Per sempre
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Vita destino
Frank Bascombe, oggi settantaquattrenne, una vita tra mille peripezie con un certo grado di soddisfazione, mentre riflette su ciò che ha attraversato e a cui è sopravvissuto ( due matrimoni, la morte del primogenito, della prima moglie moglie, dei genitori, un tumore, una ferita da arma da fuoco) , sul senso di una felicità che ritiene essergli appartenuta, è costretto ad aprire l’ ennesimo capitolo doloroso della propria esistenza occupandosi del figlio quarantasettenne Paul colpito dai sintomi della SLA, uno stato di precarietà al quale concedere ancora una parte di se’.
Frank e Paul, visioni inconciliabili all’ interno di differenze caratteriali, da una parte fierezza ed egocentrismo, dall’ altra introversione e precarietà, due pianeti allineati dal viaggio in un luogo dove Paul non vorrebbe andare, diretti al più nazionale dei monumenti nazionali, quel monte Rushmore con suoi presidenti rincorrendo uno spirito condiviso che non c’è mai stato.
Paul si mostra in una condizione di apparente normalità, in fuga da una clinica e da cure inefficaci, in realtà colpito dalla perdita progressiva di sensibilità, forza, autonomia, per Frank è complicato prendersi cura di lui, da sempre avvezzo solo a badare a se stesso.
È il momento di farlo, interrogandosi sulla propria finitezza prima che cali definitivamente il sipario, sondando vita e felicità’, uno stato di convivenza tra un recluso e un vecchio nostalgico, il senso riabilitato dalla propria presenza prima della morte dell’ altro e di una parte di se’, scongiurando la fine e affermando la vita in quel mentre, una meta turistica che non è il fine ne’ la fine del viaggio.
Frank e Paul vivono il presente, incontri eccentrici, battute sagaci, racconti surreali, una giostra di maschere e colori di un’ America roboante e paradossale, sovente in disaccordo tra loro, con visioni difformi, separati da lutti e affetti lontani, poco tempo condiviso, il sense of humor a stemperare una tensione latente, quella malattia che avanza inesorabile confrontandoli con l’ attualità.
Paul è da sempre emarginato, aveva un lavoro, una moglie, frequentava una piccola schiera di amici singolari quanti lui, una vita all’ insegna dell’ insuccesso.
La lunghezza del viaggio sembra inasprire la lontananza tra padre e figlio acuendo la paura di mettersi a nudo, l’ uno di fronte all’ altro, pensieri difformi, visioni egocentriche, immersi e sommersi dalla propria concezione dell’ esistenza, per aprirsi gradatamente alla condivisione e alla conoscenza, alla morte e al senso della vita, visualizzando la fine prossima, domandandosi cosa significa sopravvivere al proprio figlio.
C’è un momento in cui ci si trova al cospetto della morte, Paul impreparato ad affrontarla, lui che non è mai stato in grado di vivere la vita seriamente, che non ha avuto abbastanza esperienze.
Guardandolo Frank prova un’ innegabile senso di paura e di negligenza, per non averlo trattato da adulto, per averlo sottovalutato, dimenticato, un quarantasettenne pingue, mezzo pelato, poco pratico e propenso all’ ascolto, a volte noioso, un trombone, questi i pensieri di un padre al cospetto del proprio figlio.
Si confronta con la propria maturazione e invecchiamento, in se’ una certa somiglianza tra salute e malattia, sogno e veglia, contentezza e dispiacere, stupore e indifferenza.
Nel momento in cui ci si sta occupando di un figlio morente tutto il resto perde di senso, il lungo viaggio, metafora della vita, è condivisione di un qualcosa che non si sarebbe fatto insieme, mentre una voce risuona dentro di se’….
…”La verità è che non so cosa fare con te. E nemmeno se so fare qualcosa per te.”…
Frank sta vivendo qualcosa al di sopra delle proprie forze, lui e Paul accomunati da un certo conformismo e da uno scarso senso di avventura, gli basta guardarlo mentre dorme per certificarne la presenza, si commuove in questo crocevia dell’ esistenza colto dall’ inevitabile sconfitta di un padre percosso da un dolore così grande.
Eppure in lui c’è e si mantiene un se’ che ancora inneggia alla vita, che non si arrende al dolore della perdita, allineato a una felicità che abbia un senso, un soffio vitale che lo spinge a guardarsi dentro, a ritenere la morte in relazione con la vita, che lo spinge a condividere esperienze, conoscenze, passioni, desideri, azioni quotidiane ripetute, evitando un doloroso stato di isolamento, come desidererebbe il figlio Paul.
Giusto o sbagliato che sia questo è Frank Bascombe, a suo modo innamorato della vita.
…” che in fondo è il motivo per cui siamo qui. Rendere giustizia alla vita, a prescindere dal tipo di persona che siamo. O sbaglio?”…
“ Per sempre “ è una riflessione prolungata su vita e destino, sul senso di una felicità infranta da uno stato di precarietà, dal respiro futuro di una morte che si sente imminente, è un legame costruito all’ interno di questo stato, un viaggio che esula dal proprio senso primario.
Frank Bascombe tira le fila del proprio esistere, eccessivo, dissoluto, turbolento, scopre una porzione di se’ e tratti ignoti anche a se stesso, riconsidera il passato in funzione del presente, laddove la dolorosa e inspiegabile perdita di un figlio parrebbe arrestare ogni desiderio possibile.