Neve di primavera
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Neve a primavera
Primo episodio della tetralogia Il mare della fertilità, ultima opera e forse capolavoro di Mishima, questo romanzo, scritto nel 1969 e ambientato all'inizio del secolo, si presenta ben ricco di tutte le tematiche tipiche dell'autore.
Yukio Mishima è noto per i conflitti interiori dalla molteplice natura: oltre alla sofferta, soffocata omosessualità, lo scrittore visse con sofferenza e sentimenti opposti il conflitto tra la cultura occidentale sempre più dilagante e l'ormai morente tradizione giapponese, con i suoi samurai gonfi di onore virile e pronti al sacrificio in nome di alti valori. Non è un caso che questo romanzo sia ambientato in una fase di transizione: la fine dell'era Meiji, che alcuni tra i personaggi del romanzo rimpiangono insieme a quei valori morti con la guerra russo-giapponese, mentre altri si lasciano attrarre dalla supposta frivolezza della cultura occidentale. Geishe e associazioni femministe: il doppio volto del Giappone moderno.
Vera incarnazione di questo conflitto è l'ambivalente personaggio di Kiyoaki, protagonista morale di questo romanzo. Nato in una famiglia di marchesi, i cui valorosi avi contribuirono alla restaurazione Meiji, cresciuto presso una famiglia di tradizionalisti conti, il giovane Kiyoaki, di una bellezza che sembra fuori tempo, è un malinconico sognatore, impulsivo, che vive la sua vita e i rapporti personali sempre in un'ottica dialettica, all'ombra del contrasto odio-amore. Ambivalenti e contraddittori sono i suoi sentimenti verso Satoko, amica d'infanzia, anche lei trasfigurata dal contrasto tra le due distinte culture. Kiyoaki e Satoko vivono il loro amore sbagliandone i tempi e le modalità, mentre alle loro spalle si intrecciano a loro danno disegni di potere e di vendetta. E poco può fare Honda, migliore amico del protagonista, un personaggio buono, razionale, fermo nelle sue convinzioni. Kiyoaki è, a ben vedere, Mishima stesso, che proietta alla fine dell'era Meiji lo sdegno che cinquant'anni dopo lo scrittore vive nel Giappone occidentalizzato; Satoko è incarnazione dello sdegno stesso, sì da attrarre e repellere il protagonista a momenti alterni. E a Honda non rimane che la parte dell'eroe tradizionale, deciso, equilibrato, incarnazione della fedeltà e dell'amicizia. Ma, come detto, ben poco può fare - gli amanti si avviano verso il baratro, sconfitti, e al buon Honda non resta che accompagnare l'amico verso la morte.
Neve di primavera è un romanzo che si fa leggere e si fa amare: il coinvolgimento emotivo dell'autore non è tale da impedire un'ottima cura del romanzo sotto ogni aspetto. L'introspezione dei personaggi è totale, c'è veramente poco da dire. Sono pagine intense ed intime, che si arricchiscono di immagini evocative e poetiche: una natura giapponese che non smette mai di riflettersi sui personaggi. Come la neve di primavera, decadente, che si ritira scoprendo il fascino proibito di ciò che giace sotto la superficie.
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Una lunga e delicata poesia
“Neve di primavera” e` decisamente un capolavoro della letteratura novecentesca giapponese. Questo romanzo di Yukio Mishima tratta delicatamente la storia d’amore segreta tra due giovani nobili che appartengono a famiglie dell’aristocrazia dell’epoca, la quale pero` fa da sfondo a una velata critica all’occidentalizzazione giapponese e alla perdita dei valori samuraici in seguito alla restaurazione del paese.
Fin dalle prime pagine si viene catapultati in una societa` in mutamento che pero` preserva ancora saldamente la propria tradizione: preponderanti nel libro sono le usanze e grande cura e` affidata alla descrizione delle varie cerimonie e degli oggetti tipici. Da questo punto di vista, la lettura risulta un po’ ostica a chi non e` famigliare con la cultura del Giappone a causa dei numerosi termini in lingua originale, ma, con un po’ di pazienza, si puo` periodicamente andare a controllare nelle note a fine libro.
Caratterizzante e` il mono no aware tipico dei classici autoctoni, quella nostalgia che ci permea quando ci rendiamo conto che il fluire delle cose e` inesorabile, che tutto deve finire. Il libro, infatti, trasmette delicatezza ma lascia il lettore con un leggero sentimento di tristezza.
La trama di per se` non e` particolare o avvincente (credo siano gusti personali in quanto non mi piacciono molto le storie d’amore), ma il racconto risulta essere davvero unico ed interessante a causa di un fattore importantissimo: lo stile. Lo stile di Mishima, a mio parere, e` davvero sublime: fin dalle prime pagine ci sembra di star leggendo un testo poetico, di star ascoltando una melodia che fuoriesce dalle parole sulla carta. E` unico nel suo genere ed in completa armonia con i contenuti del romanzo. Ad alcuni risultera` un po’ pesante, ad altri un po’ lento e noioso, ma per me e` il migliore quando si tratta di poetizzare la realta`. Si`, poetizzare, in quanto questo libro e` ben lungi dall’idealizzare la vita, dal proporre un “vissero felici e contenti” ai due protagonisti.
La lettura e` consigliatissima a chi ama la poesia e la cultura giapponese, ma anche a chi cerca qualcosa in piu` rispetto alle solite storie d’amore scontate che si trovano oggigiorno in libreria. Un must anche per chi apprezza i romanzi giapponesi in generale, sia piu` antichi come il Genji Monogatari di Murasaki Shikibu, ma anche piu` moderni come Norwegian Wood di Murakami.
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Quando torna la neve
“Neve di pimavera” di Yukio Mishima è un’opera colossale, un monumento di psicologismo, di abilità descrittiva, uno spaccato di storia e cultura giapponese.
Ovviamente questo commento non potrà che cogliere soltanto alcune delle dimensioni di un poliedro così composito, mutevole nella forma in relazione alla prospettiva dell’osservatore-lettore.
PSICOLOGISMO
L’analisi psicologica è minuziosa: tutti i personaggi sono caratterizzati con profondità. Su tutti, naturalmente, il protagonista, Kiyoaki: un adolescente tanto bello (“Sognatore, di una bellezza inquietante, arrogante e nondimeno in balia delle sue inquietudini, era certo di essere in qualche modo il depositario di un tesoro, di un dono di giovinezza senza eguali quanto capace di sentimenti radicali“) quanto tormentato (“Il suo convincimento di non avere altro scopo nella vita se non quello di distillare veleno, faceva parte dell’ego di questo diciottenne”): nei rapporti con gli amici (“Honda e Kiyoaki… il loro rapporto arrecava a ciascuno né più né meno di quanto desiderasse”), nel relazionarsi ai due principi siamesi suoi ospiti (“il timore di una soverchia occidentalizzazione aveva indotto il re a scegliere il Giappone per i loro studi universitari”), nel contrastato e sublime rapporto d’amore con Satoko.
Per dirla con le parole di Mishima: “Quel giovane così bello, sazio di quell’apatica, annoiata indifferenza”. E con una delle sue metafore: “Kiyoaki era simile a un lago, le cui acque limpidissime lasciassero scorgere nitidamente i ciottoli del fondale, per offuscarsi un istante dopo, agitate da un sommovimento inaspettato”.
ABILITA’ DESCRITTIVE
Le descrizioni naturalistiche esprimono eccitazione sensitiva in un paese magico che è regno di pavoni, glicini, ninfee, aceri e giunchi.
La sensualità è racchiusa in un’unica pagina erotica, che in un attimo azzera le cinquanta e più sfumature del trash contemporaneo. Così è l’orgasmo: “Nell’istante in cui l’alba e Kiyoaki erano ormai una sola entità, ch’egli di fatto la toccasse o no, tutto all’improvviso ebbe fine”. Così è il languore che segue il piacere (quello che i latini riassumevano nell’aforisma “post coitum omne animal triste est”): “Se ne stavano adagiati l’uno accanto all’altra sul tatami, gli occhi rivolti al soffitto. La pioggia, di nuovo torrenziale, crepitava sul tetto…” Così è il rifiorire della passione: “Era giovane. Il suo desiderio non tardò a riaccendersi…”
E la neve? Che dire della neve?
Impazza nel primo appuntamento ed è fantastica coreografia di una gita in risciò con l’amata (“Satoko era così contenta di quella nevicata che pregava Kiyoaki di non andare a scuola e di accompagnarla a fare una passeggiata in risciò”).
Ritorna a infierire nel finale (i fiocchi “erano inconsistenti persino per quella neve di primavera, ed evocavano semmai uno sciame di insetti estivi”), una tragica ricorrenza (“Un anno esatto era trascorso, ed ebbe una fitta al petto, di emozione e cocente dolore”) che si posa sull’estremo tentativo di rivedere l’amata (“La neve, fluendo, si fondeva vieppiù con quel nuovo chiarore, fino ad assumere l’aspetto di una cenere bianca e sottile, che fluttuava nell’aria”).
STORIA E CULTURA GIAPPONESE
Il romanzo è ambientato nei primi del novecento.
Storia e cultura vengono distillate nei riti (“L’Otachimachi… un rito divinatorio… il 17 agosto, in conformità al calendario lunare”), nell’apprensione per le contaminazioni (“le istruzioni del padre sulle buone maniere occidentali di comportarsi a tavola”), negli intrighi del precettore Iinuma (“Ce ne sono molte altre sulle quali non mi ha edotto per nulla”) e della fedele Tadeshina (“Se lo farai, prometto di fare altrettanto per favorire il tuo idillio. Noi tre possiamo diventare ottimi amici”), nelle tradizioni (“Se la proprietà dei Matsugae andava famosa per lo spettacolo offerto dalle foglie degli aceri, la fioritura dei ciliegi era del pari motivo di grande ammirazione”) e nelle feste (“la festa delle bambole in marzo, la fioritura dei ciliegi in aprile e la grande festa shinto in maggio”). Nella sotterranea critica all’esteriorità (“Nessuno si curava dell’anima di Satoko: soltanto i suoi capelli costituivano un fattore di portata nazionale”) di un universo (“Una nobiltà esteriore, vuota e senza senso: ecco tutto ciò che di me sopravvive”) prigioniero di liturgie (“il cerimoniale per la lettura imperiale di poesia”). Attraverso i riferimenti alle religioni, alle teorie (come la trasmigrazione delle anime) e alle filosofie orientali (la coscienza cosmica).
LO STILE
Ammesso che lo si possa cogliere appieno nella traduzione italiana dall’originale, lo stile incanta per le immagini (“Un attimo le era bastato per trasformarsi da vecchia decrepita in un leopardo che si avventi sulla preda”), per le similitudini (“Nulla poteva escludere che una rondine in volo nel cielo senza nubi fosse messaggera di un improvviso uragano”), per gli accostamenti (“Chi affida una lanterna votiva alla marea serale, in piedi sulla sponda, ne vede la luce affievolirsi sulla superficie delle acque avvolta nelle tenebre, e prega affinché la sua offerta, spingendosi quanto più lontano, rechi il massimo suffragio ai defunti”).
Però attenzione: “Neve di primavera” è opera che richiede tempo, concentrazione, impegno, dedizione, tenacia, capacità di penetrare la scorza di una cultura così lontana da apparirci aliena. E, per rubare la conclusione a Mishima: “Lo scarabeo gli si avvicinava, procedeva col suo corpo cangiante… il valore della corazza protettiva dei propri sentimenti”.
Bruno Elpis
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STILE D'ORIENTE
La contorta e triste storia d’amore tra Kiyoaki e Satoko prende vita in Giappone, patria dell’autore, ma sarebbe estremamente riduttivo limitarsi a descrivere una trama che, seppure intrigante e ricca di colpi di scena resta comunque in secondo piano rispetto ad un stile raffinato e profondo che scava nell’animo dei personaggi per farne emergere ogni impercettibile guizzo dell’anima. E’ questo che suscita la lettura di un romanzo di un grande scrittore che fa della parola scritta un’arma di seduzione nei confronti del lettore. A poco a poco emergono le personalità dei singoli personaggi, in particolare quella del protagonista che si trascina dietro la sua storia: esaltato e vittima al tempo stesso di un’educazione troppo raffinata che lo induce a contorcersi nei suoi pensieri, riesce a risolvere il suo stato di torpore soltanto con l’amore nei confronti di Satoko, sua amica di infanzia. Un amore di cui peraltro Kiyoaki si accorge solo quando è troppo tardi, quando il fidanzamento di Satoko con il figlio dell’imperatore diventa un fatto irrevocabile. E’ in quel momento che Kiyoaki tira fuori tutta d’un fiato la voglia di vivere, la stessa che lo condurrà ad una fine inaspettata quanto tragica elevando un amore terreno alle soglie del cielo nonostante il peccato di cui si macchiano insieme i due amanti.
Con il sorgere della voglia di vivere di Kiyoaki, risorge anche l’interesse nella lettura che, nelle prime pagine, si perde forse un po’ troppo nei meandri dell’introspezione psicologica lasciando troppo spazio a episodi che distolgono dalla storia. Se è vero che sono i personaggi a creare la trama, è anche vero che ogni personaggio deve trovare una collocazione specifica in funzione della trama stessa, ma in questo romanzo alcuni punti restano in sospeso lasciando un senso di amaro: Honda, l’unico amico che per la sua natura è in grado di restare al fianco di Kiyoaki, per esempio, viene lasciato nell’ombra per un bel po’ di tempo, per tutte le pagine animate dalla passione che nasce tra i due innamorati, salvo poi un tardivo incontro durante il quale Kiyoaki lo mette a conoscenza dell’accaduto. Un po’ troppo forzato se si pensa che sarà proprio Honda l’unica persona a cui il protagonista si rivolgerà quando non ci sarà più nessuno dalla sua parte. Altri esempi sono Tadeshina, la dama di compagnia di Satoko, che nonostante il ruolo rilevante - forse indispensabile – alla trama, alla fine viene relegata alle terme per motivi di salute, quasi che l’autore si fosse dimenticato di lei per trovare all’ultimo minuto un posto dove collocarla; ancora, l’istitutore di Kiyoaki viene cacciato di casa dopo uno scandalo ma fa in modo di far sapere al ragazzo il suo indirizzo anche se fino al termine del romanzo non c’è più traccia del personaggio. Una dimenticanza?
Al di là di questi particolari – che hanno comunque il loro peso – lo stile resta sublime. Nonostante le prime duecento pagine procedano molto a rilento, il romanzo è ad un elevato livello stilistico che riesce a perdonare le mancanze. Paragoni e similitudini pungenti o poetiche inserite nel contesto con estrema delicatezza che, pur essendo frequenti, non disturbano né interrompono la lettura anzi la arricchiscono di una poeticità che i romanzi moderni sembrano aver dimenticato.
“Kiyoaki era simile a un lago le cui acque limpidissime lasciassero scorgere nitidamente i ciottoli del fondale, per offuscarsi un istante dopo, agitate da un sommovimento inaspettato”
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Vocazione alla futilità
Il modo di concepire la vita e di guardare il mondo di Mishima è quanto di più distante dalla mia sensibilità potrei immaginare. Il protagonista della storia, Kijoaki, è un ragazzo di 20 anni dal carattere non facile come probabilmente anche l'autore Mishima. "Il bell'adolescente sentiva che la futilità era il marchio della sua esistenza. Il suo convincimento di non avere altro scopo nella vita se non quello di distillare veleno, faceva parte dell'ego di questo diciottenne. Aveva deciso che mai le sue belle mani bianche avrebbero conosciuto il sudiciume e le callosità. Voleva essere una banderuola totalmente in balia dei venti. Solo una vita votata alle emozioni gli sembrava degna di essere vissuta."
La storia che ci racconta Mishima non è solo la storia d'amore tra Kijio e Satoko. E' soprattutto il braccio di ferro tra due volontà di giganti che l'autore ci propone. Per buona parte del romanzo il braccio di ferro è soprattutto un gioco a tavolino in cui da subito la donna risulta la parte più debole. Debole perchè mette in campo sentimenti sinceri. Il ragazzo sembra incapace d'amare, incapace di sentimenti reali. Solo quando la storia d'amore diventa impossibile perchè la ragazza è promessa sposa a un membro della famiglia imperiale e l'imperatore stesso ha accordato il consenso alle nozze, Kijo scopre di amare la ragazza. La sensazione è di essere di fronte a un narcisismo immenso che poco ha a che fare con l'amore. A un desiderio di sconfiggere e dominare il mondo e le sue convenzioni. Ma non partendo dal presupposto che esse siano sbagliate, no. Di fronte all'eccezionalità e alla bellezza dei due amanti ogni azione diventa lecita, e la grandezza della sfida in un certo senso la giustifica.
"Ciò che aveva il potere di tramutarsi in poesia non era il male, no.E questa, incontestabilmente, era una dottrina che permeava di sè le antiche tradizioni di casa Ajakura, basate sulla grazia e sulla distinzione."
La bellezza è il lascia passare per tutto, la forma è il vero contenuto di ogni cosa. Per un istante di bellezza si può dare la vita. La vita dei grandi è un momento estetico.
Non nascondo che provo una epidermica repulsione per questo tipo di modo di vedere il mondo che ha però un suo enorme fascino. I personaggi dei due ragazzi mi hanno ricordato per forza di volontà e carattere alcuni degli eroi dostoevskijani. Ivan Karamazof e Katherina Ivanovna per esempio. Però nei personaggi di Dostoevskij c'è sempre una ricerca interiore e una forte tensione morale qua sostituita da una tensione soprattutto estetica.Mentre i personaggi di Dostoevskij godono della grande umanità dell'autore che li fa uscire dalla carta stampata dando loro il soffio vitale, i personaggi di Mishima, altrettanto giganteschi, sono incapaci di vivere e amare in mezzo alla realtà possibile e si ergono isolati nella clausura che si sono autoinflitti, come bellissimi ideogrammi su pergamena. Sono gelidi come la neve richiamata dal titolo del romanzo, neve che è simbolo di purezza, di vita di sentimenti, di bellezza colti nell'istante prima di sciogliersi in un fango melmoso .
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Giovinezza e malinconia
M. Yourcenar, molto interessata alla cultura nipponica, individua (in "Il tempo grande scultore") "una caratteristica specificatamente giapponese: la contemplazione poetica della natura nel momento della morte". E riporta i versi scritti nel 1945 da un pilota kamikaze di 22 anni: "Se soltanto potessimo cadere / Come i fiori di ciliegio, / Così puri, così luminosi...".
Questa citazione può servire ad introdurci nel mondo di "Neve di primavera", bellissimo e malinconico romanzo di Mishima, scritto nella piena maturità, che mi pare riprenda certe atmosfere interiori del giovanile "Confessioni di una maschera". In entrambi i romanzi, i protagonisti sono ragazzi che, pur in modo diverso, emanano qualcosa di inespresso e contraddittorio, con un atteggiamento di ambiguità verso la donna: rifiutata, quando c'era l'eventualità di un legame; ricercata quando (o proprio perché) diventata irraggiungibile. Ma, se nel romanzo della giovinezza i toni erano cupi e le emozioni pressanti, in "Neve di primavera" tutto pare come lasciato decantare e riflesso in cristallo purissimo.
Qui agiscono nelle loro alterne vicende (siamo nel 1910/12, in ambiente aristocratico) due diciottenni/ventenni (Kiyoaki e Honda) e una ragazza (Satoko). La realtà vissuta si carica progressivamente di tensione, ma sempre in una dimensione di contenuta malinconia, come se anche le emozioni più forti e le situazioni più drammatiche fossero filtrate attraverso un'atmosfera di composto equilibrio interiore. La relazione con la natura è costantemente presente a riflettere, come in acqua trasparente, gli stati d'animo, a farci scorgere uno spiraglio interiore che altrimenti resterebbe celato: sotto la pergola di glicini, sul volto delle donne "si stsgliava, al pari di un elegante riflesso di morte, l'ombra color lilla dei fiori"; "quando poi la madre (...) aprì il ventaglio d'oro, questo, sotto i riflessi rossi delle foglie d'acero, si ammantò di scarlatto"; "...sentì un debole rumore, simile a quello prodotto dal bocciolo di un susino nel momento in cui si schiude".
Particolari come questi contribuiscono a dare alla narrazione un tono lieve e leggiadro che ben si addice alla ventata di giovinezza che in ogni pagina si avverte. Il lettore, al termine del romanzo, in cui non mancano dolore e morte, si sente avvolto in un'uniforme seppur variegata atmosfera di 'dolce malinconia', che caratterizza l'opera intera.
Molte le belle immagini che qui Mishima dispensa a piene mani. Una per tutte, che si espande per un intero capitolo: la corsa senza meta in risciò, in cui Satoco e Kiyoaki si scambiano i loro primi baci (per lui, i primi in assoluto), avvolti in una bufera di neve, i cui fiocchi turbinano nell'aria e si posano sui loro corpi, quando essi,in un'esaltazione anche estetica, aprono il 'tetto' che li riparava.
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Hanami
“Neve di primavera” è...
Ho provato più volte a completare questa semplice frase prima di arrendermi all'evidenza che ci sono cose, immagini, sensazioni che per la loro natura si collocano nel regno dell'ineffabile. E' questo il problema nel tentare di descrivere un capolavoro. Ogni descrizione sembra non poter rendere giustizia al testo. Un poeta ne direbbe tutto in un'unica frase e questa sarebbe probabilmente la miglior recensione possibile. Lo stile dell'opera è intriso del più puro lirismo, pagina dopo pagina, man mano che “ci si fa la bocca”, si viene risucchiati in un turbine di luci ed ombre fatto di emozioni tanto immense quanto minute nella loro delicatezza, di figure retoriche delicatamente armonizzate a “suonare” la splendida sinfonia della vita. L'effetto complessivo del romanzo è quello dell'Hanami, festività durante la quale i giapponesi ammirano gli splendidi fiori di ciliegio della varietà Somei Yoshino, la cui bellezza, fragilità e caducità diventa il simbolo stesso dell'esistenza.
“Neve di primavera” è la musica atonale dell'anima.
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Esattamente ciò che cercavo...
Ve lo dico subito così, senza giri di parole o allusioni, quest'opera è stupenda.
Yukio Mishima è stato veramente un maestro: con delicatezza garbo e tanta tantissima eleganza ci consegna delle pagine indimenticabili, fatte di composizione al limite del poetico. Uno scritto in cui angosciosa l'armonia del suo insieme ti annega in un impeto di passione.
Leggendolo è impossibile non restare rapiti dalla peculiarità e dalla sensibilità artistica con il quale riesce a esprimere su carta, tramite figure retoriche e similitudini, i sentimenti dei protagonisti. Un autore che riesce a far vibrare a fondo le corde più melodiose di una storia toccante, narrata attraverso l'uso di una melodia sapiente dei sentimenti dei protagonisti.
Un testo profondo dove ogni pagina racchiude un infinità di passaggi indimenticabili, un testo dove solitudine , amore, amicizia, superficialità, bellezza e armonia ottengono in egual misura il giusto spazio e la giusta proporzione. Un testo introspettivo, un viaggio nelle emozioni che ci avvolge con uno stile insidioso e seducente. Mishima non si può dire però che ti assalga all'istante, bisogna dargli tempo: deve prendere aria come il vino, invecchiato a lungo, appena stappato.
Una storia di crescita interiore. Tre adolescenti alle porte della maturità cambiano e scoprono la loro identità emotiva: una storia d'amore che dura il battito d'ali di una falena svanendo nell' intensità d'una fiamma di lanterna. Satoko dolce, bellissima, appassionata, e aggraziata come una principessa è l'amore proibito di Kiyoaki ragazzo sensibile, malinconico e introverso. Un amore proibito,, inizialmente da una illogica paura del ragazzo di cedere ad un sentimento intenso. In seguito una volta capitolato davanti all'evidenza, osteggiato, forse dal karma, dal destino o dal caso che beffardo e ironico sconvolge le vite d'entrambe. Ma in tutto questo esiste un terzo elemento, Honda: il ragazzo logico, razionale ed emotivamente sterile, che avrà così modo tramite la passione ardente e inarrestabile di Kiyoaki, di capire chi realmente è e cosa realmente è disposto a fare per quell'amico così distante e diverso da lui .
La forza stilistica di Mishima a mio parere è la bellezza estetica delle similitudini, riesce a restituirci emozioni e sensazioni oltre la realtà. MA anche la sua capacità di rendere le passioni e le emozioni tangibili, anzi, indossabili. Per quanto la storia in se non sia un uno sbordare di fantasia e originalità, lo stile e la tecnica perfette ci porta a leggere la pagina successiva anche solo per assaporare questo stile unico di cui voglio farvene assaporare un frammento.
[...] Mentre sua madre parlava con la contessa, lo sguardo di Kiyoaki si posò su Satoko. La ragazza era seduta con la testa china, e lui temette di iniziare a fissarla con passione. Desiderava farlo, ma aveva paura che l'intensità del suo ardore potesse bruciare il fragile candore di Satoko. La sua passione aveva assunto una forma tanto violenta proprio perché sapeva che la forza che lavorava in lui e le emozioni che lo attraversavano dovevano essere delicate. Un sentimento che non aveva mai provato prima gli fece desiderare di chiederle perdono. [...]
Non resta molto altro da aggiungere, se non leggetelo.
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Neve di primavera
Abbandonarsi alle pagine di Yukio Mishima significa partire per un viaggio lontano dagli schemi letterari occidentali.
Con il primo romanzo della tetralogia “ Il mare della fertilità” si apre il sipario sulla cultura, sul pensiero, sulla società, sulla storia del Giappone del primo novecento.
Mishima ci introduce all'interno di sontuosi palazzi dell'aristocrazia vicina all'imperatore, vivendone complotti e ipocrisie, facendoci respirare un'aria opprimente, dove è d'obbligo l'osservanza di rigidi schemi comportamentali e di consuetudini ataviche.
Una rigidità legata ad antichi retaggi socio-culturali che si infrange contro i primi sussulti di modernità che cominciano a percorrere il paese.
Una rigidità che tarpa le ali a chi non vuole sottostare alle regole imposte dalla cultura familiare e di casta.
Uno spaccato sociale implacabile, di cui l'autore mette a nudo con estrema eleganza vizi e virtù, dipingendo una magnifica tela narrativa tutta luci e ombre; un mondo fosco talora avvolto nelle nebbie oppure sfavillante come le rosse colline di aceri.
Colori, profumi ed immagini creano un tessuto fitto e inestricabile, ricostruendo luoghi immersi in un'aura di magia e misticismo, all'interno dei quali si muovono i protagonisti con naturalezza.
I protagonisti di questo primo romanzo sono due giovani di stirpe aristocratica che incarnano due poli opposti: la razionalità l'uno e la passionalità l'altro.
Una dicotomia splendida che si snoda lungo tutto il percorso narrativo, toccando momenti di intensità filosofica dal grado di lettura agevole e gradevole.
E' un maestro Mishima nel trasmettere al pubblico il fuoco amoroso della passione che brucia in Kiyoaki ed il fuoco del rigore della logica e del dovere che arde nella mente di Honda.
Calcolo e istinto, raziocinio e amore, mente e cuore, realtà e sogno danzano insieme, scendono a confronto, si attraggono e si respingono, orchestrati da una bacchetta inusuale, ossia l'amicizia, valore inespugnabile e inviolabile, foriero di comprensione e unione.
Se a livello contenutistico l'opera ribolle come un tino pieno di mosto in fermentazione, così sul piano stilistico la penna di Mishima è dotata di una carica lirica abbagliante; riesce a trasmettere le sensazioni più intime e profonde di un animo attraverso immagini, riesce ad essere etereo ma pervasivo, con pochi tocchi scatena una tempesta oppure mette in scena un arcobaleno.
Sa cantare la gioia ed il dolore, la vita e la morte in maniera sublime e soave.
Una lettura consigliabile a coloro che amano assaporare il gusto di nuove culture e che sanno apprezzare uno stile di scrittura impegnativo, ma che brilla per raffinatezza ed eleganza.
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HARU NO YUIKI
Nel mio Olimpo letterario e' stato collocato un nuovo trono, scolpito nell'oro il suo nome : Mishima Yukio.
Siamo nel primo decennio del 1900, strettamente a contatto con la nobilta' giapponese, in un clima in cui la radicata tradizione inizia mestamente ad intrecciarsi con il fluire della cultura occidentale.
Tre i personaggi principali della vicenda : Kyioaki, figlio di un marchese, bellissimo e viziato, annoiato eppure cosi' fortemente legato ai suoi princípi. Honda, figlio di un giudice imperiale, compagno di studi e fedele amico di Kyioaki e la magnetica Satoko, nata da un conte nel cui palazzo venne educato al contegno aristocratico il giovane marchese.
In un romanzo importante e raffinato Mishima ci offre una spendida visione dell'alta aristocrazia giapponese , tessendo magnificamente i pregiati fili di un ambiente solenne ricamato in fine broccato di ipocrisia, ostentatamente guarnito di passamanerie color formalita' , orlato del contegno prima di tutto e a discapito di tutto. Anche di un profondo sentimento d'amore, anche di due giovani vite.
Sancta sanctorum della similitudine, come un discepolo mi inchino nel luogo che costudisce una penna cosi' potente, magnifica, poetica.
"Il dondolio del risciò faceva sì che i tratti del suo volto apparissero leggermente snebbiati, come un fiore stretto tra dita tremanti ".
Poserete sul vostro tavolo un'orchidea lussureggiante, le radici che inforcano la tradizione imperiale, un gambo verde, eretto e possente come l'austera aristocrazia e lassù, al suo estremo, dei petali che spuntano ingenui e voluttuosi quali ambasciatori di bellezza, perlacei come la giovinezza, chiazzati di porpora come la passione.
L'orchidea , il cui fiore in eta' adulta si torce su se stesso , si modifica per esporre una diversa prospettiva del suo splendore proprio come due giovani che si innamorano. Poi una forbice taglia il fiore, la sua vitalita' ghigliottinata cade a terra, sulla neve bianca e fresca.
Consiglio vivamente NEVE DI PRIMAVERA a chi ama Mishima, benche' ci siano dei momenti in cui la scrittura e' lenta e faticosa, essi vengono superati in un attimo e oscurati dalla bellezza del suo stile e della trama. A chi si avvicina per la prima volta a questo autore, segnalo si tratta di 400 pagine a caratteri molto piccoli e fitti , forse e' meglio testare questo tipo di letteratura in un lavoro piu' breve.
Il libro e' il primo capitolo di una tetralogia chiamata IL MARE DELLA FERTILITA', definito capolavoro assoluto dell'autore.
Auguro a tutti buona lettura e scusandomi per la fretta scappo, urge che io vada a comprare SUBITO gli altri tre ;-)