Niente
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Senso della vita cercasi
In un'editoria sempre più settoriale e specialistica è insolito imbattersi in un titolo che travalichi i limiti del target, intrecciando una storia adatta un po' a tutti perché capace di ispirare delle riflessioni negli adulti come nei ragazzi coetanei dei protagonisti. Teller però è riuscita in questa impresa, e l'ha fatto con una novella dalla prosa brillante e ricca di spunti; perché seppur "Niente" si possa leggere nell'arco di poche ore, è anche vero che veicola delle idee affatto scontate e riesce a creare un'atmosfera in trasformazione, spensierata nella prima pagina e a dir poco disturbante nell'ultima.
La narrazione si apre sul primo giorno di scuola nella cittadina danese immaginaria di Tæring, quando lo studente Pierre Anthon ha una desolante epifania: la vita non ha veramente un senso, ma è soltanto una pantomima che distrae le persone dal nulla in cui presto scivoleranno. Il ragazzo comincia pertanto a passare le sue giornate su un susino, da dove deride i suoi ex compagni che ancora perdono tempo sui libri; a questo punto gli altri studenti decidono di dimostrare il suo errore, iniziando a costruire una catasta con tutto ciò che per loro ha un significato. Non si tratta però di contributi spontanei: pian piano questo progetto diventa una scusa per costringere gli altri a cedere quanto hanno di più caro, e il tutto degenera fin troppo velocemente.
Questa rapidità eccessiva è forse uno degli aspetti che meno mi hanno convinto nella lettura. È anche vero che, se la cara Janne si fosse presa più tempo per sviluppare la storia, probabilmente il risultato sarebbe stato fin troppo bizzarro ed inverosimile: questo testo richiede già una corposa dose di sospensione dell'incredulità, soprattutto per la totale mancanza di controllo da parte delle famiglie dei protagonisti, visto che la vicenda è ambientata nei primi anni Novanta e non secoli fa.
L'altra mancanza più palese del testo è rappresentata dalla caratterizzazione dei personaggi, che risultano quasi indistinguibili gli uni dagli altri. Neppure la narratrice Agnes dimostra una vera personalità oltre al desiderio di vendetta verso la compagna che la obbliga a cedere i suoi sandali nuovi; volontà di ferire il prossimo che in questo insolito contesto la accomuna al resto del gruppo anziché renderla speciale. La sola cosa che permette di identificare i vari studenti è la ripetizione ossessiva di soprannomi e caratteristiche fisiche, perché anche nelle reazioni praticamente tutti mostrano una terribile assenza di empatia e solidarietà reciproca.
Pur celando una storia ben più spaventosa di quanto ci si potrebbe aspettare, questo volume ha molti punti a suo favore, tra i quali mi azzarderei ad includere anche il coraggio di mostrare dei personaggi così giovani prendere decisioni tanto crudeli, con la consapevolezza di danneggiarsi a vicenda in questo modo. Mi è piaciuto come l'autrice abbia saputo delineare una storia in aperto contrasto con il mito dell'innocenza infantile, riuscendo comunque ad essere credibile.
Ho trovato poi interessante leggere del modo in cui i ragazzi reagivano alle provocazioni di Pierre Anthon; dopo le sassate iniziali, pensano subito ad utilizzare degli oggetti per provargli l'esistenza del senso della vita, mentre un adulto avrebbe probabilmente tentato di ribattere sul piano concettuale. Promuovo senza dubbio anche la prosa di Teller: asciutta eppure evocativa e d'impatto, ottima per rendere sia la spietatezza dei protagonisti che la rapidità con cui la sfida sfugge loro di mano. E questa sensazione di ineluttabilità arriva chiara e forte al lettore, che non può far altro se non assistere mentre Agnes si aggrega di buon grado alla follia collettiva.
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Il Significato
Contiene spoiler
La vita non ha senso.
L'uomo però questo non lo può assolutamente accettare. Ma, soprattutto, non può accettare il fatto che gli venga detta la verità quando non è disposto ad accoglierla e a confrontarsi con essa.
Egli quindi deve aggrapparsi a qualcosa, qualsiasi cosa, al fine di dare un significato alla vita. Ma il Significato che diamo alle cose è universalmente riconosciuto? Può essere in qualche modo quantificato e apprezzato alla medisima maniera da tutti? A pensarci, verrebbe spontaneo dire di no. Tuttavia, a parlare di Significato, sembrerebbe che ne esista soltanto uno. Come si spiega ciò?
E soprattutto, cosa siamo disposti a fare per trovarlo?
Il Significato è un concetto personale, così personale che non possiamo neanche affermare se esista realmente. Cambia forma, cambia volto, si adatta ad ognuno di noi.
Una volta trovato, sempre che esista, potremmo mai liberarcene? Assolutamente no. Il Significato entra a far parte delle caratteristiche peculiari di quell'oggetto.
Ma dobbiamo fare attenzione: mentre la forma, il colore e l'aspetto sono universalmente riconosciuti e condivisi, ciò che cambia in base alla persona che lo osserva è proprio il Significato. Potrebbe esserci, potrebbe non esserci: ha un peso diverso per ognuno di noi.
Eppure i bambini, convinti di aver individuato questo fantomatico Significato, decidono di vederlo. Venderlo?! Sembrerebbe assurdo.
È qui che sta il nocciolo della questione: i bambini non hanno venduto il Significato della catasta ma hanno venduto la catasta come oggetto materiale. Venderla non vuol dire aver ridotto il Significato che per quei bambini rappresenta.
Dobbiamo ammettere però che il Significato non è di certo un'idea assoluta: può aumentare, può diminuire, può svanire. Difatti, in seguito alle parole del giovane Pierre, i bambini rivalutano la catasta iniziando a pensare che non aveva tutto questo gran Significato alla fine dei conti. Cosa vuol dire questo? Che il Significato dipende unicamente da noi. È lui si adatta a noi e non siamo noi che ci adattiamo a lui. Tutto quello che lo riguarda è estremamente relativo e personale.
Un bel libro che fa molto riflettere. Traduzione non molto apprezzata.
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La catasta del significato
Prima di scrivere due righe su questo romanzo, devo pensarci un po' su, devo cercare bene le parole, anzi, forse è il caso di dire che devo "ritrovare" le parole...sì perché dalla metà in poi, questo libro, le parole, me le ha tolte tutte.
Il romanzo inizia con un gruppo di adolescenti che, provocati da un loro coetaneo, improvvisamente illuminato da una dirompente filosofia nichilista, cercano di trovare "un senso", un significato alla vita...per dimostrare a lui, e a loro stessi, che non è vero che tutto è "niente" e che la vita è un' inutile pantomima in un palcoscenico fittizio.
E per farlo, iniziano una sorta di esperimento che, piano piano, sfugge di mano e si trasforma in un gioco macabro.
Cattiveria, violenza e atrocità gratuite in nome di un qualcosa che permetta di rimanere ancorati alla realtà, ma la ricerca di questo "senso della vita" porterà via via alla disumanizzazione e alla follia.
Forte il richiamo tra "la catasta del significato" realizzata dai ragazzini e il "Merzbau" dell'artista tedesco Kurt Schwitters.
Ma il "significato" nasce davvero dalla rinuncia, dal sacrificio e dal dolore?
Ma, soprattutto, il "significato" è qualcosa di vendibile al miglior offerente?
Questo quesito farà crollare tutto...e tutto risulterà essere stato inutile.
Questo libro trasuda filosofia da ogni parola, ma lo fa con una linearità ed una semplicità tali da non accorgerti che, per tutto il percorso di lettura, non hai fatto altro che cercare di darti delle risposte.
Romanzo forte, di grande impatto, facile da leggere, ma difficile da metabolizzare.
Consigliato.
"Piangevamo perché avevamo perduto qualcosa e trovato qualcos’altro. E perché è doloroso, sia perdere che trovare. E perché sapevamo che cosa avevamo perduto, ma non eravamo ancora capaci di definire a parole quello che avevamo trovato."
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Opinioni
Letto in due giorni con l'avidità di cerca davvero un senso a quel 'Niente', tra le pagine concitate dell'autore. Fino alla prima metà del libro, pare possibile la lettura anche al mondo di un adolescente ma è nella seconda parte che, di quel mondo, si scoprono le atrocità di cui perfino un adolescente può rivelarsi complice e capace, in nome di un 'significato'. Significato intorno al quale ruota tutto lo scenario della storia dove cospirazione, sacrificio e maleficio conducono il lettore ad una verità tutt'altro che accettabile. I protagonisti invasati rielaborano il -diritto a dimostrare- attraverso una forma delirante di -dovere criminale-.
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Apoteosi del niente
Un gruppo di ragazzini attraverso un gioco surreale e sempre più efferato cerca di dar senso alla propria esistenza, o meglio, dimostrare a un loro coetaneo autoesiliatosi su un albero che la vita vale la pena di essere vissuta appieno, che tutto ha un senso profondo nell'ottica di un mondo sicuramente crudele, ma dal quale si possono prendere le distanze.
A impressionare è il punto di vista scelto, ovvero quello infantile, in teoria non ancora intaccato da amarezze sfocianti nel cinismo e nell'insoddisfazione.
Da questi sentimenti tipicamente disillusi e adulti la Teller costruisce con stile asciutto ed amaro una perdita dell'innocenza che rimanda ad un'età matura, in cui la ferocia e il sopruso regnano incontrastate.
Un parallelismo generazionale coraggioso e discutibile quanto si vuole, ma efficace nel far collimare atteggiamenti ormai ascrivibili ad una società corrotta, matrigna di bimbi generati da quel malessere, pronti ad accogliere il seme del male scadendo nell'immoralità e nella crudeltà gratuita.
Un ottimo romanzo, tra l'altro oggetto di numerose critiche all'epoca dell'uscita soprattutto in Francia e Spagna. Tuttavia la violenza è più psicologica che altro, anche se i passaggi "forti" non mancano.
“Non c‘è niente che abbia un senso” disse. “È tanto tempo che lo so. Perciò non vale la pena fare niente. Lo vedo solo adesso”.
“Si va a scuola per trovare un lavoro, e si lavora per potersi riposare. Perché non riposarsi fin dall’inizio allora?”