Quanto blu Quanto blu

Quanto blu

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Pungente, capriccioso, raffinato, imprevedibile Quanto blu ci mostra la migliore scrittura di Percival Everett e l’irrinunciabile festa di un romanzo perfetto. Kevin Pace è un artista e lavora da tempo a un dipinto che non lascia vedere a nessuno: non ai figli, non al migliore amico Richard e neppure a sua moglie Linda. Questa enorme tela di quattro metri per sette, interamente ricoperta da strati di vernice blu di diverse sfumature, potrebbe essere infine il suo capolavoro. Kevin non sa ancora dirlo o, meglio, non gli interessa, perso com’è nel suo passato di cui questo quadro sembra essere una sintesi, un’enigmatica e incomprensibile rappresentazione. Perché Kevin custodisce un segreto: dieci anni fa, a Parigi, ha avuto una relazione con una giovane pittrice e, seppur oggi non riesca a spiegarsi cosa lo mosse allora, il fantasma della ragazza e le bugie raccontate per anni non smettono di assediarlo. Mentre combatte con i demoni della sua memoria, Kevin deve difendere i sacrifici fatti in nome dell’arte e proteggere la sua famiglia da ciò che non hai mai avuto il coraggio di rivelare: il suo quadro, che racchiude un’indicibile verità, potrebbe essere la sua salvezza, o la sua condanna definitiva.



Recensione della Redazione QLibri

 
Quanto blu 2020-02-03 11:21:47 archeomari
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archeomari Opinione inserita da archeomari    03 Febbraio, 2020
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Il colore dei segreti e delle paure

Percival Everett, scrittore americano eclettico, prolifico e caratterialmente schivo, non ama parlare di sè nè dei suoi libri. Vanta un passato da musicista jazz e da allevatore di cavalli.
Ecco il suo nuovo lavoro, edito dalla Nave di Teseo, collana Oceani.

Nella seconda di copertina si legge che l’autore ha qui raggiunto il traguardo del romanzo perfetto. Everett è sicuramente uno degli scrittori americani contemporanei più interessanti, mai monotono, sempre alla ricerca di contenuti diversi.
“Quanto blu” è un romanzo che appassiona, ben costruito, e che nonostante i continui salti temporali non stanca, mantiene sempre desta l’attenzione del lettore.
La storia segue tre fili che si intrecciano e vanno a risolversi nel finale, ognuno di essi è riconoscibile grazie al titolo. Come un puzzle, ogni tessera trova man mano il suo posto e ricompone la storia di Kevin Pace, il protagonista che è anche narratore.
Kevin è un artista, un pittore nero, di cinquantasei anni, sposato con Linda, dalla quale ha avuto due figli, April e Will, di 16 e 12 anni.
Il protagonista si presenta nelle prime pagine e ci fa subito immergere nel suo passato: la narrazione è l’alternarsi di due lunghi flashback, uno che si inserisce nel 1979 (il titolo di ogni capitolo contenente questo flashback è infatti “1979”) ambientato nel Salvador a ridosso della guerra civile, ove ha vissuto eventi traumatici che lo hanno segnato per sempre e un altro, intitolato semplicemente “Parigi”, che narra la “sbandata” avuta con una giovanissima acquerellista, Victoire, dieci anni prima, mai confessata alla moglie.
La cornice in cui si inseriscono i due principali flashback si intitola “Casa” e racchiude non solo gli eventi del presente del protagonista, ma anche del passato legati però alla presenza di Linda, dalla richiesta di volerlo sposare agli eventi del finale.

La presentazione editoriale vuole attirare l’attenzione sulla storia di un quadro che Kevin tiene nascosto a tutti, anche al suo miglior amico, alla famiglia, perché racchiude il suo segreto più grande che verrà svelato alla fine. In realtà il quadro è solo lo specchietto delle allodole per attirare il lettore fino alla fine, perché si parla veramente poco della sua realizzazione. Un colore e le sue sfumature per rappresentare tutto l’inconfessabile di una vita intera.

“Lo dicevano spesso, che io evitavo il blu. Ed era vero. Quel colore mi metteva in crisi. Non riuscivo a controllarlo. C’era quasi sempre come una base di calore nella mano di fondo, ma in superficie non si vedeva mai, non era mai più che un’idea in nessun quadro. E sebbene il blu sia tanto piacevole (...) non lo potevo usare. Il colore della fedeltà, della lealtà, l’argomento dei filosofi, il nome di una forma musicale... ma il blu non era mio”.

Ciò che va riconosciuto all’autore è la varietà. Varietà nell’ambientezione, varietà nell’azione (in particolare nei capitoli in cui si narra l’avventura salvadoregna), varietà nei registri linguistici unite ad una certa profondità di scavo psicologico, intimo, che arriva alla confessione finale solo alla fine, in quanto tutta la storia lascia sempre qualcosa di sospeso, di insoddisfatto nella curiosità del lettore.
Everett cerca di distrarre chi legge rivelando man mano dei particolari che possano fargli pensare al finale, ma... non ve lo dico.

Complessivamente un romanzo piacevole, ben costruito, ma che non mi fa pensare certo ad un capolavoro, in quanto il finale, che non posso rivelare, non mi ha convinto, mi ha lasciata perplessa e insoddisfatta.
Ultima osservazione: ho trovato nell’edizione tre refusi, di cui due veramente importanti per la comprensione della storia. Ho segnalato alla casa editrice, sperando che si siano accorti prima di me.

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Quanto blu 2020-02-28 08:34:12 a3f2
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a3f2 Opinione inserita da a3f2    28 Febbraio, 2020
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Cosa sarà questo quanto blu?

Cosa conterrà il quadro tenuto nascosto a tutti? Direi l'allegoria della sua anima, del suo intimo, il tentativo di rappresentare quello che nessuno sa di lui. La scrittura è notevole, tiene alta l'attenzione e spinge ad andare avanti nella lettura, svelando a poco a poco con continui flashback alcuni episodi salienti della vita del protagonista, Kevin, un pittore con alcuni scheletri nell'armadio.
Ho letto il libro perchè mi ispirava, sicuramente anche perchè interessato dalla recensione letta qua, e mi ha dato soddisfazione.

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