Nella casa del pianista
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Genio e sregolatezza
“Pàffete! Ho rovesciato il bicchiere!
E tutto ciò che non vedeva l’ora di riversarsi ,
Tutto il sale dagli occhi, tutto il sangue dalle ferite,
Dalla tovaglia sulle assi del pavimento.
E niente bara! Niente separazione!
La tavola è sciolta dal suo incantesimo, la casa
destata,
Come la morte a un pranzo di nozze,
Io sono la vita, venuta a cena.
Sono le ultime righe dell’ultima poesia scritta da Marina Cvetaeva, la sfortunata poetessa morta suicida, versi che Youri Egorov conosceva a memoria come tantissimi altri di sfortunati connazionali. Versi che suggellano alla perfezione la breve parabola di vita vissuta da questo artista, genio e sregolatezza, versi che tornano prepotenti alla memoria, appena terminata la lettura della sua biografia romanzata dedicatagli da uno dei suoi più cari amici, lo scrittore Jan Brokken.
È il caso ad avvicinarlo al giovanissimo esule russo nel 1980, sono vicini di casa ad Amsterdam, lo sente esercitarsi al pianoforte quotidianamente ma non sa che è un astro nascente, un nome che si imprimerà nella memoria di tanti sulla scia di quelli dei più noti pianisti che lo hanno preceduto. In seguito alla sua prematura morte, l’amico, raccolta un’eredità di appena dodici fogli strappati da un taccuino, contenenti la memoria sotto forma di diario, della primavera del 1976, quella della sua fuga dall’URSS, decide di dedicargli un intero romanzo, memore dell’insegnamento più prezioso che l’amico gli ha lasciato: osannare la vita con il proprio talento evitando di sprecarla in attività poco edificanti, a volte travianti e latrici perfino di sventura mortale. L’esatto opposto di quanto abbia in realtà fatto lo stesso Egorov. A nulla valgono, alla fine della sua vita, le tenere parole di un amico, a cercare di convincerlo che la sua condotta di vita non è da condannare ma da accettare come riflesso della sua complessa identità.
Una lettura completa, ricca, stimolante, ha il dono di avvicinarci alla figura di Youri Egorov, di seguire la sua triste vicenda biografica di essere umano, di godere del palco di un grande artista, di calarci nella fatica del concertista oltre che dell’uomo, di entrare dentro l’universo musicale tra infinite partiture tutte doviziosamente citate da Brokken , esperto conoscitore della musica classica. A ciò si aggiunga la possibilità di acquisire un fermo immagine su un’epoca storica neppure così lontana, dagli ultimi anni della guerra fredda al crollo del muro di Berlino, un viaggio nel piano degli intensissimi anni ’80 preludio dionisiaco al cupo sentore di morte degli anni ’90, quelli dell’AIDS. Una testimonianza di prima mano che un lettore amante delle biografie ma anche estimatore della scrittura fluida, netta e sincera di Brokken, il cui taglio giornalistico e documentaristico non è per niente inficiato dal coinvolgimento personale, non potrà perdersi.
Non ho raccontato chi è stato Youri Egorov? A voi scoprirlo con infinito piacere.
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Tormento ed estasi
Una biografia, il racconto di un’ amicizia, la fuga da un reale insopportabile, in parte da se stessi, la gioia di vivere, il potere del talento, l’ indefinibile legame tra arte e vita.
Questi sono i tormenti del celebre pianista Youri Egorov narrati da Jan Brokken, per anni suo amico e vicino di casa, una storia romanzata che riesce nel proprio intento, rivivere il flusso inarrestabile di un talento musicale unico inseguito dalla propria fragilità, cittadino del mondo ed esiliato per sempre, in un tempo difficile per chi è nato in una terra retrograda che perseguita una inclinazione sessuale indichiarabile.
Youri morirà ancora giovane, malato di AIDS, sottoposto a eutanasia, abbandonato dagli amici più cari, omaggiato dai colleghi, perché se in nessun altro paese al mondo gli artisti vengono perseguitati sistematicamente come in URSS, in nessun altro luogo si sono uniti con tanta forza, elevando un fronte comune contro disprezzo e indifferenza.
Per Brokken sarà un’ attrazione fatale nata nel corso di una esibizione, un incontro con il talento, la progressiva conoscenza a rafforzare una simpatia immediata.
Youri è un uomo timido, che parla piano e non si da’ arie da divo, che non perde mai il sorriso e possiede impressionanti conoscenze musicali, un artista che non vuole sacrificare tutto alla carriera, innamorato della vita.
Amsterdam sembra un approdo sicuro, una citta’ che offre anarchia, libertà, benessere e apprezzamento, apparentemente un salto nel buio, ma egli vi approda in un periodo fecondo, la fine degli anni ‘70, agli albori di una primavera culturale, una fase in cui la città ha il suo teatro dell’ Opera e un flusso vitale divenuto un mix di profondità e di leggerezza come nella San Pietroburgo di fine ‘800.
Per Youri ragione e sentimento saranno indiscutibilmente legati, vivendo molte vite apparentemente disarmoniche, ma dopo otto anni non e’ ancora riuscito a ottenere la cittadinanza olandese e decide di trasferirsi a Montecarlo avendo considerato l’America un luogo raccapricciante e superficiale.
Tornato in Olanda gli mancherà la madrepatria, come a gran parte degli artisti russi, una terra in cui si ha la sensazione di poterci scomparire, un paese barbaro con un popolo barbaro perennemente in lotta con se stesso, un gigante con una intensità rara.
Eppure Jouri vivrà un rapporto faticoso con la Russia, un destino, un mistero, un legame non ancora chiarito al termine della vita, cittadino del mondo ed eterno straniero, mai una primadonna, con un palpabile senso di abbattimento e transitorietà.
Investito da una sublime espressione poetica, si farà’ reinventore di musica, artista in grado di restituire nuova linfa a note morte, di interagire con il pubblico per creare qualcosa di indimenticabile.
Per contro eleverà l’ozio ad arte, per anni bevendo troppo, fumando troppo, dormendo troppo poco, un privato in cui sentirsi terribilmente insicuro, bloccato dalla paura, tormentato dai sensi di colpa dopo il prematuro abbandono della famiglia, vicino a una donna che non potrà mai amare, con una gestione assai discutibile del proprio patrimonio da parte di terzi.
Jan Brokken ci restituisce la sublime, tormentata e breve storia di un uomo geniale, pervaso di inesplorabilita’ e abissi del profondo, un puzzle composito con un’aura di veridicità, una biografia romanzata ricostruita dall’ interno, accompagnandoci in una forte sensazione di sofferenza e unicità, di empatia e vicinanza sentimentale, i tormentati esiti di una genialità inespressa inciampata nella complessità incomprensibile della storia e della vita.
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Vivere e poi fare musica
Ho scelto di leggere questo libro intrigata dal titolo e perché da tempo desideravo avvicinarmi a Jan Brokken, autore olandese che prima di dedicarsi ai romanzi, è stato giornalista e grande viaggiatore, oltre che musicologo.
“Nella casa del pianista” è un libro che ho letto con voracità, un libro che mi ha emozionata e toccato le corde più profonde del cuore. Una storia vera, personaggi reali, tante tematiche interessanti e di grande valore: la libertà di vivere la propria omosessualità, l’amicizia, la famiglia, il legame con la patria sovietica lontana, ma sempre nel cuore, la dipendenza dalle droghe e la malattia.
La scrittura snella, scorrevole e chiara ed una storia reale e palpitante dalla prima all’ultima pagina.
Il pianista che campeggia nella prima e nella quarta di copertina è Youri Egorov, in una foto che lo scrittore gli ha scattato in uno dei tanti momenti insieme prima della prematura morte dell’artista a soli trentatré anni, per complicanze dell’AIDS.
L’autore è narratore interno ed anche personaggio: la scrittura è lineare con pochi flashback, adatta a chi non ama particolarmente i salti temporali.
Youri è stato un artista russo fuggito, a soli ventidue anni, al regime sovietico, un apolide con passaporto di Nassen (come Stravinskij, Chagall, Aristotele Onassis) prima di ottenere la cittadinanza monegasca. Accolto in Olanda come rifugiato politico, ha incontrato l’autore e un ristretto gruppo di amici che popoleranno la sua casa aperta alle feste, alla musica, alla vita. Un giovane talentuoso che si faceva amare per la sua timidezza, la sua umiltà e il suo fascino. Un perfezionista, un virtuoso del pianoforte. È stato emozionante cercare su YouTube i suoi concerti, vederlo e sentirlo suonare e pensare che grazie a Brokken il mondo può conoscere la storia, fatta di esaltazione e di caparbietà fino alla fine, di un talento che ci ha lasciato troppo presto.
Una vita , come quelle di tante altre celebrità, che come meteore hanno incendiato il cielo della musica spegnendosi a causa di scelte sbagliate.
Il libro è interessante per i contenuti e l’ambientazione, il periodo storico preso in esame: siamo in piena guerra fredda, negli anni della cortina ferro prima e la caduta del muro di Berlino poi, gli anni della beat generation, gli anni delle band storiche.
Soprattutto tanta tanta musica classica. I passaggi che ho sottolineato e che mi hanno emozionata sono veramente tantissimi, ne scelgo giusto qualcuno:
“Da questo punto di vista, (Youri) si sentiva inferiore ai poeti della parola. Una poesia non solo continua a esistere, ma ogni generazione ci legge qualcosa di diverso. Una poesia, diceva, si fa ricordare parola per parola, un concerto solo in modo vago. Ribattevo che lui era il poeta del momento. Poteva trascinare una intera sala e dare a chiunque avesse la sensibilità la sensazione di assistere alla realizzazione qualcosa di insolito, di mai sentito. Se tutto andava bene, reinventava la musica; se tutto andava bene, dava nuova vita a note morte e interagendo con il pubblico crava qualcosa di indimenticabile”.
Ma Youri amava anche vivere. Lontano dall’Unione Sovietica poteva mostrare liberamente la propria omosessualità. Aveva un compagno di vita, ma anche tanti amanti, quando non c’erano gli impegni dei concerti era capace di incontri promiscui. Sapeva reggere bene l’alcool, faceva uso di droghe, amava le feste a base di stupefacenti. Gli servivano, dicevano, per reggere la tensione. Ma saranno la sua rovina.
Le ultime pagine sono piene di poesia, struggenti, mi hanno emozionata.
“Il sole rimase nascosto dietro le nuvole grigio chiaro. La luce era a tratti intensa, altre volte smorzata, e sembrò che Youri vi adeguasse il suo modo di suonare, come se reagisse a ciò che vedeva sulla distesa del mare. (...)
Il paradiso, il paradiso non esiste. Tranne in rari casi, nei momenti magici della musica. Quel pomeriggio il cielo scese sulla terra. Ciò che fece ascoltare non solo fu di una bellezza immortale, fu come se Youri avesse dato corpo all’eternità.”
Invito ad ascoltare
https://youtu.be/X565UtJ3BGQ