Questo bacio vada al mondo intero
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Lasciate girare il mondo
E' la fantastica avventura di Philippe Petit la colonna portante di questo romanzo. L'uomo che attraversò, nel 1974, lo spazio vuoto tra i grattacieli del World Trade Center usando solo una fune tesa e l'equlibrio mentale prima che fisico, catalizza l'attenzione dei personaggi che caratterizzano la vicenda. Una storia ambientata nella New York in piena campagna bellica contro il Vietnam, una città che assomiglia ad una cloaca, i cui miasmi e liquami, sotto forma di droga, violenza e prostituzione si abbattono sulle vite dei bassofondi del Bronx. Ma in mezzo a tale squallore si elevano le vite di uomini e donne che si aggrappano alla vita con l'unica forza data loro, quella della sopravvivenza. Vite che, come fiori, crescono tra le spaccature dell'asfalto lurido riuscendo in taluni casi a fiorire ed in altri casi a venire spezzate da qualcosa di molto più grande di loro. Un intreccio di storie, casualmente legate tra loro in cui Mc Cann riesce ad andare in profondità nei pensieri delle persone facendole diventare tremendamente vere, vive e dannatamente aggrappate alla vita che scorre e gira come il mondo. Let the great world spin, titolo originale.
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Questo bacio vada al mondo intero
E’ l’agosto del 1974, a New York. La vita in città scorre tranquilla, finché, d’un tratto, un episodio cambia e colora la giornata: un funambolo sta attraversando lo spazio fra le Torri Gemelle su di un di un cavo, a 400 metri d’altezza.
Comincia così un affascinante romanzo che è insieme affresco della città, fatto di varie voci narranti, che, a poco a poco, si dipanano e s’intersecano fra loro, sullo sfondo di questo episodio realmente accaduto. Ogni personaggio appartiene a un microcosmo notevolmente diverso da quello degli altri, ma tutte le voci narranti, con il loro retroterra, la loro cultura, i loro vissuti così diversi gli uni dagli altri, devono affrontare una perdita del proprio baricentro emotivo, per poi recuperarlo…esattamente come il funambolo sul filo. C’è la prostituta Tilly, che vive nel Bronx, la pittrice che cerca da anni una sua stabilità sentimentale e di vita, la dolce Claire che, nella sua casa dell’Upper Side, elabora, come riesce, un dolore importante. Su tutti l’autore ha un occhio tenero e, direi, quasi paterno; ogni figura ha in sé un’umanità forte, a volte “mascherata” dal ruolo sociale o dai pregiudizi della società, ma la penna di Mc Cann riesce a dare profondità psicologica e spirituale ad ognuna.
La lettura è molto scorrevole ,anche se all’inizio ho avuto qualche difficoltà nell’inquadrare la trama, frammentata in modo un po’ insolito. Tutte le situazioni sono descritte con garbo e delicatezza, anche nelle vicende più toccanti; ne risulta un intreccio appassionante e gradevole. Ci si ritrova a immedesimarsi nelle situazioni più disparate eppure facenti parte della stessa realtà urbana: questo credo sia un punto di forza del romanzo, che ci invita ad “allargare la visuale” sul mondo, un esercizio mai superfluo.
Personalmente ho apprezzato molto la coralità del romanzo e il sapiente fondersi dei vari punti di vista, oltre alla ricerca umana e spirituale di ogni singolo personaggio; pian piano mi sono affezionata ad ognuno di loro e alle loro vite.Ho gradito molto prospettiva diversificata della città e dei suoi abitanti che questo libro dipinge,con un apprezzabile sforzo di ricerca introspettiva che non è mai retorica o forzata.
Una lettura piacevole e densa di significati, sicuramente da consigliare.
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Un libro che appassiona e travolge
"Tutte le vite che potremmo vivere,tutte le persone che non conosceremo mai, o che non saremo, sono ovunque. E' questo il mondo". Ecco la frase che introduce al libro. Ed ecco lo spirito che attraversa ogni pagina, in un turbinio di vicende e sentimenti che trascinano il lettore nell'evolversi di un disegno in avvenire, che si dispiega piano piano attraverso una trama dal fascino coinvolgente e appassionato. Intorno alla figura dell'equilibrista Philippe Petit, che tutti ammirano e guardano stupiti e immobili(cosa che, in diversi momenti, accomuna tutti i protagonisti),si dipanano le storie fragili e immense delle persone, come se la vita stessa fosse costituita, nella sua essenza, dal tentativo di restare in equilibrio su un filo sottile. Il romanzo è piacevolissimo, si legge d'un fiato. Solo all'inizio ho avuto un po' di difficoltà a collegare le storie, poichè lo stile è insolito e un po' frammentato. Proseguendo, però, tutto risulta chiaro e ,anzi, gli intrecci di storie e voci coinvolgono ancora di più perchè non erano dati per scontati. E viene da pensare che restano così tante storie da raccontare...
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Vite in bilico nella città delle Torri gemelle
Il libro si articola in un prologo e quattro “libri”, i primi tre dei quali divisi in dieci capitoli.
Il prologo e i due capitoli finali del primo e del secondo libro sono dedicati alla storia romanzata, ma basata su episodi e fatti reali, dell’impresa dell’equilibrista Philippe Petit che, il mattino del 7 agosto 1974, camminò e fece diverse evoluzioni su un cavo teso tra le cime delle Torri Gemelle del World Trade Center, ancora non del tutto terminate.
Negli altri capitoli nascono, si dipanano e si intrecciano tra di loro, alcune più strettamente, altre appena sfiorandosi, le storie dei molteplici personaggi di invenzione - più complessa ed elaborata per alcuni, più sommaria per altri - che concorrono alla composizione del romanzo, rapportandosi variamente all’evento reale del funambolo.
Il tempo in cui si colloca la gran parte del romanzo è l’inizio degli anni ’70, gli anni della guerra del Vietnam, di Nixon, di Kissinger; il libro conclusivo opera un salto temporale, collocandosi quasi ai giorni nostri, nel 2006, quando oramai le Torri sono state cancellate dallo skyline di Manhattan.
I luoghi sono quelli del Bronx degradato, del Village, di Lower Manhattan, dei quartieri alti di Park Avenue. Altrettanto differenziata è la varietà dei personaggi: i due fratelli immigrati dall’Irlanda, uno dei quali affiliato ad un ordine monastico, prostitute che si tramandano il mestiere di madre in figlia, l’immigrata latino-americana, la nera Gloria proveniente dal Missouri e dalle battaglie per i diritti civili, esponenti pienamente integrati della borghesia medio-alta, come il giudice Soderberg e la moglie Claire, il pittore di graffiti, informatici alle prese con le prime fondamenta di quella che sarebbe poi divenuta la rete Internet.
Una particolarità anch’essa assai efficace nella caratterizzazione dei personaggi – e direi non solo di quelli principali – sta in una narrazione che riesce a sorprendere mettendone in evidenza aspetti, o cambiamenti, inattesi o, comunque, fuori degli schemi che pur potevano sembrare plausibili. E anche per i personaggi più sgradevoli, almeno al primo impatto, o comunque più distanti da chi legge – per scelte di vita, temperamento, gusti, valori – ci si può sorprendere a provare comprensione ed empatia. Il pulsare e il vorticare di questo mondo si riflette efficacemente nella diversità delle voci narrative e dei punti di vista che l’autore mette in campo, spesso con variazioni repentine, quasi da equilibrista, come a riflettere, anche sotto il profilo formale, il funambolismo della traversata a mezz’aria tra le Torri.
L’incipit è estremamente efficace nel creare un’atmosfera eterea, irreale, quasi magica, cui si contrappone l’ansia della folla sottostante, polarizzandosi in forme tra loro contrapposte, di angosciosa pulsione di rimozione e di morte o, al contrario, di appassionato sostegno e speranza nella riuscita dell’impresa impossibile. Contro tale atmosfera si staglia ancor più concreta ed evidente la corporeità sofferente e sofferta delle vite vissute dai personaggi: vite sempre in bilico tra le spinte verso la ricerca di gratificazioni, il nutrimento e il coronamento di aspirazioni talvolta indistinte, o che, talora, possono virare rapidamente in direzioni inattese, da un lato, la strettezza cogente della necessità o, più semplicemente e rudemente, del caso, da un altro lato e, ancora, i vincoli di un passato non superato, della faticosa elaborazione di perdite e lutti. Vite, in certo modo, cioè, da funamboli, che non di rado si manifesta in termini letterali nei modi in cui taluni dei personaggi si aggirano lungo le strade della metropoli.
Quella della traversata aerea tra le Torri diventa così un motivo unificante della narrazione anche in senso metaforico e simbolico, oltre che sotto il profilo dell’interazione dell’evento di apertura, più o meno diretta e casuale, con le vicende dei diversi personaggi. Del resto l’Autore è assolutamente esplicito, in proposito, nella nota posta alla fine del volume. Diventa perciò davvero arduo capire e giustificare la scelta dell’editore italiano nel dare il titolo al romanzo di McCann sostituendo al verso di Tennyson – che pure è lo stesso che dà il titolo al quarto capitolo del “Libro primo”, sebbene tradotto con qualche enfasi “Lascia che il mondo giri in vortici infiniti” – un verso tratto dall’”Inno alla gioia” di Schiller.