Non lasciarmi
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Angosciante
“Non lasciarmi” rappresenta il mio secondo approccio serio a Kazuo Ishiguro (“Crooner” è un racconto troppo breve per considerarlo tale) e devo dire che, per la seconda volta sono rimasto piacevolmente colpito. Occorre specificare che questo romanzo e l’altra opera da me letta, ovvero “Quel che resta del giorno”, sono due opere molto differenti. La loro differenza principale sta nel contesto raccontato: “Quel che resta del giorno” è strettamente ancorato alla Storia del Primo Dopoguerra e al contesto di una casa signorile inglese; “Non lasciarmi” crea invece una realtà alternativa distopica, nella quale i protagonisti sono cloni, cresciuti al preciso scopo di donare organi a esseri umani “normali”: in seguito si farà infatti riferimento a essi come ai “donatori”. È proprio a questo aspetto che è legato il motivo per il quale ho più apprezzato il romanzo: Ishiguro si rivela infatti capace di utilizzare anche espedienti narrativi fantastici o fantascientifici per raccontarci una storia che ha diverse cose da dire sulla natura umana, provando a staccare l’idea che una storia con elementi narrativi di tal sorta non possa veicolare messaggi interessanti e importanti. Certo, “Non lasciarmi” non è per me un capolavoro, perché pur suscitando una fortissima inquietudine per quello che è l’ineluttabile destino di questi ragazzi (soprattutto nell’angoscioso finale) non affronta il dilemma se non in un densissimo capitolo finale, lasciandoci intendere quanto possa essere egoista e codardo l’essere umano, che per il proprio tornaconto accetta e finge di non vedere le atrocità di cui si rende colpevole, capace di voltarsi dall’altra parte e far finta che ciò non esista. Questo libro è tuttavia un esempio di ciò che dicevo prima, e rende il Nobel vinto da Ishiguro probabilmente meritato (per il verdetto definitivo attendo di leggere altro): l’autore moderno non si pone limiti di genere, ma utilizza ciò che secondo lui meglio si adatta a trattare le tematiche su cui vuole focalizzarsi, senza limiti, e le differenze tra i due romanzi che ho citato in precedenza sono emblema di questa caratteristica dell’autore: questa poliedricità scevra di pregiudizi.
Tornando a quelli che sono i fatti narrati in “Non lasciarmi”, devo dire che un altro pregio è proprio quello di saper emozionare, di suscitare inquietudine nel lettore. Per suscitare questo tipo di emozioni, infatti, non basta raccontare fatti cupi e scabrosi, ma saperli presentare al lettore in maniera corretta, caratterizzando bene il contesto e creando dei personaggi in grado di esprimerlo al meglio. Probabilmente quella di raccontare la storia per mezzo della voce in prima persona di Kathy, la protagonista, è stata la scelta migliore, perché questo ci fa entrare appieno nel contesto descritto: che tra le mura di Hailsham (una sorta di scuola) è volutamente patinato ma che va scurendosi progressivamente, man mano che la verità (seppur possa essere avvertita fin dall’inizio) ci viene rivelata. Kathy, Ruth e Tommy sono personaggi ben sfaccettati, molto diversi tra loro, rappresentanti di approcci diversi a quella che è una vita (o, come lo chiamano loro, ciclo) il cui capolinea spaventoso è il medesimo per tutti e la cui speranza di sfuggirvi non è che un’illusione. Certo, pensandoci, questo è un po’ il destino di tutti gli esseri umani, ma Ishiguro è bravo a farci capire che non si tratta proprio della stessa cosa. I cloni sono infatti costretti a donare i propri organi nel fiore della loro vita, gli viene preclusa ogni possibilità di godere delle cose belle che la vita ci offre; l’amore, la realizzazione, sono qualcosa che i cloni non hanno il tempo di godere, stroncati prematuramente da un ciclo al quale sono assegnati dalla nascita e dal quale tentano vanamente di sottrarsi anche per breve tempo, coltivando speranze che in fondo al cuore sanno essere folli, ma sono come le nostre speranze di vita eterna, di vita oltre la morte.
Il finale è davvero un brutto colpo.
“Immagino che tu abbia ragione, Kath. Tu sei davvero una brava assistente. Saresti perfetta per me se non fossi tu. […] Continuo a pensare a un fiume da qualche parte là fuori, con l'acqua che scorre velocissima. E quelle due persone nell'acqua, che cercano di tenersi strette, piú che possono, ma alla fine devono desistere. La corrente è troppo forte. Devono mollare, separarsi. E la stessa cosa per noi. E un peccato, Kath, perché ci siamo amati per tutta la vita. Ma alla fine non possiamo rimanere insieme per sempre.”
Amara malinconia
Romanzo agrodolce, profondo ed estremamente personale.
La "meraviglia" non è nella storia, ma nelle sensazioni che riesce a suscitare.
La "magia" non è nella prosa, ma nelle emozioni che si percepiscono tra le righe.
Le pagine sono "intrise" di un veleno, doloroso, non mortale ma angoscioso.
Come eroina tagliata male, ti attrae, ti risucchia nel suo vortice, ed è impossibile non proseguire nella lettura....
Leggendo il romanzo, mi è capitato più volte di sentire e ricordare, sensazioni ed emozioni, che avevo provato durante l'adolescenza.
Come quando sentendo un profumo, un odore oppure una canzone, ti torna alla memoria un avvenimento del passato che avevi lasciato a metà, che non avevi risolto. Qualcosa che senti avresti dovuto affrontare e chiudere, risolvere, ma così non è stato.
Una costante sensazione di incompiutezza. Qualcosa di leggermente triste ed amaro, ma sopratutto qualcosa che ti dispiace di non aver "chiuso".
L'ambientazione è del filone distopico, i personaggi immaginari. Tutto però riesce ad essere vero, tangibile, concreto, doloroso ed estremamente reale. Amara realtà.
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Never Let Me Go
“Non lasciami” è il terzo libro di Ishiguro che leggo, dopo “Quel che resta del giorno” che per me è un capolavoro, ho letto “Klara e il sole” e infine questo.
“Klara e il sole” e “Non lasciarmi” per me hanno due cose in comune, la prima è il tempo, ho impiegato tantissimi giorni a finire entrambi, poche pagine alla volte per vedere la fine; il secondo punto è il messaggio, entrambi i libri sono forti e lasciano delle sensazioni e degli spunti di riflessione che tuttora mi accompagnano. Capisco perché molti lettori sono stati contenti del suo ultimo lavoro perché chi è riuscito ad apprezzare questo libro amerà anche l'altro.
Posso dire di aver faticato, deciso più volte di abbandonare il testo ma sentivo che dovevo arrivare fino in fondo e so di aver fatto bene. La consapevolezza e la portata del messaggio dell'autore danno davvero da ragionare.
Siamo in Inghilterra e nel collegio di Hailsham vivono diversi bambini fra cui anche Kathy, Ruth e Tommy. Non hanno famiglia ma hanno dei bravissimi tutori che gli ricordano che sono degli “studenti speciali” che un domani diventeranno degli assistenti e dei donatori. La loro vita ruota tutta intorno al collegio e alle relazioni fra loro. La scuola è particolare ed ha un solo obiettivo, ma i bambini saranno pronti ad affrontarlo? Saranno stati adeguatamente preparati per la vita che li aspetta? E soprattutto è giusto quello che hanno fatto a loro?
Il libro è lento, ricco di descrizioni e di scene che sul momento pensi siano inutili, pesanti e fuori tema, ma poi l'autore ti prende per mano e ti porta a vedere oltre, a vedere con i loro occhi.
Ishiguro ha coraggio e non si nasconde. Le sue parole toccano l'anima e ti portano a riflessioni che senza la sua penna non avresti affrontato. Ti fa riflettere, ti fa indignare ma soprattutto ti rende consapevole.
Un libro che non è facile, anche se ho apprezzato di più “Quel che resta del giorno”, non posso negare l'importanza di questa lettura. Lo stile è inconfondibile e il messaggio pure.
“È un lento, musica d'atmosfera, tipicamente americano, e c'è quel verso che si ripete quando Judy canta: “Non lasciarmi...Oh, tesoro,...Non lasciarmi....” Avevo undici anni allora, non avevo molta dimestichezza con la musica, ma quella canzone, be', ne rimasi affascinata. Continuavo a riavvolgere il nastro esattamente nel punto dell'inizio, in modo da poterla ascoltare ogni volta che me se ne offriva l'occasione.”
Buona lettura.
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ESSERE O NON ESSERE
Dalla lettura di “Non lasciarmi” e “Quel che resta del giorno”, due romanzi all'apparenza diversi, mi è sembrato di scorgere un medesimo motivo che scorre sotto traccia: il non essere.
Tutti i protagonisti, dell’una come dell’altra opera, assistono da spettatori impotenti allo svolgersi di vite altrui di cui loro sono meri strumenti funzionali al pieno compimento. Nessun sussulto di ribellione, nessuna pretesa attraversa le menti di chi, nato non per essere ma per servire, non ha motivo di rivendicare riconoscimento alcuno. E senza riconoscimento non c’è identità.
Pregevole anche la scrittura di Ishiguro, capace di descrivere con toni soavi e sfumati, le atmosfere rarefatte dei luoghi, le sottili sinapsi che scorrono tra le persone, di evocare con poche, asciutte parole l’universo intangibile dei ricordi, dei gesti incompiuti, dei sentimenti trattenuti e far sì che il non vissuto si animi di vita e diventi esso stesso essenza di vita.
Un’ultima notazione riguardo alle trasposizioni cinematografiche di queste due opere: scialbo, didascalico “Non lasciarmi”, intenso al pari del libro “Quel che resta del giorno”.
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una comunità di destino
É probabile che Ishiguro abbia tratto ispirazione dalla vicenda della pecora Dolly, la prima clonazione avvenuta proprio nel Regno Unito alla fine degli anni novanta, e che suscitò un ampio dibattito su etica e scienza. Kathy, la protagonista del romanzo, vive infatti negli anni novanta, le date della morte di Dolly, avvenuta nel 2003, e l'uscita del romanzo nel 2005, non mi sembrano del tutto casuali.
Un romanzo straniante, difficile, ma coinvolgente e perfetto nella scrittura.
Difficile scriverne senza svelarne la storia, per questo mi concentro sulle sensazioni suscitate.
I ricordi di Kathy sono minuscoli e dettagliati aneddoti nei quali si avverte la totale privazione di affetti famigliari e, allo stesso tempo, il desiderio di rendere questi ricordi affabulanti e costitutivi della propria storia.
Una sorta di recherche proustiana deprivata della sua essenza, un lavoro di svuotamento credo molto faticoso per lo scrittore, ma assolutamente funzionale alla storia.
Il lettore impara presto ad amare i tre giovani protagonisti, per sopperire almeno in parte alla solitudine affettiva imposta dal loro destino e non solo, perché nel corso degli anni saranno condannati a vivere esclusivamente tra di loro e con “quelli come loro”, una comunità di destino tristemente sfruttata ed emarginata.
Le questioni che affronta questo romanzo sono tante e immense: non riguardano solo il rapporto tra noi e la scienza e fino a dove è consentito spingerci, riguardano il nostro attaccamento alla vita nonostante la consapevolezza e l'incapacità di darle un senso, riguardano la tradizione religiosa che giustifica il sacrificio di innocenti. Si possono intravedere la nascita dell'eugenetica e i corpi nudi e privati di tutto delle vittime dell'olocausto, e ancora, altri lager, quelli degli animali da reddito, i cui corpi diventano lombate, prosciutti e costatine per i nostri innocenti barbecue; riguardano il dominio, la biopolitica e molto altro.
La meraviglia del romanzo è proprio quello di far emergere nel lettore tutte queste questioni, in un racconto che non prevede (se non in pochissimi casi funzionali alla storia) la presenza “umana”, ma solo la desolazione della sua tracotanza e ambizione.
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Corpi e anime
Questo libro è come una corsa sotto la grandine, è duro, ti ferisce e quando arrivi alla fine lascia il segno.
Kathy, Ruth e Tommy sono tre bambini che crescono in un cottage nella campagna inglese : Hailsham , non ci sono genitori nè alcun parente, solo educatori. Tutti gli ospiti del collegio si preparano per diventare donatori o assistenti, vengono educati alla cura di loro stessi in modo anaffettivo ed austero. Non c'è rumore nel romanzo di Ishiguro, non ci sono grida di gioia, l'unica emozione che si vede sono gli accessi d'ira di Tommy che vengono visti come qualcosa di alieno eppure tra questi tre ragazzi c'è un'amicizia spesso strana e condizionata dalle regole del posto. Solo un pò di musica e alcuni rituali ricorrenti portano un pò di umanità e di novità nel cottage (i lavori artistici dei ragazzi presi per una fantomatica Galleria e una sorta di mercatino dove si possono scegliere degli oggetti come regalo). I bambini diventano ragazzi e crescono avviandosi al loro destino che viene loro spiegato da una educatrice ma solo nel finale l'autore affronta il tema morale della vicenda . In questo senso il romanzo non è di piacevole lettura ma fa parte dello stile per descrivere una storia in cui i protagonisti non vengono visti come persone che devono vivere di sogni, progetti, sbagli ma hanno un compito ben preciso che non prevede sentimenti e grandi scelte autonome. Le loro devono essere vite asettiche , tanto sesso ma sono sterili , niente amore niente rimpianti ma l'amore non è un'istruzione piuttosto una parte imprescindibile della nostra umanità quale che sia il ruolo a cui siamo destinati. I bambini di Hailsham sono esseri umani per quanto siano dei cloni. Asettico e asciutto è anche lo stile dell'autore nel descrivere le vicende dei donatori e le loro sofferenze , descritte in modo sommario e sfuggente senza pietà e trasporto. Sicuramente non una lettura per tutti.
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- no
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Non ci siamo... Ad Hailsham
“Non Lasciarmi” racconta, in primis, una storia di amicizia e amore fra tre studenti che vivono in un collegio inglese, Hailsham, ubicato nella campagna inglese, in un luogo inaccessibile ai più.
Sia noi lettori, sia i protagonisti per una buona parte del libro, ignoriamo il motivo dell’esistenza di questo collegio. Poi, a poco a poco, si rivela un mondo diverso, distopico appunto, agghiacciante persino.
Purtroppo come immaginavo, non ho amato questo romanzo in maniera particolare, mi ha colpito negativamente dalle prime pagine con una scrittura lenta e incerta che si è ripresa un po' solo verso la fine. La rassegnazione dei protagonisti, quando si capisce cosa succede dopo la fine degli studi, con cui scelgono di accettare una volontá esterna, per me pesa sul libro come un pietra - quasi tombale.
Kathy, Tommy e Ruth non hanno genitori - almeno a noi non è dato di conoscerli, nemmeno nei ricordi dei ragazzi stessi e crescono insieme ai compagni, accuditi da questi tutori, che si occupano della loro educazione in tutto e per tutto.
Tutta la loro vita, è programmata da un'autorità superiore nascosta tipo Grande Fratello per capirci, ma è l'unico punto d'incontro con il capolavoro di Orwell.
Crescendo i ragazzi inizieranno a porsi delle domande, domande che ci poniamo anche noi che leggiamo: cosa ne sarà di loro? Che cosa significano le parole "donatore" e "assistente"? Perché i loro disegni e opere d'arte sono così importanti?
"Non lasciarmi" è un romanzo politico e visionario, dove viene messo in scena un tipico mondo distopico, dove il bene supremo è la cosa più importante e per cui si passa sopra ad ideali, calpestando senza pietà la vita di ragazzini inermi. Pensare fa pensare, questo poco ma sicuro, ma il racconto in sé stesso rimane talmente monotono per più di metà libro e la noia prende il sopravvento. Per esempio, in certi momenti avrei volentieri preso Kathy per le spalle e l'avrei strattonata per svegliare il suo pensiero sempre troppo riflessivo. Ruth invece era il contrappasso perfetto per l'immobilità di Kathy e Tommy la mina vagante che poteva esplodere in qualunque momento ma che l'autore preferisce far rimanere in silenzio succube delle due protagoniste femminili.
Come dicevo, solo verso la fine del libro con lo scopo Ishiguro tira le somme di tutta la storia, ma lo fa in una maniera troppo veloce come se volesse liberarsi di queste persone così ingombranti. L’effetto di questa velocizzazione è stato solo quello di rovinarmi un finale che tuttavia reputo commuovente e altamente malinconico.
Conoscevo la scrittura di Ishiguro, avendo provato a leggere senza riuscirci, "Quel che resta del giorno", quindi mea culpa in questo caso specifico, ma non posso dare più di 2 stelle e mezzo a questo libro che proprio non ho digerito.
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E SE LA TUA VITA NON FOSSE VITA?
SPOILER
Questo libro mi ha lasciata con qualche interrogativo e inevitabilmente mi ha lasciato l’amaro in bocca (e nel cuore). La protagonista Kathy H, si rivolge al lettore raccontando con molta nostalgia e con descrizioni molto dettagliate il suo passato. Pare una narrazione normale dove una donna che fa l’assistente ha voglia di tornare indietro nel tempo per ricevere un po’ di conforto.
Il racconto e i ricordi si possono dividere in tre fasi:
1. Infanzia e l’adolescenza ad Hailshaim
2. Il tempo adolescenziale ai Cottages
3. L’età adulta
Pare un romanzo di formazione in un contesto lievemente distopico, ma Ishiguro e Kathy ci riveleranno i dettagli di questa realtà, pagina dopo pagina e noi lettori non possiamo fare altro che realizzare la durezza di certi eventi che saremo in grado di comprendere appieno alla fine della narrazione.
1. Infanzia e l’adolescenza ad Hailshaim: la protagonista è molto legata a questo luogo perché è tutto quello che le ha dato un senso di appartenenza e dove ha conosciuto gli amici più cari: Tommy e Ruth. Questo collegio prestigioso ospita i bambini fino a quando non saranno in grado di vivere in autonomia, senza tutori. Fin qui pare una storia piuttosto normale, ma man mano gli indizi vengono seminati: cos’è un donatore? Perché i bambini devono dedicarsi così tanto all’arte? Perché essa è simbolo di accettazione all’interno dell’istituto? Perché la misteriosa Madame porta via alcuni dei loro disegni e li mette nella sua Galleria? La giovane protagonista nel suo viaggio nei ricordi rievoca tutte queste vicende realizzando che molti indizi erano già presenti sin dai primi anni ad Hailshaim, ma che per via dell’ingenuità non erano mai stati colti da nessuno. Ma quando i ragazzi hanno quindici anni, Miss Lucy decide di vuotare il sacco: gli studenti sono stati creati per essere dei donatori e non avranno mai il futuro che tanto fantasticano di avere. Sin dall’inizio era stato stabilito: saranno dei donatori di organi. C’è una rinuncia nel reagire, sia per la giovane età, sia per la minor intensità emotiva da loro provata. All’età di sedici anni, Tommy e Ruth si fidanzano. Questa è la fase della vita in cui cercano un senso di appartenenza, la propria identità e vivono le prime esperienze sessuali. L’unica preoccupazione legata al sesso è la protezione dalle malattie, dato che non possono avere figli.
2. Il tempo adolescenziale ai Cottages: il gruppo di amici ha i primi screzi, Kathy non vuole aprirsi troppo agli altri studenti, ma vorrebbe stare con la sua solita cerchia di Hailshaim. Questi luoghi sono privi della presenza di tutori, ci sono solo studenti, i cosiddetti veterani, sono coloro che si prendono più cura dei più giovani, ma qui si impara l’autonomia e a prendersi cura dell’altro. Emerge qui la “teoria dei possibili” ovvero che, ognuno di loro ha una copia umana che può trovarsi in città, pare che un veterano abbia visto il possibile di Ruth in un ufficio. Ma ancora una volta viene loro sbattuta in faccia la triste realtà: non sono altro che copie di vagabondi, prostitute, ubriachi, nonché i reietti della società. Il rapporto tra Kathy e Tommy è stato sempre molto tenero e materno da parte di lei, durante un viaggio nel Norfolk lui le ritrova una musicassetta perduta molti anni prima e che amava molto. Sin da bambini avevano l’idea che il Norfolk fosse il luogo delle cose perdute che potevano essere ritrovate. Ruth, un giorno confida a Kathy che Tommy la vede solo come un’amica pur essendo conscia che il loro amore sta cambiando. All’interno della struttura gira la voce di un “rinvio” di tre anni se una coppia riesce a dimostrare di amarsi davvero. La protagonista decide di partire, visto che i rapporti con i suoi migliori amici stanno radicalmente cambiando, inizia così la sua fase della vita come assistente.
3. La scena si apre a sette anni esatti dopo la vita ai Cottages, ritroviamo le due vecchie amiche: una nei panni di assistente e l’altra è già diventata una donatrice. Ruth desidera andare a trovare Tommy dopo tanti anni e quando l’incontro tra i tre avviene, lei si scusa per averli tenuti separati così a lungo, ma loro dovrebbero provare a chiedere il rinvio. Dopo la morte dell’amica, a seguito di un’altra donazione, Kathy diventa assistente di Tommy. Il loro amore tanto agognato sboccerà con molto ritardo ma consapevoli di avere una possibilità si recano da Madame a chiedere aiuto. La verità tristemente shockante è che non esiste nessun rinvio, era solo una voce messa in giro dagli studenti che non è mai stata soffocata. Era come un inno alla speranza, una specie di resistenza inconscia, passiva… Hailshaim era una piccola bolla di speranza in cui Madame e la preside Miss Emily hanno combattuto affinché gli studenti avessero una vita dignitosa. Questo movimento di ribellione non è bastato alle autorità come non sono bastate le creazioni artistiche dei piccoli: una chiara prova dell’esistenza di un’anima e di emozioni umane. La Galleria serviva proprio come prova, ma in un mondo in cui il progresso scientifico ha fatto grandi passi avanti per la cura del cancro grazie ai donatori, non c’è spazio per considerare la loro umanità. Lo scopo primario per cui sono nati deve essere portato a termine. Ed è qui che il lettore riceve un colpo forte al petto: la speranza è negata e ciò viene accettato passivamente dalla coppia che si è sempre amata ma non c’è più nulla da fare. Come si può non essere colpiti da una rivelazione del genere? Perché Madame non interviene? A detta sua, quel che era etico fare è stato fatto ai tempi di Hailshaim seppur il ribrezzo e la paura che gli “umani” provavano confronti dei loro salvatori. Dov'è l’umanità? Perché si è spenta? Perché si vuole andare contro natura sfruttando la vita di qualcuno per i propri scopi? È etico sfruttare la vita di qualcuno per salvarne un’altra in modo programmato? E’ giusto togliere gli organi vitali, uno dopo l’altro come in un “Allegro Chirurgo” sadico ad individui che persino provano emozioni, lasciandoli deperire lentamente? Si rimane con molte domande intrappolati nei ricordi della ragazza che vive gli ultimi istanti con l’amato con naturalezza e senza drammi: era programmato. Lui non vuole che lei lo assista più nella sua ultima fase e lei lo asseconda, il loro addio è un lieve bacio.
Due settimane dopo la morte di Tommy, Kathy è nel Norfolk in lacrime, sperando di ritrovare ciò che ha perduto. Ora è completamente sola, senza appigli, senza la sua famiglia, senza amore. È prossima alla fine dalla quale cerca di scappare facendo l’assistente; forse è un modo per vivere la ribellione, posticipando la fase delle donazioni più che può. Forse la canzone “Never let me go” nella musicassetta avrebbe potuto parlare di loro: il finale del libro pare simbolico e legato a questo oggetto, ma c’è di più. Sono invece le parole di Madame che danno un ulteriore senso: un giorno vide ballare la piccola Kathy; si mise a piangere per aver visto dei sentimenti. Nel suo immaginario questa “non umana” stava nostalgicamente salutando il vecchio mondo che non l’avrebbe più potuta proteggere da un mondo crudele pronto a strapparle la cosa più importante: la vita.
Questo è un racconto sulla vita, sulle sue difficoltà, sul dono prezioso che abbiamo e che diamo per scontato e cosa vuol dire nascere nel posto sbagliato. La storia d’amore è marginale, è solo un’esperienza che puoi fare nel percorso dell’esistenza. Qui il dono della loro vita è stato pensato ingiustamente per qualcun altro e non per i protagonisti. Non gli resta altro che sopravvivere cercando di illudersi di vivere fino alla fine.
"Continuo a pensare a un fiume da qualche parte là fuori, con l'acqua che scorre velocissima. E quelle due persone nell'acqua, che cercano di tenersi strette, più che possono, ma alla fine devono desistere. La corrente è troppo forte. Devono mollare, separarsi. È la stessa cosa per noi. È un peccato, Kath, perché ci siamo amati per tutta la vita... Ma alla fine non possiamo rimanere insieme per sempre"
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Cosa rende l'uomo, uomo?
Qualche tempo fa, un filosofo italiano ha affermato, forse con leggerezza, forse per provocazione, che l’etica, quando si oppone alla scienza, diventa patetica. Eppure le possibilità del reale, nell’era della Tecnica, richiedono una riflessione, un limite, perché le conseguenze morali di una scoperta sono infinitamente oltre, spesso, alle nostre capacità di previsione. Se per la scienza tutto è esplorabile, l’etica circoscrive lo spazio inviolabile del sacro, della persona, uno spazio da preservare perché la vita, l’Altro, è l’ultimo orizzonte di senso. Ishiguro porta la dicotomia tra tecnica e morale alle estreme conseguenze e contemporaneamente scrive un romanzo di formazione durissimo. Cosa significa diventare adulti quando tutto è già deciso, quando ogni incognita è chiara e in nessun modo si può sfuggire all’ordine delle cose? E cosa succede quando si è costretti ad affrontare questi problemi, ancora troppo giovani, su un letto di ospedale, tra un intervento e l’altro, sognando una nave arenata tra le onde del mare?
Romanzo articolato, complesso da stratificare nei suoi piani di lettura, specialmente senza svelarne la trama, Non lasciarmi è una storia d’ambientazione distopica, ma mai interessata alla distopia. Ogni riferimento alla società, al governo, è annullato e i personaggi vivono come in una bolla sospesa, mentre gli uomini, quelli normali, si chiedono se loro siano in grado di provare qualcosa. Ed è l’arte, la bellezza, la speranza, sempre rassegnata, di un riconoscimento, di una autenticazione, lo spazio dove far vibrare lo spirito e gridare al mondo: esistiamo e proviamo anche noi quelle che provate voi. Etica, estetica e scienza si intrecciano nella narrazione elegiaca di Ishiguro, lasse e malinconiche, tra venti feroci e anime piegate, in un’umanità ipocrita e troppo spesso poco umana.
Molti gli elementi di riflessioni, forse troppi. La scrittura di Ishiguro, attenta, ma appena piatta, divagante, fatica a reggere una costruzione molto articolata, che nella parabola dall’infanzia alla precoce vecchiaia dei personaggi, nella suspense superflua, si spinge a riflettere su un problema cardine: cosa rende uomo l’uomo. Il libro si fa leggere con una certa difficoltà, come se fosse troppo spesso fuori dal punto focale del problema e tutto finisce per essere detto e non detto, affrontato e non affrontato. Un libro in cui si legge il tormento creativo dell’autore, che lascia traccia nella trama zigzagante e nella tensione intellettuale poco decisa. Detto questo, confesso che, finita la lettura, ho ripensato molto, per diversi giorni, al libro e ne ho ritrovata traccia in davvero molte delle “derive” contemporanee. Soprattutto Ishiguro mai fa pensare ad una ribellione dei personaggi, mai ad un’opposizione e forse in questo silenzio sta il messaggio migliore del libro: perché pochi, troppo pochi, sono quelli che vivono con senso e che hanno il coraggio di scardinare le coordinate cartesiane già decise della loro esistenza. Perché in fondo tutti noi siamo stati a Hilshaim, non una scuola, ma l’utopia della nostra umanità. E il giudizio del lettore non può che riflettere il turbamento dello scrittore.
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Never let me go
Non lasciarmi
Molto difficile da scrivere cosa ti regala questo libro..
quando leggi i primi capitoli non si capisce perché l’autore sia quasi “ossessionato” a descrivere minuziosamente le sensazioni, le emozioni, i sentimenti dei protagonisti talmente tanto che quasi annoia..poi ci arrivi, questi bambini sono dei cloni (che non dovrebbero provare sentimenti) consapevolmente destinati a donare i propri organi a persone malate..anche se il mondo distopico di Ishiguro non viene quasi mai descritto e mai definito, come se avesse fatto apposta a dargli una trama ristretta per concentrarsi sui personaggi.. ha avuto la bravura di dare forza emotiva, L’etica che si scontra con la ricerca scientifica..la voce narrante di Kathy che si rivolge direttamente al lettore che ti costringe a catapultarti nella storia, come quando lei e tommy sono andati a cercare la cassetta persa era come essere lì..si capisce perché ha vinto il premio per la letteratura..gli essere umani sarebbero mai capaci di arrivare a tanta crudeltà?
Sì.