed amici: nell’orizzonte di ognuno di loro c’è una fuga verso un altrove spesso artificiosamente indotto dalla droga o con le fattezze dell’America immaginaria dei film e dei libri. In questo microcosmo labirintico tutti i personaggi del libro si aggirano senza una direzione precisa, e disperatamente il protagonista cerca qualcuno che gli indichi una direzione senza trovarlo. A Chochabamba, la città dove vive, né padri né madri né professori sono maestri. Dunque non solo Roberto ricorrendo alla fantasia se lo deve creare un maestro plagiando le pagine di Agatha Christie, trovargli un nome, Mario Martinez, un posto ideale dove vivere, Rio fugitivo, ma quando la sua esistenza viene sconvolta da una morte vera, deve incarnarsi in lui per scoprire una verità che lo riguarda. Ma a questo punto“Rio fugitivo” lascia cadere la maschera: “il mondo è pieno di narratori pericolosi”si legge a mo’ di ambiguo congedo, lasciando intendere che romanzo di formazione e giallo sono inconciliabili se non nel fantasia della nostra stagione imperfetta.

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