Narrativa straniera Romanzi Nulla, solo la notte
 

Nulla, solo la notte Nulla, solo la notte

Nulla, solo la notte

Letteratura straniera

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Vicino al mondo descritto da John Fante (anche lui di Denver) con un tono trasognato e a volte ironico, Arthur Maxley ci ricorda l’Arturo Bandini che vaga per le strade di Los Angeles incontrando i personaggi più disparati. Qui Arthur è un dandy che seguiamo in una giornata scandita da incontri significativi (un amico con il sogno di acquistare una macchina tipogrfica e stampare poesie, il padre distante e una donna bella, ma disperata) Rappresentati all’interno di un diner, di un hotel di lusso o di un night, gli interlocutori di Arthur sono dei compagni di viaggio con forti personalità, ognuno di loro una musa ispiratrice per cercare di comprendere la solitudine umana.



Recensione della Redazione QLibri

 
Nulla, solo la notte 2014-03-31 08:58:24 Cristina72
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    31 Marzo, 2014
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Nulla, solo la noia

Inutile girarci intorno: non è un romanzo riuscito, ma solo l'esperimento di un bravo scrittore alle prime armi.
La lentezza, innanzitutto, il soffermarsi su ogni cosa ribadendo gli stessi concetti e allungando un brodo che stanca fin dalle prime pagine.
L'apatia con picchi di angoscia del giovane Arthur, alle prese col male di vivere per qualcosa di tremendo accaduto nel suo passato, gira troppe volte su se stessa e sembra non arrivare mai al sodo.
Dopo un po' ci si chiede perché lo scrittore si accanisca a plasmare un'argilla che cade da tutte le parti senza acquisire una forma compatta, tra una serie di situazioni stereotipate che sono solo l'imitazione di una brutta copia dei libri di Fante e Fitzgerald, a cui quest'opera è stata paragonata.
L'autore scomoda anche Proust, con un flashback di Arthur bambino che si strugge ogni sera nel desiderio del bacio materno della buonanotte:
“Quello era il mondo reale – lì, al sicuro, nel tempo perduto”.
In effetti non si capisce bene quale sia questo benedetto mondo reale, visto che il ragazzo (quasi sempre con gli occhi serrati o socchiusi) tende a fuggire dalla realtà inseguendo i ricordi, fino a quando anche la memoria gli gioca un brutto tiro, rivelandogli l'evento traumatico che forse aveva rimosso.
E allora meglio tornare al presente, ma ecco la vocina “che continuava a ripetergli che tutto ciò che sapeva, o sentiva, o vedeva, non esisteva affatto, che era tutto un incubo, tutto irreale”.
Insomma, non se ne esce, e il buio è l'unica cosa che sembra distendere i nervi del protagonista, purché accompagnato dal silenzio, cosa che accade di rado nella narrazione per il tormento suo e del lettore.
L'incomunicabilità tra gli esseri umani e la loro solitudine sono i temi predominanti del romanzo, spalmati maldestramente qua e là attraverso personaggi banali che si esprimono soprattutto per luoghi comuni.
Si salva a tratti qualche passaggio che ben descrive uno stato d'animo, o qualche situazione rappresentata con efficacia. Tutto il resto è noia.

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