Quasi un santo
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Dolce Anne!
La prima metà di questo libro è bellissima. I personaggi respirano e i rapporti famigliari sono pieni di tenerezza, di sfumature e sfaccettature per cui la lettura è gradevolissima. Niente è artificioso, difetto che riscontro in molti autori contemporanei. Poi, come spesso succede a Anne, la narrazione perde forza come un sufflè mal riuscito. Le soluzioni si fanno meno brillanti e interessanti.
Nella prima metà del romanzo vediamo la presentazione in famiglia, una famiglia americana che come tipologia potrebbe assomigliare alle nostre famiglie del sud, della nuova fidanzata del figlio Danny, una ragazza bellissima. La ragazza, appena conosciuta da Danny, ha già due figli da un primo matrimonio e viene sposata da Danny su due piedi senza riflettere. La ragazza suscita l’interesse anche del fratello adolescente dello sposo Ian che diventa il baby sitter della nuova famigliola. Il rapporto tra Jan e i bambini è descritto in modo vivace così come i bambini stessi sembrano uscire dalla carta. La situazione precipita e Jan si ritrova a fare scelte dettate dal cuore e dal senso di colpa per cui abbandona gli studi e si accolla i tre figli del fratello. Dato che è difficile lavorare e educare figli, entra in scena come soluzione narrativa una delle tante chiese che fioriscono in America, non si capisce bene se chiesa o setta, la Chiesa della seconda occasione che come dice il nome si propone di dare una seconda opportunità a chi ha fatto errori che fatica a perdonarsi. A me questa chiesa non è piaciuta granchè, nel senso che la sua evidente utilità pratica non ne dovrebbe giustificare l’esistenza dal punto di vista ideologico per un personaggio così intransigente dal punto di vista etico come Jan. Ma a parte questo il racconto perde di mordente, si perdono i fili della vicenda che in certi punti non si capisce bene dove vuole andare a parare. Secondo me Anne doveva tenersi i primi capitoli e provare a riscrivere il resto cambiando molte cose. Le prime cento pagine erano da Pulitzer.