Paradiso e inferno
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L'eredità
La scrittura vince la morte e resuscita dall’oblio la dignità di uomini e donne vissuti un secolo fa a ricordare a te, mesto lettore, la forte probabilità che anche la tua esistenza corre il pericolo dell’oblio, quella stessa esistenza che oggi è l’affanno primordiale nel quale ti affanni, annaspando, per non naufragare o ancora peggio per non annegare.
La storia riesumata è quella di un’amicizia forte tra Ragazzo e Barour, pescatori di merluzzo, votati al mare per necessità e per un destino avverso, lo stesso che priva, con la velocità di un fulmine, il secondo della vita, lasciando Ragazzo, solo, a cercare un nuovo significato alla sua.
L’eredità dell’amico però è viva e risiede nel suo grande amore per la lettura, la stessa che lo ha condannato alla morte prematura: leggeva il “Paradiso perduto” e il potere dei versi di Milton gli ha fatto dimenticare la cerata nella sua ultima uscita in mare, consegnando così il suo respiro al gelido vento del mar Artico.
A terra, nell’inospitale Islanda, tornano gli altri, esistenze abituate al pegno ciclico da pagare alla Natura, vinti dall’accettazione del loro destino che non è stato mai squarciato dalla potenza della scrittura, solo Ragazzo ha intuito questo potere salvifico e, seppur con difficoltà, è pronto a modificare il suo destino.
Da allora è il viatico per il lettore, la sua nuova esistenza registra quelle degli altri con i quali entra in contatto, ne fa tesoro e ce li consegna per nuove infinite riflessioni sul senso della nostra esistenza.
Opera originale nello stile, la narrazione è affidata a una coralità di esistenze passate appartenenti alla medesima comunità, dal forte lirismo nella prima parte ma che va gradualmente a spegnersi nella seconda lasciando la sensazione di un’opera non perfettamente compiuta. La narrazione prosegue in altri due volumi che chiudono la “trilogia del ragazzo”.
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Poesia della natura
Islanda, un periodo indefinito probabilmente verso fine '800. In un paesaggio di natura incontaminata, selvaggia e a tratti brutale gli uomini vivono le loro vite e scrivono inconsapevolmente il proprio destino.
Barour giovane pescatore appassionato di poesia e di letteratura si attarda un mattino per rileggere dei versi che lo avevano particolarmente colpito e distrattamente dimentica la cerata che dovrebbe proteggerlo dalle folate d'acqua e gelo mentre è in mare aperto. Questa dimenticanza gli costa la vita e getta nel più nero sconforto "il ragazzo" un suo giovane amico dall'età indefinita e di cui non sappiamo il nome come se fosse qualcosa di non importante . "Il ragazzo" rappresenta un'infinità di persone come lui, che cercano faticosamente di farsi strada tra gli eventi circondati da uomini e donne temprati da una natura ai limiti del primordiale. Il ragazzo abbandona il villaggio di pescatori come da piccolo aveva abbandonato il villaggio natio separato dal resto della famiglia alla morte del padre, e si dirige ad un altro villaggio per mantenere una promessa fatta all'amico Barour, restituire quel meraviglioso libro che gli è costata la vita al vecchio comandante di navi ormai cieco ma che ha una biblioteca di 400 libri.
Il ragazzo che a tratti sembra non avere più voglia di vivere tanto è il dolore per la perdita di chi gli è più caro , prima la famiglia poi Barour, trova una inattesa ancora di salvezza nella ruvida generosità di due donne che lo accolgono come si fa con un fratello e gli mostrano che anche in mezzo alla neve può ardere il fuoco dell'umanità ad indicarci una nuova via per la nostra vita.
La narrazione è estremamente evocativa, splendida la descrizione dei luoghi e della natura, della tempesta nel mare, del freddo che senti sulla pelle come se fossi con quegli uomini in balia del vento e del gelo. I piccoli gesti quotidiani hanno tutti importanza, uomini e donne che sembrano di granito per la scorza dura che hanno in superficie dimostrano una umanità profonda e quasi poetica .
Bello il racconto ma bellissimo lo stile dell'autore e le riflessioni del personaggio principale.
Una scoperta.
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Poesia terrestre
Nella terra d’ Islanda il mare è freddo e tetro, un mostro gigantesco che non riposa mai, ma anche azzurro e di grande bellezza, il suolo non del tutto innevato, una lastra di ghiaccio, la luce in grado di entrarti dentro e trasformarti in un poeta, i monti alti e scoscesi richiamano la pioggia e cancellano interi villaggi ma possono essere accoglienti, una mano protettiva che abbraccia le barche avanzanti nel fiordo.
In questo paesaggio crudo ed essenziale, in un giorno ed in un tempo indefiniti, forse la seconda metà dell’ 800, due amici, un ragazzo senza nome ed un uomo con un libro sottobraccio ( il “ Paradiso perduto “ di Milton ) salgono a bordo di un peschereccio, uniti dalla propria amicizia e dall’ amore per libri e parole.
Il ragazzo segue lo sguardo dell’ amico, vuole realizzare qualcosa in questa vita, imparare le lingue, vedere il mondo, leggere mille libri, arrivare all’ essenza delle cose, qualunque essa sia.
Ma solo le preghiere ed il buon senso sono in grado di proteggere uomini che si spingono al largo e, nonostante il potere delle parole possa cambiare il mondo, consolarci ed asciugare le nostre anime, esse da sole non bastano.
La forza della tempesta e del mare in burrasca si riprende quello che ci ha donato ed una banale dimenticanza, inseguendo parole necessarie per vivere, strappa una vita gettandoci nella disperazione più nera.
Ed allora la lettura di una poesia può portare all’ assideramento, un semplice indumento mancante, una cerata, diviene il confine tra la vita e la morte, mentre si pronuncia un semplice verso: “ nulla mi delizia più di te “.
Ecco la disperante necessità di un nuovo viaggio, a ritroso, attraversando la valle e la notte nera, un libro da restituire, il ricordo vivido dell’ amico caduto, l’ unico amico, desiderando stare lontano da una campagna che custodisce la maggior parte della propria infanzia, sogni inevasi e rimpianti di una vita consumata lontano da un mare fulcro dell’ esistenza, dimora dei ritmi mortali.
Che cosa rende i giorni degni di essere vissuti, gioia, felicità, amore appassionato, una triade che ci rende uomini giustificando l’esistenza e rendendola più vera.
Consegnato il libro il ragazzo deve decidere se vivere o morire, morire sarebbe molto più facile, vivere decisamente più complicato. Ciò che aveva condotto alla morte può rinascere nella memoria e spingere ad un desiderio di vita, inspiegabile, toccante, consolatorio.
Le parole accompagnano e rappresentano il ragazzo senza nome, sono tutto e niente, una esistenza, il suo ricordo, ma sono l’unica cosa che possiede, in una terra che è una lotta continua per tenere il freddo a distanza.
L’ esistenza è talmente complessa, un tempo le cose erano molto più semplici, oggi a volte gli sembra di trovarsi all’ interno di un romanzo, mentre in una locanda, salvato da due donne vivaci e lungimiranti, che lo ascoltano e che sovente non comprende, narra la propria storia ad un capitano cieco che ha perso tutto se non l’ amore per il mare e la poesia e che possiede una libreria di 400 libri che qualcuno gli leggerà, in attesa di rispondere a domande che riguardano il vero senso della vita, domandandosi che cosa essa sia, una risposta implicita nella domanda, nello stupore che essa cela in se’.
Un romanzo di un autore contemporaneo, nato come poeta, figlio della propria terra, a metà tra la tragedia ed il romanzo di formazione, con una voce esterna narrante, bellissimo per poetica, forza espressiva, crudeltà e profondità dei sentimenti, in una fusione di elementi, il mare e la poesia, mai così contrapposti e complementari, e mai così vivi, tratti epici e mitologici, vibranti e fragili, senza risposte evidenti, espressione di una caducità che respira la misteriosa essenza del vivere.
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Era negli anni in cui eravamo ancora vivi..
Premetto che è il primo libro che leggo dell'autore islandese . Attratto dalle recensioni del web e dalla trama ho scelto questo libro per perdermi nello scenario naturalistico imponente della fredda Islanda. Volevo leggere di uomini in bilico tra la vita e la morte e posso dire che il capolavoro
di Stefànsonn ha soddisfatto le mie esigenze.
Scarsi sono i riferimenti cronologici , la storia è ambientata in un tempo remoto dove gli uomini non sono ancora stati offuscati dalla modernità .
La voce narrante , che si identifica nello scenario e nei personaggi come fosse un "noi" , ci descrive la storia di un giovane ragazzo , del quale non verrà mai pronunciato il nome, e del suo amico fidato Barour.
I due hanno in comune l'amore per i libri e per le poesie, in un mondo duro e aspro conoscono bene il valore delle parole ; attraversano sterminate pianure sovrastate da catene inviolabili per raggiungere un piccolo villaggio sulla costa dove parteciperanno ad una battuta di pesca.
Durante quest'ultima il giovane ragazzo perde il suo amico che , distrattosi poco prima della partenza per assaporare alcuni versi del Paradiso perduto di Milton , aveva lasciato a terra la cerata, indispensabile per affrontare le insidie del mare e del freddo.
Il ragazzo rimane solo al mondo , riecheggiano in lui i versi che l'amico soleva ripetere "Nulla mi è delizia , tranne te". Egli desidera solo la morte , raggiungere il suo amico nel
Nulla e rimanere con lui al suo fianco , per sempre. Prima di compiere il suo destino ordina a se stesso di consegnare quel libro , cosi prezioso all'amico , ai legittimi proprietari ma saranno questi ultimi a impedire al ragazzo di uccidersi e , inaspettatamente , a prendersi cura di lui.
Il libro , fulcro del destino dei personaggi , diverrà un'ancora di salvezza per il ragazzo , un mezzo fondamentale per aggrapparsi alla vita.
Stefánsson ci guida attraverso i mari del destino , attraverso una storia di amore
di amicizia, di ricerca del senso della vita , di morte , sempre in bilico tra Paradiso e Inferno . Ci fornisce una lettura intensa in cui la parola sembra l'unico mezzo utile per contrapporsi
alla vulnerabilità dell'essere umano di fronte alla morte e alla violenza della natura.
“Le parole possono avere il potere dei troll e possono abbattere gli dei, possono salvare la vita e annientarla. Le Parole sono frecce, proiettili , uccelli leggendari
all’inseguimento degli dei, le parole sono pesci preistorici che scoprono un segreto terrificante nel profondo degli abissi, sono reti sufficientemente grandi per catturare
il mondo e abbracciare i cieli, ma a volte le parole non sono niente, sono stracci usati dove il freddo penetra, sono fortezze in disuso che la morte e la sventura
varcano con facilità”
Personalmente ho assaporato i dolori dei personaggi, costantemente circondati da un'aura di morte , malinconia e incertezza , mi sono perso in una terra lontana , desolata
e dura che un giorno vorrei visitare , mi sono sentito come una candela accesa che può spegnersi con una folata di vento , mi sono specchiato dentro a lungo come è solito fare con i libri che rimangono nel cuore.
"Forse non abbiamo bisogno di parole per sopravvivere, forse ne abbiamo bisogno per vivere."