Nel caffè della gioventù perduta
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Opinioni inserite: 5
Louki
Tempo, immagini e morte sono gli argomenti ricorrenti nelle opere di Patrick Modiano. E questo libro non esce dai normali canoni. In un tempo indefinito si unificano passato e presente, in un caffè parigino giovani persone bazzicano questo luogo situato nel suggestivo nel Quartiere Latino. Belle come sempre le descrizioni – immergono il lettore in atmosfere reali e naturali, pare di esser nei posti, in un tempo intrinsecamente instabile, ma tendenzialmente meraviglioso e affascinante – di Parigi, ormai metropoli che viene tratteggiata minuziosamente cercando di ipnotizzare e sbalordire chi legge. Con una prosa scorrevole, piano piano vengono introdotti i personaggi sullo sfondo di una città complicata, distratta e alienante, si perde il contatto con essa e loro si rifugeranno nelle proprie fantasie, amplificando queste sensazioni nell’animo del lettore. È un coro di voci quello presente nel testo che compone la vera storia ripresa da diverse prospettive, Modiano delinea il personaggio di Louki, donna giovane con ambizioni da grande, il cui destino sarà compreso dal lettore in un susseguirsi di voci maschili che proveranno a trovarla, avvicinarla, intrappolarla ed amarla. È però una vita bruciata di cui si sa poco quella di Louki. Lo spazio sembra che divori il tempo, sino a quando la protagonista pone fine alle immaginazioni vane e fantastiche di cose irrealizzabili, alle speranze della gioventù perduta.
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Effluvio parigino
I ricordi profumano, e un artigiano della scrittura impara presto a dosare odori e memorie. Modiano nel tentativo di evocare una fragranza moderata e godibile ottiene un effluvio sterile. Cullando la propria narrazione dentro a una Parigi fascinosa (e minuziosa) finisce per non risvegliarla più. Il romanzo (breve) offre spunti interessanti che tuttavia appaiono costruiti ingenuamente o mal sviluppati. A partire dalla peculiarità dell'opera -l'avvalersi di quattro narratori per offrire il disegno esistenziale di una giovane donna- ci si accorge di uno squilibrio strutturale: i nessi tra i personaggi/punti di vista sono (laddove non gratuiti) deboli, frutti di coincidenze e casualità stucchevoli. Anche i riferimenti interessanti sono incerti (eccezion fatta per la pregevole “topografia poetica” parigina) e il contributo filosofico-letterario risulta dozzinale. Poche cose poi infastidiscono come un mistero troppo evidente, ed è così che nel perseguire una fantomatica enigmaticità, Modiano restituisce le vibrazioni migliori proprio quando a raccontarsi in prima persona è la protagonista: Jacqueline 'Louki' Delanque. Nel rivelare la propria fragilità di bambina, adolescente, quasi-donna perduta (quando perdersi è facile e dolce) Louki anestetizza il fantasma del romanzo di formazione offrendo un ritratto mezzo onesto/mezzo fiabesco di una generazione incerta, svuotata, che con le generazioni precedenti condivide una sola cosa: vivere ("il male di vivere" avrebbe detto Montale). Per fortuna la sensibilità dell'autore francese, unita ad una buona costruzione sintattica, permette di scovare disseminati tra le pagine del romanzo picchi emotivi estetici ed estesici, sono picchi pregevoli (mi torna in mente l'evocazione di una “cavalcata all'amazzone”) che tuttavia nell'insieme paiono diluiti. Nel caffè della gioventù perduta (2007 in edizione originale) è un romanzo dalla lettura godibile, che sfruttando stereotipi consolidati (in primis Rive gauche e Bohème) non spicca il volo ma si limita a deambulare. A mio avviso, in questo caso, il controllo sapiente della semplicità ha portato ad un risultato mediocre.
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Nostalgia
Il romanzo è scritto in prima persona ma la prima persona cambia, un po' come nei Passanti di Mauvignier.
E se l'inizio del romanzo con la sua scrittura asciutta, sobria, quasi eccessivamente scarna non colpisce particolarmente, anzi mi ha lasciato qualche perplessità, poi invece le emozioni iniziano ad affiorare dalle pagine come succede in Mauvignier: un misto di nostalgia, rimpianto, malinconia. Una magia che funziona perfettamente proprio per la scrittura scarna che rende senza appesantire le sfaccettature dell'umore e del cuore. La bravura di Modiano non appare subito ma ci vuole un po' di pazienza per riuscire ad apprezzarla. La storia sembra un pretesto per trasferire nelle pagine i colori interiori. In realtà non c'è una vera trama, c'è una ragazza che si sente viva solo fuggendo e il romanzo racconta delle sue continue fughe, di casa, dal marito e alla fine in un certo senso dall'amante. Ma è più importante l'idea di fuga della storia, la presenza minacciosa di un nemico, di un inseguitore dell'inseguitore. Tutti i personaggi e le vicende restano ombre e anche la ragazza non è pienamente afferrabile nella sua psicologia. Non è questo che all'autore interessa. Vuole solo rendere le sfumature cangianti di un animo. Un animo tutto sommato inafferrabile.
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UN VENTAGLIO DI EMOZIONI
“Per l’arte della memoria con cui ha evocato i più inafferrabili destini umani….” Questa è una parte della motivazione con la quale l’Accademia di Svezia ha insignito Modiano del premio Nobel. Non è mia intenzione discutere di questo, ma partire da questo frammento di motivazione per parlare di questo libro che mi ha particolarmente colpito per stile e pulizia. La storia, costruita raccontando diversi punti di vista, è proprio incentrata sulla memoria raccontata a regola d’arte, una memoria che parla esclusivamente di destini umani, e di quando possa essere complicato conoscere intimamente anche le persone più vicine. E’ un racconto intenso, ma scritto in maniera essenziale e raffinata.
Un esplicito rimando alla teoria dell’Eterno Ritorno di Nietzsche per la quale il destino umano è intrappolato in un ciclo a causa della propria storia personale che ne impedisce ogni cambiamento e quindi progresso, solo rompendo questo ciclo, e quindi dando un taglio al proprio passato, è possibile il progresso.
Favolosa mi è risultata l’ambientazione e l’atmosfera bohèmien della Parigi dei caffè e dei bistrot, dei locali in cui lasciarsi andare senza vincoli. Un romanzo di vita, romantico senza sdolcinature, senza troppi orpelli, usati troppo spesso per riempire pagine inutili che appesantiscono la storia e non fanno altro che annoiare.
Modiano ha una “penna” eccezionale e la sua classe e maestria mi rimandano allo stile realistico ed essenziale della Nouvelle Vague di Jean-Luc Godard in “Questa è la mia vita”. Louki (Jacquelin) è un personaggio di cui non si può fare altro che innamorarsi, sfuggente e misteriosa e allo stesso punto fragile e indifesa. Eterea e quasi evanescente, quasi come fosse sospesa fra due mondi che raramente comunicano.
Credo sia un libro eccezionale, a prescindere dal fatto che l’autore sia anche un premio Nobel. Consiglio la lettura a chiunque, soprattutto a chi ha voglia di essenzialità e pulizia, al giorno d’oggi, caratteristiche non comuni e per nulla scontate. Libro intenso nelle sue poche pagine che lasciano un senso di Bellezza. I personaggi di questo romanzo mi accompagnano ormai come fossero miei amici, non è questo il massimo che uno scrittore possa fare?
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Bella costruzione ma poco evoluta
Abbiamo letto “ Nel caffè della gioventù perduta “ scritto da Patrick Modiano.
Finalmente un romanzo originale, senza tempo e senza punti fermi ( è raccontato da tre persone differenti, in tempi differenti e sfuggenti ) dalla prosa semplice e imprevedibile; dallo psicologismo solido ed essenziale, privo di dettagli che appesantiscono la storia e di barocchismi inutili come ci siamo abituati dagli anni della fine dl romanzo ( per certi versi ci ricorda cinematograficamente l’ultimo Antonioni, quello di “ Al di là delle nuvole “, ma c’è anche la malattia dei sentimenti tipico dell’Antonioni prima maniera, e letterariamente anche di Cesare Pavese ). Non è tuttavia nemmeno un capolavoro, l’idea della storia è forte ed enigmatica, la struttura spiazzante e intrigante ma Modiano non sembra riuscire a mantenere quello che si era prefisso e a volte cade in un certo romanticismo esistenziale. Potremmo dire che i protagonisti sono delle isole nella corrente che si possono vedere ma non toccare veramente, isole circondate dalla nebbia dei sentimenti e dai trascorsi duri e infantilmente devastati. Uomini e donne soli che vivono come possono, così estranei al mondo da preferire risiedere in albergo o in case spoglie; ossessionati chi dalla teoria nietzsciana dell’eterno ritorno chi dall’ossessione di dimenticare visi e fatti - che una volta segnati su un’agendina diventano spesso dati senza colore ed emozione – chi dal bisogno di vivere in zone neutre per vivere al confine di tutto, chi, invece, pur cercando verità attraverso il lavoro di investigatore preferisce non terminare quello che può, chi fugge dalle angosce dell’infanzia e dai sentimenti più profondi che non potrà allontanare; e ancora giovani studenti che non sanno essere studenti, giovani scrittori che forse lo diventeranno e un’umanità di persone che si incontrano tutte le sere al caffè Condé o a La Pergola, dalle parti del carrefour dell’Odeon: in piena zona San Germain, in piena zona Cave esistenziali. E infatti, non notati, i nostri protagonisti potrebbero sfiorare Sartre o la Greco o la Yourcenar.
La storia, scritta con elisioni che rasentano la svagatezza, ma con una puntigliosità quasi maniacale di strade, luoghi e indirizzi, è soprattutto quella di Jacqueline detta anche Louki nella sua vita parallela, una giovane donna di poco più di vent’anni, dall’esistenza misteriosa e davvero se stessa nell’indefinitezza dell’essere e quando vive in quel momento della fuga in cui chi ha lasciato non sa dove si trova e chi l’incontra non sa nulla di lei ( per l’appunto quando si vive nelle zone neutre, semmai in penombra ). La breve vita di Louki è raccontata in quattro blocchi, da quattro “ voci narranti “, da un suo amante ( da giovane e poi da uomo adulto, stanco e sconfitto dai ricordi perduti ), da un investigatore privato, da lei stessa e in minima parte e trasversalmente dal giovane marito che la perde senza sapere perché e per come. Ma il racconto degli uomini è più un’elaborazione del proprio punto di vista che non di un ricordo oggettivo ( tasselli che servono anche se non razionalmente a ricostruire la vita di Louki – con delle implicazioni da noir ), tutti in qualche modo sono innamorati di lei ma nessuno l’ha mai ‘ avuta ‘ veramente per sé. E tutto ciò che succede gravita in un modo o nell’altro con il caffè Condè e si muove in un luogo concentrato ma anche lontano che si estende tra le due rive della Senna come se fossero luoghi a sè stanti; tra San-Germain-des-Pres, Le Luxembourg da un lato e Place Blanche e Place Des Abbesses dall’altro.