Quando era più facile amare
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Charles Bock è nato nel 1970 a Las Vegas. Vive a New York con la moglie e un cane. Quando era più facile amare, primo romanzo al quale ha lavorato per undici anni, ha ottenuto recensioni entusiastiche negli Stati Uniti ed è entrato nella classifica dei bestseller del «New York Times».
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Una storia dura.
Non farsi ingannare dal titolo: di romantico, in questo libro, c’è nulla. E’ un testo, anzi, decisamente crudo.
Las Vegas.
“Non esiste nulla che eguagli lo spettacolo di quasi sette chilometri e mezzo di strada chiamati Strip”. Le decine di casinò che si susseguono lungo questa strada sono costruzioni immense, “imperi autonomi”, con centri commerciali, ristoranti, parchi divertimenti, locali notturni di ogni genere. I loro profili, le loro luci, perfino i loro suoni, arrivano fino al deserto che lambisce la città.
Qui, specie durante il week end, la notte non è notte, ma “un baccanale senza fine”.
Non c’è neanche una riga per i meandri mentali compulsivi delle migliaia di persone che sui tavoli da gioco perdono i propri soldi, le proprie famiglie, la propria dignità. C’è uno stadio ancora inferiore cui far riferimento ed è in questo che l’autore spazia.
E’ il retrobottega della metropoli americana. Quello sporco e sordido che si vorrebbe non conoscere, fatto di violenza, droga, prostituzione, barboni.
Lorraine e Lincoln Ewing hanno perso il figlio, dodicenne. Un giorno è uscito di casa e non vi ha più fatto ritorno. La polizia, dopo lunghe indagini, ha praticamente chiuso il caso: è fuggito. La coppia, già con problemi di convivenza, implode, pur restando appesa ad una speranza.
Anche Daphney è fuggita di casa e adesso, seppure incinta e vicina alla gravidanza, continua a fare quel che ha fatto fin dal primo attimo di fuga: vive di elemosina, raccattando quello che può nei cassonetti delle immondizie e dormendo in qualsiasi anfratto trovi posto.
Daphney si è fatta un amico, Lestat, ma è un altro fuggitivo, un altro sopravvivente. Per lui c ‘è anche lo schifo del sesso a pagamento.
C’è Cheri, con un corpo da favola ma con l’unica ambizione di farne il massimo oggetto di desiderio nei “lap dance” del Nevada. E c’è il suo uomo, Ponyboy, il bastardo che la sfrutta.
Ci sono anche altri personaggi in questo racconto, tutti più o meno “border line”, le cui storie a un certo punto s’incrociano senza che ne esca alcunché di buono.
Da sottofondo al tutto, il dramma dei giovani che abbandonano la famiglia per vivere in strada: 1.300.000, circa, negli U.S.A., secondo una ricerca del National Runaway Switchboard (linea d’emergenza per i ragazzi che abbandonano la propria casa). Ragazzi ribelli, in fuga dai valori o dalle violenze dei propri genitori.
Una lettura per stomaci forti.
Ma la realtà è anche questa.