Onori
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Voci eterogenee e cangianti
Ritroviamo Faye, dopo “ Resoconto “ e “ Transiti “, in questo terzo romanzo dal titolo “ Onori “, a bordo di un aereo alla volta di una calda città senza nome per partecipare ad un convegno di veri scrittori, accompagnata, come in “ Resoconto “, da un coro di voci difformi che tessono le fila di vite smarrite nel proprio senso incompiuto.
Lei stessa vi ci si specchia, riconoscendo volti immutati e stravolti, segnati dal tempo e dalle esperienze, lei stessa possiede il volto di una scrittrice riconosciuta ed affermata in un privato collassato, un ex marito e due figli lontani che sente telefonicamente.
Uomini d’ affari, lettori, scrittori, giornalisti, traduttori, semplici accompagnatori, studenti, madri, padri, spezzoni di umanità narranti pezzi di storie tra vita, relazioni, cultura. Soliloqui emorragici che si esplorano dentro, scissi tra il se’ e la necessità di recitare una parte, convalidando tesi bugiarde, continuando ad entrare ed uscire da una scena già’ imbandita ed a tempo.
È questa la tesi del romanzo, puzzle di singolarità, di incontri veloci e difformi, cammino spezzettato di intimità distanti, tra domande e risposte inevase, a rappresentare la frammentarietà e l’ inquietudine del presente, solitudini, fragilità esposte ad un bisogno d’ amore condiviso.
Vite che vanno e ritornano, ritrovandosi ogni volta esattamente a quel punto, cercando di accertare la conformità di una condizione umana complessa con il tentativo eluso di dominarla, e pare impossibile riprendersi dalle grandiosità e crudeltà della vita, o dalla combinazione delle due.
Ecco il mondo di Faye, che ben conosce e la riguarda, quell’ ambiente letterario elitario che disquisisce sul nulla e pare avere risposte su tutto, nascosto a se’ ed al mondo e che vive della propria inconcludenza. Un mondo che non gode di buona salute, scisso tra commercio e letteratura, immalinconito e rabbioso con una dialettica persa in partenza.
Ma gli scrittori chi sono e cosa vogliono? Forse il loro e’ un lavoro come un altro, anch’esso provvisorio e soggetto a noia e frivolezza, con il solo potere concesso dalla possibilità di essere letti.
E dunque quali le proprie radici, inseriti in una storia che tutto polverizza, senza identità, mentre una gioventù senza guerre e memoria dimentica tutto così facilmente, come se nulla fosse importante, in una vita senza bellezza tra diversità acclarate, conseguenza di una scarsa empatia che svelerebbe un senso di uguaglianza, apolidi, con l’ idea di vivere una seconda vita, di ricominciare, in realtà è la natura individuale di ciascuno a creare il proprio ambiente.
Volti e voci si susseguono e si lasciano, in un tempo contratto e scaduto, Faye ascolta, assorbe, tace, talvolta argomenta, per ritornare idealmente e praticamente al proprio vissuto, al presente, ai figli, all’ intimità ed unicità di una storia che non puo’ essere raccontata a tutti, ma forse ad una persona soltanto, un’ unicità in cui è incluso il segreto della propria essenza.
Molte assonanze con il primo romanzo, più’ atrocemente caustico e spensieratamente crudele, talvolta con eccessi teoretici noiosi e poco includenti, una scrittura lenta, meticolosa, dosata, costruita sulle parole che conferma la fragilità della storia e l’ importanza dei singoli frammenti di storie a delinearne l’ insieme, un senso incompiuto, e Faye, completamente spoglia, si sente imbrattata da occhi intrisi di malevolo divertimento e da uno sguardo pervaso di allegra crudelta’, in attesa che smetta...