Nessun requiem per mia madre
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Claudiléia Lemes Dias è nata nel 1979 a Rio Brilhante, nel cuore del Brasile. Dopo essersi laureata in Legge si trasferisce in Italia dove consegue il Master in Mediazione Familiare e in Tutela Internazionale dei Diritti Umani. Pubblica numerosi articoli giuridici in portoghese e italiano e si cimenta nella narrativa e nel teatro. Del 2011 è la raccolta di racconti Storie di extracomunitaria follia.
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La mamma ha sempre ragione!
"Mamma, perché non ci lasci vivere?", Franco Cafra, il figlio.
"Vivere è una concessione che vi faccio." Genuflessa De Benedictis, la madre.
Delirio, semplicemente un delirio ossessionante ed esasperante di quella categoria di mamme che non si fermano alla viscerale considerazione popolare che "i figli so pezze e core...", ma di più.
Genuflessa De Benedictis è l'esatta copia della mamma chioccia che non lascia crescere i propri figli con una loro testa pensante ma che li plasma secondo la sua mentalità e li tiene sotto la sua ala protettiva e sotto la sua volontà coercitiva e deviante. Ma Genuflessa non va contraddetta, non va sfidata e non si arrende fino alla fine.
157 pagine di cinismo, di razzismo esternato con molta ironia e metafore che si scontrano con l'unica verità sensata, quella raccontata dal figlio Marco, che si ribella di fronte alla apparente e velenosa perfidia di una madre ricca di sé, che non conosce limiti alla tolleranza e alla libertà altrui, che ha trasformato il suo stato di vittima ad artefice di una condizione familiare morbosamente meno "meteopatica" e più matriarcale.
"La missione del matrimonio è chiara e semplice: procreare. Sono diventata madre di tre splendidi ragazzi, e in cambio ho dovuto abortire quasi tutti i miei sogni sposando mio marito."
"Tutte le donne sono delle galline, di aquila ce n’è una sola: la mamma.
Ricordatelo."
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Innamorata...
Un libro potente, da essere divorato dalla prima all'ultima pagina. Narrativa di grandissima classe, senza mai scivolare sulla banalità delle metafore o delle situazioni. Un dramma familiare per certi versi unico e grottesco ma descritto con grande sensibilità.
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Se la mamma fa l'aquila ma non ci insegna a volare
Una trama lineare, scritta in modo leggero ma senza tradire la complessità del tema. Si snoda attraverso due punti di vista narrativi: quello del figlio, Franco Cafra, che inaugura l'incipit stesso del romanzo e quello della madre, Genuflessa De Benedectis, virago che s'impadronisce del discorso narrativo così come si è impadronita, in modo totalitario, della vita dei suoi tre figli e del marito Massimiliano Cafra.
Attraverso la voce di Franco, presto soffocata dall’esuberanza materna, si delinea una vicenda familiare di castrazione maschile che svela l'infelicità tragica, spesso grottesca, delle cosiddette famiglie felici. La maschera carnevalesca attentamente costruita intorno al decoro piccolo borghese fatto di pregiudizi, razzismi, genealogie familiari assunte come codice d'onore e di rispettabilità, viene ricostruita sarcasticamente da Claudileia Lemes Dias con picchi di deliziosa ironia e profonda amarezza. L’arguzia della scrittrice ci permette di guardare dal buco della serratura il quotidiano di una famiglia chiusa in sé stessa, incapace di accettare il passaggio del tempo.
Il bilancio umano che ne deriva è in totale perdita: nessun maschio si salva dall’ accurata strategia di controllo e di sopraffazione messa in atto da Genuflessa, guardiana invulnerabile di un'intera tradizione centrata sull'uso indiscriminato dell’ipocrisia nei rapporti familiari. L’amore materno non lascia spazio ad altri affetti, nemmeno a quello coniugale e paterno che Franco, a fatica, riesce a costruirsi con Marta, una ragazza brasiliana. Distinguendosi, in questo caso, dalla totale passività dei suoi fratelli, condannati alla solitudine e all'infantilismo a vita, Franco prova a liberarsi del suo ruolo di “bastone della vecchiaia” della madre riuscendo, con la sua modesta ribellione, ad aumentare il divario tra Genuflessa e Marta.
La mansuetudine dei maschi Cafra e la reverenza totale e psicologica alla figura della moglie/ madre Genuflessa, crea una sensazione di angoscia nel lettore portato, assieme ai personaggi, in balia di una spirale di servitù che impedisce ad ogni uomo/donna di avere una percezione autentica della vita quando viziati dall'implacabile giudizio materno.
Grazie alla gestione tirannica della madre-virago, traumatizzata (?) da episodi risalenti alla sua infanzia, i fratelli Franco, Stefano e Aldo verranno trasformati in uomini-zerbini, incapaci di avere un loro ruolo diverso da quello di “figli”.