Prenditi cura di lei
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Gli occhi che bruciano
E’ un pugno nello stomaco questo libro, perché parla di rapporti familiari, di genitori che invecchiano, di figli disattenti e troppo impegnati, di cose date per scontate, di sacrifici, di amore, di tante, troppe cose non dette. In ogni capitolo il narratore, che all’inizio non si capisce chi è, si rivolge ad un componente della famiglia (la figlia grande, il marito) dandogli apertamente del tu ed è uno stile inaspettato, che colpisce ed attira. Ci entri in punta di piedi nelle dinamiche di questa famiglia, fino a scoprirne anche tanti segreti. E’ un libro fatto di ricordi, di onde di marea che assalgono la figlia dopo la scomparsa della madre. E’ un libro che passa molto lentamente dalla fase di negazione alla splendida fase di accettazione che riempie il finale del libro di emozioni. E’ una lettura che ti fa bruciare gli occhi. Un vero omaggio ai misteri dell’essere madre. Un insegnamento per cercare di essere una figlia migliore, finchè si è, finchè sono ancora in tempo per esserlo.
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Cercasi mamma disperatamente...
Gelo a casa, gelo nel cuore. Un dramma familiare.
È proprio vero che ci rendiamo conto dell’importanza delle persone care, quando spariscono dalla nostra vita. Nel caso di una madre sessantanovenne che si allontana, volontariamente o no, i familiari si rendono conto di quanto sia fondamentale la sua presenza, si rendono conto che non hanno mai pensato al prezzo dei sacrifici fatti da lei per mandare avanti la famiglia, a tutte le volte che ha perdonato, a tutte le frustrazioni, a tutte le sofferenze e le amarezze sopportate. Perché la mamma è sempre la mamma.
Perché sembra che la mamma sia SOLO una mamma. Ci si dimentica dei suoi desideri, dei suoi sogni in quanto donna, in quanto moglie. No, la qualifica di “mamma” permea tutta la persona, è uno status invadente.
“Mamma era mamma. Era mamma da sempre” (p. 27).
Era normale vederla sfacchinare dall’alba alla notte tra i campi a seminare, ad arare a raccogliere, a cucinare manicaretti e zuppe per la famiglia e per chi bussava alla sua porta, a preparare i pranzi per la festa degli antenati e le ricorrenze familiari e nazionali. Erano normali le sue fatiche, i suoi sacrifici. Era normale per il marito trovarla a casa ad accoglierlo tutte le volte che la abbandonava per mesi, come se la sua fosse stata una assenza di poche ore. Ma alla mamma chi ha pensato? Tutti ciechi di fronte ai suoi acciacchi, ai suoi terribili mal di testa, tutti a sottovalutare il suo male, fino a quando a casa della mamma vedono per la prima volta il disordine e l’abbandono.
Dai ricordi di Hyong-chol, il figlio maggiore, di Chi-hon, la figlia scrittrice e del marito ‘abbandonato’ viene fuori una donna tutta d’un pezzo, straordinaria, forte, lavoratrice instancabile, altruista fino all’assurdo, fortemente comprensiva verso il dolore altrui.
“Mia madre era diversa dalla donna d’oggi” (p.59)
Una donna che ha conosciuto le privazioni delle guerre, cresciuta nell’oscurità dell’analfabetismo del quale si vergogna, che si fa leggere da estranei con una scusa qualsiasi il libro della figlia, acclamata scrittrice, perché a casa non ha il cuore di chiederlo a qualcuno, non vuole ricordare impietosamente la sua ignoranza.
Più dei progressi delle ricerche per trovare l’anziana mamma che forse si era persa, il libro si focalizza sul dramma scatenato dall’evento e che si scioglie nei ricordi personali di ognuno dei protagonisti. Il dolore rivela le verità verso le quali siamo stati ciechi.
Un libro toccante, commovente. Vincitore del prestigioso Man Asian Literary Prize nel 2012. Forse per la prima volta in vita mia ho letto un romanzo multi focale con narrazione in seconda persona. I punti di vista della narrazione infatti sono ben 4: i due figli, il marito e la signora Park Son-yo, ovvero la mamma scomparsa. In quest’ultimo capitolo verrete a conoscenza anche di un segreto nel cuore della donna, sconosciuto ai familiari.
Pagine che si fanno divorare dall’inizio alla fine, con qualche difficoltà iniziale verso la narrazione in seconda persona. Nell’epilogo ho intravisto un bellissimo omaggio alla Città del Vaticano e alla Pietà di Michelangelo.
Consigliatissimo, soprattutto se la vostra mamma è ancora in vita. Le persone care si amano da vive. Il libro ribalterà il vostro modo di vedere la vita.
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Cura devota e senso materno
Un giorno, in viaggio verso Seoul per fare visita ai figli, Park So-Nyo, sessantanove anni, statura bassa, capelli grigi con permanente, zigomi sporgenti, scompare nel nulla, inghiottita dalla folla, mentre con il marito si appresta a salire su un treno.
Ha inizio una ricerca protratta da parte dei familiari, una ricostruzione dei momenti di vita vissuta e di tutto quello che è stato. Una assenza-presenza, la sua, coscienza viva e pulsante nel ricordo dei figli, nelle parole dette e non dette, nelle relazioni personali, nella richiesta di aiuto, nella attesa che ne ripercorre i possibili passi.
È allora che ci si accorge di quanto a tutti manchi la sua presenza, una madre che per tutta la vita ha donato se stessa per una causa più grande, la famiglia, non immaginando ne’ potendosi permettere momenti di vita personale ne’ di cedere ad una malattia invalidante.
Il dolore della sua assenza consumerà un lutto prolungato e la scoperta di una vita nell’ ombra sepolta sotto esili indizi.
Prolungati silenzi per ovattare verità e scandali e conservare la quiete domestica favorendo il futuro dei propri figli. Un amore incondizionato, quello di Park So-Nyo, che sa donarsi senza chiedere in cambio, che vuole nascondere le proprie fragilità ( l’ analfabetismo ) e la noncuranza di un marito ingrato ed inconsapevole, adagiato su una quotidianità acclarata da privilegi acquisiti, lei costantemente dimenticata e ricoperta da un cono d’ ombra.
Quale il senso della sua sparizione, casualità o volontà, malattia o fatalità ? Difficile dirlo, e poco importa, di certo la verità ha il volto della coscienza.
Il proprio egoismo ha mostrato colpe diverse, il pensare esclusivamente al futuro, il desiderare che lei ci sopravvivesse, negando che fosse realmente malata, l’ assentarsi per curare i figli, una carriera letteraria con viaggi continui.
D’ improvviso, affrontando una assenza coatta, si scopre una figura diversa, lontana, inimmaginabile, ma dentro di noi sempre esistita.
Quell’ iniziale …” non conoscevo mamma, sapevo solo che era scomparsa “… diviene …” lo sa che anche io ho avuto bisogno di lei tutta la vita “… e ... “ Non riuscirei a dedicare tutta la mia vita ai miei figli come ha fatto mamma con noi”…
La verità? Park So-Nyo non ha mai avuto la possibilità di inseguire i propri sogni, ha dovuto affrontare, completamente sola, tutto ciò che le capitava subendo il destino, si è sempre presa cura di tutti senza dare spazio alla propria malattia.
Ed oggi? Pare incredibile una primavera senza di lei, una vita vissuta in un ciclo ininterrotto e parole a cui nessuno ha mai dato importanza improvvisamente risvegliatesi nel cuore di tutti.
Anche lei ha conservato dei segreti e spesso si è sentita sola, un segreto in particolare l’ ha aiutata ad attraversare la corrente, qualcuno che è stato nella sua vita all’ insaputa di tutti incoraggiandola a proseguire il proprio faticoso cammino.
Una morale? Scontata ma sovente dimenticata. Passato, presente e futuro si intrecciano colorando ciascuna esistenza ed è così difficile arrestare ricordi che spuntano ovunque.
Ogni casa assume le sembianze di chi la occupa e se ne prende cura, poco alla volta, giorno per giorno, con amore e dedizione; a quel punto ogni assenza, pur definitiva, si farà eterna presenza.
Una scrittura semplice ed un romanzo piacevole, mai banale, una storia di intimità, più voci a mostrare un’ unica essenza, dialoghi fitti e soliloqui raccolti attorno al senso del tempo ed a quel sentimento, molto materno, di un abbraccio umano e consolatorio, di un perdono definitivo e di un senso apparentemente smarriti a causa di egoismo e vite altrove indirizzate, ma risvegliati e corroborati da una voce forte e suadente.
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Ormai è tardi...
"A volte la vita è straordinariamente fragile, ma certe vite sono paurosamente forti".
Questo libro ha il sapore amaro dei rimpianti.
Possiede tutta la malinconia racchiusa nelle parole "ormai è tardi": tardi per accorgersi quanto si possano dare per scontate le cose (e i sentimenti), quanto poco si conoscano le persone che abbiamo più vicino, tardi per imparare a leggere negli occhi di una mamma, di una moglie, per decifrare i suoi bisogni taciuti, i suoi desideri repressi.
La forza dell'abitudine ci rende ciechi, sordi, profondamente egoisti...quando però quest'abitudine viene improvvisamente a mancare, ecco che tutto quello che non abbiamo voluto vedere né sentire, si impone con una violenza tale da lasciarci storditi.
Ed ecco arrivare l'onda degli "avessi": "avessi detto", "avessi fatto", "avessi osservato", "avessi ascoltato"...avessi prestato attenzione ai segnali di chi, pur facendosi credere roccia, roccia non era.
Quanti di noi sanno davvero chi si nasconde dietro (e dentro) colei che chiamiamo mamma?
Ci siamo mai chiesti se davvero le piace fare quello che fa?
Cosa prova? Cosa sogna?
Era proprio questa la vita che voleva?
Chissà perché siamo portati a considerare la mamma sempre e solo "la mamma", dimenticando che prima di diventare tale è stata una bambina, una figlia, una ragazza, una donna piena di sogni e speranze che noi neanche conosciamo.
Questa è la storia di una donna, una moglie, una mamma che si perde alla stazione...si perde e nessuno riesce più a trovarla.
La sua scomparsa mette in moto una serie di riflessioni nei suoi figli, in suo marito...i quali, in sua assenza, si rendono conto di quante cose non hanno visto, non hanno capito, di quanto hanno "preso" da questa donna senza dare nulla in cambio.
A suo modo, questo è un libro perfido...ti mette di fronte ad una verità che ti ostini ad ignorare, ti tocca in un punto in cui è certo di farti provare dolore, ti dice qualcosa che sai perfettamente, ma che continui a non voler affrontare, perché sai che il senso di colpa è in agguato.
Di fronte all'amore incondizionato, immenso e totale di una madre, siamo tutti inadeguati.
E irriconoscenti.
Tutto dovuto, tutto scontato, tutto liquidato come "normale".
Come normale è avere sempre meno tempo per lei, lei che ha consacrato tutto il suo tempo a noi.
Il romanzo ha una struttura narrativa particolare, utilizza principalmente la seconda persona singolare, che è una scelta piuttosto insolita e un po' spiazzante all'inizio.
La scrittura non ha grandi picchi e artifici, è semplice, come semplice è la protagonista, come "semplice" è il suo amore per i figli, per quella sua vita umile, spesso difficile e ingiusta.
Ma nella sua semplicità scava in quel punto dolente senza sosta, e lentamente porta scompiglio dentro, crea caos nelle emozioni.
A me l'ultimo rigo ha fatto piangere. Già, proprio all'ultimo. Non ho resistito.
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Sandali di plastica azzurri
“Quasi nulla giunge inaspettato, se uno presta attenzione alle cose. Anche un evento che definiremmo insolito, a ben pensarci, è in verità solo un fatto che era possibile prevedere. Se ti capita un imprevisto significa che non hai valutato a sufficienza tutte le circostanze.”
Dal romanzo di Shin Kyung-Sook emerge il vero senso della famiglia, ma anche tutto l’opposto, poiché tutti siamo portati a sottovalutare ciò che abbiamo o a renderci conto dell’importanza delle persone soltanto quando vengono a mancare.
PRENDITI CURA DI LEI è un dramma familiare che inizia con la scomparsa della madre, la quale non riuscendo a salire sul treno, che l’avrebbe condotta a casa del figlio prediletto, smarrita e in stato confusionale, inizia a vagare per Seul.
“Cosa stavo facendo quando mamma è rimasta sola su quel marciapiede sconosciuto, quando non è riuscita a salire sul treno con papà?”
Di lei iniziamo a conoscere il passato, grazie al racconto dei vari componenti della famiglia che ne ricostruiscono l’identità, grazie a frammenti di episodi della loro quotidianità in comune con la madre. I figli, crescendo, tendono a inquadrare i genitori in un ruolo senza pensare che anche loro, un tempo, sono stati prole. Si cresce con l’impressione che i genitori non abbiano una vita al di là dei figli e della famiglia di cui si prendono cura.
La grande assente di questo romanzo, la donna dalla statura bassa, dai capelli grigi, dagli zigomi sporgenti, è la madre che i figli e il marito cercano disperatamente. Sembra impossibile che lei sia scomparsa, che abbia abbandonato: il suo luogo, la cucina; le sue abitudini, prendersi cura della famiglia; i suoi cari, che adesso anelano, più o meno, speranzosi di ritrovarla.
È un romanzo impegnativo che descrive come la vita adulta e lavorativa abbia, progressivamente, fatto perdere al nucleo familiare la sua stabilità, unità, potenza, il suo “calore”. L’elemento aggregante era proprio lei, la madre.
Ognuno dovrà superare il senso di colpa, il profondo rimorso, per il progressivo abbandono. Dall’iniziale preoccupazione, con il passare del tempo e le varie segnalazioni, emerge l’angoscia per quel che non è stato fatto prima, quando ancora ci si poteva “prendere cura di lei”.
È un libro che apre grandi riflessioni su come ciascuno di noi vive la famiglia e su quale tipo di rapporto si instaura con chi ci ha dato la vita.
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Non smettere mai di cercare
Davanti alla Pietà di Michelangelo:
"Non è facile osservare l'angoscia della Madonna che abbraccia il figlio morto dopo una lunga sofferenza.D'impulso allunghi le mani e appoggi i palmi sul vetro.Vorresti chiudere gli occhi colmi di dolore della Madonna...Riesci a sentire chiaramente il profumo di mamma, come se la notte scorsa vi foste addormentate sotto la stessa coperta, e l'avessi abbracciata svegliandoti al mattino...Fissi le labbra della Madonna,immerse nel dolore.Sono serrate,con una grazia imperturbabile.Ti sfugge un profondo sospiro.A differenza degli occhi,le labbra delicate della Madonna non rivelano sofferenza,ma compassione.Guardi di nuovo il figlio defunto.Braccia e gambe sono distese pacificamente sulle ginocchia della madre,che continua a quietarlo anche dopo la morte".
Chongup,Korea del sud Park So Nyo nata il 24 luglio 1939, statura bassa,capelli grigi,zigomi sporgenti, è scomparsa. L'ultima volta indossava una camicia celeste e una gonna beige a pieghe, si trovava presso la stazione di Seul.
Questa è la storia di una donna, anzi di più, una madre che scompare nel nulla.Come le migliaia di persone che siamo abituati a vedere in trasmissioni come "Chi l'ha visto?" che ogni anno scompaiono perse in quella immensa solitudine chiamata gente. Questa è la storia di figli che cercano l'unica persona che conta nella vita: la madre.
La più grande sconfitta che potete subire in questa vita è accorgervi dell'assenza di vostra madre quando è troppo tardi.La più grande vittoria è...sentirvi figli, quando l'età anagrafica e l'esperienza accumulata sembrerebbe proibirvelo, perchè non bisognerebbe mai dimenticare da dove o da chi si viene. Questo romanzo è una lunga,incessante,spasmodica,confusa,isterica ricerca che ha fine di fronte alla Pietà di Michelangelo e,credo, non poteva travare epilogo migliore.In nome della Madre.
di Luigi De Rosa