Ricordami così
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Sono trascorsi quattro anni da quando Justin è scomparso. Una tragedia che ha colpito l'intera cittadina del Texas nella quale viveva. E' scappato? E' stato rapito? E' affogato nella baia? Mentre i Campbell non si danno per vinti e continuano a cercare una risposta, quel che resta della famiglia sembra andare disperdendosi giorno dopo giorno. Poi, un pomeriggio, accade l'impossibile. Justin è stato ritrovato, dice la polizia, e pare stia bene. Ma le spiegazioni dietro il lieto evento sono tante, e talvolta non collimano. E dentro la famiglia restano ferite che difficilmente potranno rimarginarsi. Perché, forse, una volta che qualcosa ti è stato portato via non sarà mai più davvero tuo.
Recensione della Redazione QLibri
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Il senso del nucleo
Dopo quattro anni dalla sparizione di Justin, della famiglia Campbell non rimangono che i cocci. Laura, la madre, non ha più ritrovato se stessa, si trascura e trascura quella casa a cui si dedicava con zelo quando ancora vedeva attorno a sé una famiglia; passa il suo tempo libero al Marine Lab, dove è inserita nei turni di osservazione di un delfino. Eric, il padre, si sforza di non insegnare stancamente la storia ai suoi alunni; sovente si rifugia da Tracy, la moglie di un amico con la quale intrattiene una relazione extraconiugale. Griff, il fratello minore, studia e si dedica a complicate e pericolose evoluzioni con lo skateboard, del quale è ormai padrone: volare in aria su una tavola con le ruote è ciò che meglio gli ricorda Justin. Cecil, il nonno, continua a guardare al mondo con la sua visione burbera e solida delle cose, ma dentro di sé si chiede chi sarà il primo a crollare definitivamente e quando; e si rende conto che il più fragile è forse proprio suo figlio Eric.
Salvo che nei peggiori momenti di scoramento, nessuno di loro vuole pensare che Justin non ci sia più. Ed hanno ragione. Perché una mattina come le altre giunge la telefonata che aspettavano da quattro anni: Justin è vivo, è stato riconosciuto al mercato delle pulci da una donna anziana che gli stava vendendo due topolini vivi.
La famiglia si precipita a recuperare quel ragazzo che ormai ha quindici anni, e che per tutto il tempo è rimasto in zona, vittima di un aguzzino di nome Dwight Buford.
E' il liberatorio epilogo di quella brutta vicenda, o piuttosto il suo difficile inizio?
“Ricordami così” è un'opera intensa, coraggiosa, che coniuga una silenziosa spietatezza con uno sguardo caldo e pietoso sul dramma umano. E' un libro destinato a lasciare un segno in chi lo legge.
Difficile anche spiegare quanto sia bravo Johnston a dare il senso dello smarrimento e del dolore, dello stillicidio. Lo si può capire solo leggendo il libro, consapevoli che la scelta fondamentale dell'autore è quella di lasciare nell'ombra i quattro terribili anni vissuti da Justin (l'adolescenza rubata da uno squilibrato) e concentrarsi sul senso di “dissoluzione” che fa apparire una famiglia inutile come un puzzle del quale si siano persi molti pezzi.
La solidità del racconto è nell'abilità di narrare tutto ciò attraverso i più piccoli particolari, nella capacità di scavare così profondamente nella reazioni di una famiglia (intesa prima come nucleo di sangue e poi come intera cittadina) e nei rapporti tra i suoi membri.
Un romanzo scritto da un ex-skater americano – il primo, preceduto solo dalla raccolta di racconti "Corpus Christi" – in modo molto poco “americano”.
Fino all'epilogo, che lascia intravedere una diversa possibilità sull'ultimo atto di quel dramma: in fondo è più quello che gli esseri umani si tacciono reciprocamente che non ciò che essi si rivelano, anche quando si tratta di due fratelli, di una moglie e di un marito.
Di quell'epilogo vale la pena riportare almeno l'inizio:
“Immagina di uccidere un uomo. La risolutezza. L'irreversibile e indicibile isolamento che ne segue. Immagina di arrivare al punto di rinunciare a te stesso, e a tutta la vita che è venuta prima e al futuro che avevi sognato, con la consapevolezza che dopo niente e nessuno sarà più uguale. Immagina che così uccidi anche te stesso, perché questo significa uccidere un uomo, e che, dopo, l'esistenza sarà solo su due piani. Vera e contemporaneamente finta. Arriverai a vedere il mondo come lo vede un animale, senza giudizio, senza speranza né pietà, e a non credere più che qualcosa – la grazia, la Storia, gli esiti del tuo gesto, la vergogna o Dio – sia più importante di quello che desideri proteggere.”
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Il peggio è eterno
Come si fa ad andare avanti?
Come si fa a non morire quando tuo figlio/fratello/nipote di 11 anni scompare?
Quando ti sparisce un figlio nel nulla, l'unico desiderio che hai è di seguirlo nel nulla in cui è scomparso.
Non c'è posto per nessun altro pensiero, non c'è più niente, la vita può anche andare avanti, ma una parte di te rimane ferma lì, in quel punto, in quel buco nero.
Un bel giorno, Justin esce col suo skateboard, e non torna più.
Rimangono una madre, un padre, un fratellino e un nonno che annaspano, che cercano di dare un senso ai loro giorni sospesi, sempre in attesa...
Ognuno prende la sua direzione, si allontana dal nucleo, si disperde.
Ma questo non è un libro sull'assenza, sulla perdita...è un libro sul "ritorno", sulla ricostruzione, sull'amore fra persone che faticano a riconoscersi...perché, dopo 4 lunghissimi anni, Justin viene ritrovato.
Era lì, a due passi, vicinissimo.
Incredulità, gioia, rinascita...non so, forse non esiste una parola in grado di descrivere quello che provoca un ritrovamento del genere, va oltre la felicità...molto oltre.
Ma adesso?
Adesso come si fa a ritrovarsi?
Verrebbe da pensare che esista un "prima" e un "dopo" la scomparsa, invece il vero spartiacque è il ritorno.
Ovunque si guardi c'è il peso assoluto e schiacciante del passato, di quei 4 anni muti, di cui non si sa niente e di cui si teme anche di chiedere, di parlare.
Tutto il taciuto pesa come un macigno.
È come se prima fossero tutti su una nave che stava affondando mentre ora sono nelle scialuppe di salvataggio, però ognuno sulla sua.
E la corrente li trasporta e li allontana gli uni dagli altri.
Da quando Justin è tornato c'è una costante ed estenuante ricerca di significato, in ogni parola, gesto, sguardo, come se tutto andasse decodificato.
Anzi, ri-decodificato.
In un clima di tensione costante, Johnston viviseziona il dolore, i rapporti familiari sfilacciati dalla paura, dai sensi di colpa, dalla ricerca continua di una normalità perduta (per sempre).
"IL PEGGIO VE LO SIETE LASCIATO ALLE SPALLE.
IN REALTÀ QUANDO IL PEGGIO ARRIVA, POI NON LA SMETTE PIÙ.
DIVENTA ETERNO."
460 pagine di ansia.
Strano, per un libro in cui la tragedia è già avvenuta...eppure è così.
Ma che bello...
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Non si può vivere nel passato
Un ragazzino scomparso nel nulla. Una famiglia ai limiti del crollo emotivo. I giorni, i mesi, quindi gli anni passano nella speranza di un cenno, un indizio anche flebile, per continuare a crederci. Solo una misteriosa cartolina sembra affermare con forza che Justin sta bene, ma resistere all’assenza diventa ogni giorno più dura.
Eric, il padre, si rifugia nell’insegnamento e soprattutto tra le braccia dell’avvenente amante. Laura, la madre, trova nel volontariato presso un acquario la propria valvola di sfogo. Griff, il fratello minore, si svaga con lo skateboard mentre comprende che il mondo conosciuto in precedenza si sgretola ogni giorno di più. Cecil, ormai anziano e padre di Eric, si sente inutile nel suo negozio di pegni.
Finchè Justin, come per miracolo, riappare. Urge ora ricostruire la sua storia, capire dove ha vissuto, chi lo ha rapito e a che scopo, e soprattutto, con massima delicatezza, comprendere la portata degli eventuali abusi subiti cercando di aiutarlo a superare il trauma .
B. A. Johnston lascia sullo sfondo l’indagine poliziesca, allo stesso modo lancia vaghi accenni riguardo i maltrattamenti, non è ciò che gli preme analizzare, non è il fulcro sul quale basare la sua storia.
Ad interessarlo sono le dinamiche famigliari costituitesi a fronte del ritrovamento.
Si passa dal senso di colpa, di impotenza e scoramento a un’ incontenibile gioia. Allo stesso tempo però qualcosa si è inceppato, addirittura infranto per sempre, perduto nei meandri di un solare passato che mai potrà tornare, deturpato e lordato dalle mani di un uomo nero dalla mente deviata.
E qui l'autore si mostra bravissimo, ovvero nel creare un nuovo malessere, modulato su quello precedente ma sfumato sulla vergogna di non riuscire ad essere felici nonostante il peggio sia passato. C’è quasi un rispetto religioso nell’affrontare Justin, nel cercare di esorcizzare il suo periodo di assenza. Ma c’è la difficoltà ad accettare il suo cambiamento, il paragone impietoso con il come era è in perenne agguato, pronto ad azzannare.
E ciò comporta un nuovo scarto verso la paura, l’incomprensione, l’incapacità di gestire una situazione gravosa in cui la normalità sarà per sempre influenzata dal ricordo.
Approfondimento psicologico e caratteri credibili creano la forza del romanzo, magari un po’ ripetitivo in alcuni passaggi ma davvero ben scritto ed incalzante.
Molto buona la creazione del senso incombente di tragedia a permeare ogni pagina fino ad una catarsi apprezzabile e a un nuovo inizio, in cui diventa necessaria l’accettazione totale di un presente inevitabilmente diverso, perché sono gli addendi, in primis, ad esser cambiati.
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L'adattamento
Strana storia, che racconta la vita di una famiglia americana, sconvolta dalla sparizione di un figlio e da tutti i dubbi sulla sua sorte, che le cronache più che mai attuali ci possono aiutare solo ad immaginare, non certo a capire pienamente. Poi il figlio ricompare. Ed è questa la chiave speciale di questa storia, perché ti accorgi che la trama non è intessuta intorno al voler risolvere il mistero della sparizione del ragazzo, ma è incentrata sulla ricostruzione di equilibri familiari e di rapporti umani che sono stati irreversibilmente segnati dalla vicenda. Il ragazzo ritorna, con 4 anni in più, di 15 cm più alto, di 18 kg più rotondetto ed il libro è tutta una scoperta sull’adattamento che ogni componente vive dentro e fuori di sé, convivendo con il peso assoluto e schiacciante del passato, tutti consapevoli della loro estrema vulnerabilità. Consapevoli che qualcosa che ti è stato portato via non sarà mai più davvero tuo, vogliono e si devono abituare anche a convivere con il “non sapere” cosa è realmente successo. Ed è la storia disperata, e conosciuta solo per metà, che li tiene uniti. Nonostante il dubbio e le mille domande siano laceranti. Contenuto splendido. Molto lenta, forse troppo, la lettura. Merita senz’altro attenzione e comprensione. Per quanto possibile anche immedesimazione.