Mr Vertigo Mr Vertigo

Mr Vertigo

Letteratura straniera

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Walt è un povero orfano senza futuro nella St. Louis degli anni Venti, ma possiede un dono naturale, e trova qualcuno deciso a sfruttarlo. Maestro Yehudi, mezzo stregone e mezzo ciarlatano, è l'ebreo ungherese che in anni di duro tirocinio gli insegnerà la meravigliosa arte di volare facendo di lui un'attrazione da circo. Nelle sue peregrinazioni il bambino volante si ritrova tra incursioni del Ku Klux Klan, storie di gangster, giocatori di baseball e, nella Chicago degli anni Trenta, finisce con l'aprire un locale destinato a diventare famoso, il Mr Vertigo. Finché un giorno Walt ritorna normale e smette di essere un fenomeno. Walt comprende che importante non è solo volare, ma anche capire quando si deve tornare a terra e vivere con dignità la vita di ogni uomo, del più anonimo e banale degli uomini.



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Mr Vertigo 2024-07-25 10:12:16 68
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68 Opinione inserita da 68    25 Luglio, 2024
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Volo pindarico e ritorno….


…” sono solo due le buone scelte che ho fatto in vita mia. La prima fu quella di seguire maestro Yehudi su quel treno all’ età di nove anni. E la seconda fu di sposare Molly Fitzsimmons “…

Il racconto di un viaggio tra le pagine di un manoscritto che abbraccia una vita intera, un reale indigesto in attesa dell’ inverosimile, sospesi nel vuoto, cadendo, risollevandosi innumerevoli volte, una miscela di reale e immaginario, sospinti dalla forza di un sogno alla fine negato, restituiti alla vita vera, impreparati alla stessa.
America, anni ‘20, Walter Rowley, nove anni, orfano senza futuro, originario di St. Louis, un ragazzino stupido, permaloso, testardo, si imbatte nel suo futuro mentore, maestro Jehudi, che riconosce in lui un dono, qualcuno da addestrare e rendere un bambino prodigio.
Anni difficili, pericolosi, turbolenti, torture, insidie, dolori insopportabili per arrivare, un giorno, alla levitazione, sospeso da terra per un certo lasso di tempo, dando l’ impressione di volare.
Una dimensione parallela, educazione poco sentimentale e molto reale, attraverso un’ America povera, violenta, razzista, psicogena in un viaggio itinerante per chi diviene una star o un semplice fenomeno da baraccone, privato delle coordinate del proprio esistere.
Accompagnato da Maestro Jehudi, incomprensibile nel proprio mostrarsi, dal calore di una famiglia ristretta sterminata ( mamma Sue ed Esopo ) dalla cieca violenza del Klu Klux Klan, in Walter, dopo svariati tentativi di fuga dall’ insostenibile, pervaso dal un urgente bisogno d’ amore, qualcosa cambia.

… La storia di quei mesi in fondo si riduce a questo. Avevo fame di amore e non c’era cibo capace di saziarmi…

Maestro Jehudi, insegnatagli l’ arte, lo lascia al proprio destino, i viaggi e gli spettacoli l’hanno trasformato in una celebrità, la gente paga per alimentare curiosità e sogni, stemperando la durezza dei giorni. Lui stesso vive un tempo, il 1928, in cui sembra entrare nel mondo dei divi, una stagione di libertà e di protezione, non più Walter Rawley, il ragazzino prodigio, per un’ ora al giorno, ma un bambino prodigio e basta,

…” qualcuno che non esisteva se non quando stava sospeso a mezz’aria”…

La terra ferma è un campo minato da trappole e ombre, tutto quel che vi accade è falso, solo l’aria risponde a verità, una gioia transitoria, insidiosa, effimera, il pericolo invalidante di una levitazione ripetuta risveglia Walter dal sogno di restare bambino. E allora precipita in una vita da costruire nel respiro di un’ umanità variegata e difforme, riformulando il presente per pensare al futuro.

…” Finché riuscivo a non ripensare al passato potevo illudermi di avere ancora un futuro”…

Lavori transitori, incontri, perdite, fallimenti, una quotidianità indigesta, la levitazione prevedeva un stato di sospensione, la caduta è dolorosa, sognare è lecito, come volare, ma la vita è altrove. Gli anni restituiranno un uomo sposato, adulto, vedovo, depresso, rinato, di nuovo bambino, sulla soglia della vecchiaia.
Walter dona ciò che gli era stato donato, amore e tempo, si rivede nell’ unicità di un bambino insolente e violento, desiderando farne un nuovo prodigio, ma quanto dolore nel ricordo delle sofferenze da lui subite.
Un lungo viaggio scandisce una vita nelle crude parole di un libro, forse l’ idea di volare è un semplice dono che ci appartiene naturalmente, un fatto mentale e non l’ esito di atroci sofferenze fisiche…

…” in fondo non credo che ci voglia un talento particolare per sollevarsi da terra e librarsi a mezz’ aria. È qualcosa che tutti abbiamo dentro, basta smettere di essere se stessi. Chiudete gli occhi, allargate le braccia e lasciatevi svaporare. A quel punto, poco per volta, vi solleverete da terra, ecco, così “…

Mr Vertigo è una parabola tra cruda realtà e sogno immaginifico che attraversa oltre un cinquantennio di storia americana, focalizzata su un espediente di eccezionalità ( il desiderio di volare ) per narrare la tumultuosa ascesa e la repentina caduta di un individuo meno speciale di quello che sembra.
Un’ unicità che nasconde fragilità, bisogno d’ amore, violenza, solitudine, tratti di immaturità fino alla malattia e al delirio con una possibilità di redenzione e riscatto, la necessità imprescindibile di calarsi nella quotidianità, di sopravvivere, vivere, amare, soffrire, sperare. Tratti riguardanti una vita intera e uno stato di normale eccezionalità, in fondo tutti possiamo volare…



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Mr Vertigo 2015-06-30 13:17:55 Anna_Reads
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Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    30 Giugno, 2015
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There is a elephant, in my room...

(SPOILER)
Conoscendo Auster per “Le follie di Brooklyn”, romanzo che ho molto amato e con un finale – davvero – geniale, ho approcciato “Mr Vertigo” con grande entusiasmo.
Il tratto comune, fra le due opere, è sempre la scrittura di Auster – che io trovo veramente efficace – e che senza impaludarsi in virgolette e punteggiature eccessive “mima” un perfetto parlato, con tanto di locuzioni, ammiccamenti ed alzate di sopracciglia.
Non sono quasi mai i dialoghi fra i personaggi quelli che restano nella mente, anche perché i dialoghi sono pochi. In genere Walt, il protagonista, non parla agli altri personaggi e neppure si lancia in monologhi interiori.
Walt parla con te.
Anche nel cinema, l’effetto dell’attore che “guarda in camera” e si rivolge al pubblico è assai pericoloso (e infatti vi si ricorre con una certa parsimonia). Però se si pensa al Riccardo III di Richard Loncraine (quello con Ian McKellen), ci si rende anche conto che se si è capaci ad usarlo, l’effetto paga.
Di certo Auster “è capace”.
“Il suo vero nome era Bucoprofondo, un fiorire di sbadigli in un campo di noia (…) Quel posto era un buco, capitale onoraria della noia, e mi bastò un giorno per non volerne più sapere.”
Wichita, la “scoppiettante prontezza” di Fritz, il suo essere “onesto senza scampo”, Walt che descrive sé stesso come una “ineguagliabile, preziosa persona”… sono tutti guizzi linguistici di un autore che disegna un personaggio che con il lettore ci parla (gli urla, anche, ogni tanto).
L’effetto potrebbe venire a noia, o essere forzato.
Nel fatto che ciò non avvenga mai, io trovo la grandezza di Auster e di questo romanzo.
Una storia narrata in modo incantevole.
La storia in sé mi ha convinto meno.
Intanto, siamo in pieno paradosso da “Elephant in the room” nel senso che c’è un enorme problema, in questa storia di cui nessuno parla e naturalmente il lettore si fa complice dell’autore in questo gioco.
Io da umile recensore dovrei fare lo stesso.
Ma al di là di avere un bambino che vola come protagonista (non avrei mai pituto evitare di dire “Un elefante, un elefante!!”) in un romanzo che per il resto è estremamente realistico e ben calato nel suo periodo storico…
La storia in sé non mi ha particolarmente emozionato.
Ho amato Maestro Yehudi più o meno come ha fatto Walt. Il suo essere razionale, emotivo, assurdo e crudele. Non ho fatto in tempo ad affezionarmi a Mamma Siuox e ad Esopo come avrei voluto.
La “protagonista” femminile, cioè miss Witherspoon mi ha detto davvero poco (e niente), probabilmente per la mia ben nota idiosincrasia per le svampite, vere o fasulle che siano.
Il suo ritorno tardivo mi ha anche un po’ infastidito (sì lo so, era l’unica rimasta viva e giusto lei poteva tornare, però…). L’ho trovata un personaggio cacciato a forza al centro della scena, perché amata dal Maestro, ma poi poco interessante e tutto sommato mediocre. Anche il Maestro, quando ha a che fare con lei, mi piace meno (o sarà che con l’aspettativa che crea Walt chissà che mi aspettavo che il Maestro le avesse regalato per il suo matrimonio).
Va anche detto che ho perso interesse nella vicenda con la morte del Maestro.
Soprattutto perché la sua morte è splendida e mi ha lasciato completamente sfinita.
Perché uno come lui così deve morire.
E basta.

Potremmo forse dire che l’amore non ne esce benissimo in questo romanzo, se non fosse che, a bocce ferme, parlando di un personaggio che non vedremo mai, Auster infili una delle più belle dichiarazioni d’amore che mi sia capitato di leggere:
“Ma dentro aveva qualcosa, Molly, e in un suo modo tranquillo e cauto, era in gamba come poche persone che mi sia capitato di conoscere. Era gentile; non serbava rancore; mi sosteneva, e non cercò mai di trasformarmi in qualcuno che non ero. Forse come donna di casa era un po’ distratta e come cuoca non era granché, ma non importa. Dopo tutto una moglie non è una cameriera. E comunque fu la mia prima vera amica dai tempi di Kansas City con Esopo e Mamma Sioux, la prima donna che io abbia amato davvero.”
E non ho potuto fare a meno di notare che si chiami “Molly” esattamente come quella di “Viaggio al Termine della Notte” e dal momento che anche lei riceve una dichiarazione niente male, io prendo congedo da voi con questa (appuntandomi di fare in modo di chiamarmi Molly, in un’altra vita ;) ):
"Buona, ammirevole Molly, vorrei se può ancora leggermi, da un posto che non conosco, che lei sapesse che non sono cambiato per lei, che l'amo ancora e sempre, a modo mio, che lei può venire qui quando vuole a dividere il mio pane e il mio destino furtivo.
Se lei non è più bella, ebbene tanto peggio! Ci arrangeremo!
Ho conservato tanto della sua bellezza in me, così viva, così calda che ne ho ancora per tutti e due e per me almeno vent'anni ancora, il tempo di arrivare alla fine.
Per lasciarla mi ci è voluta proprio della follia, della specie più brutta e fredda. Comunque, ho difeso la mia anima fino ad oggi e se la morte, domani, venisse a prendermi, non sarei, ne sono certo, mai tanto freddo, cialtrone, volgare come gli altri, per quel tanto di gentilezza e di sogno che Molly mi ha regalato nel corso di qualche mese d'America".

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Mr Vertigo 2014-02-14 06:43:11 dani79
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dani79 Opinione inserita da dani79    14 Febbraio, 2014
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Mr Vertigo

Ladies and Gentlemen, meine Damen und Herren, Signore e Signori, Mesdames et Messieurs, osservate il volo del Bambino Prodigio!

Nel maggio del 1927, proprio mentre Charles Augustus Lindbergh compie la prima epica e solitaria traversata aerea dell'Oceano Atlantico, Walter Claireborn Rawley a soli dodici anni sorvola, senza prestidigitazioni e sorretto solo dal suo dono e dalla sua volontà, un piccolo stagno nel Kansas.

Walt è il Bambino Prodigio. È un levitatore di quelli veri, non certo un ciarlatano.
Non crediate però che imparare a volare per lui sia stata una passeggiata; niente di più falso.
Dietro un tale prodigio tre anni di fatica, sudore, panico e talmente tanto terrore da far somigliare l'addestramento al volo a un indimenticabile soggiorno nel budello dell'inferno.
Il tutto sotto la guida di Yehudi, un ebreo ungherese, sarcastico, cortese, appassionato di Spinoza, maestro di volo e di vita per il piccolo Walt.
Leggendo questo libro, crederete come me che Walt Rawley sia realmente esistito, che il bambino "più piccolo, più sozzo, l'ultimo dei miserabili di Sant Louis" abbia davvero raggiunto la fama levitando a qualche palmo e più da terra, che abbia poi sperimentato di nuovo la vita " normale" e si sia rialzato sulle proprie gambe.

Inizialmente, forse perché reduce dalla lettura de "Il Libro delle Illusioni", altra opera indimenticabile di Auster, mi convinsi che anche in Mr. Vertigo lo scrittore statunitense volesse puntare tutto sull'illusione di costruire una vita indimenticabile, destinata a non scolorire mai nella mente, nei ricordi e nelle parole degli altri.
Alla fine, ho dovuto ricredermi e abbandonare le suggestioni iniziali.
In Mr Vertigo non ci sono illusioni. Tutto è tremendamente reale: è reale la terra con i suoi pericoli e le sue ombre, ed è reale l'aria minata di insidie e gravità.
Ogni luce ha un'ombra, e a questa verità è impossibile sfuggire.
Lo stesso Auster ci dice che volare non è poi così difficile e si può cadere stando a mezz'aria, così come si può ruzzolare stando con i piedi per terra.
In qualunque modo e in qualunque momento ci si ritrovi a terra, ovviare ad una vita abietta è comunque possibile ed è inutile lambiccarsi il cervello, la soluzione è semplice e scontata: conservare la propria Dignità sempre, anche quando è il far della notte a sorprendere.
E poi, aver provato quella cosa straordinaria che si chiama Vertigine, l'averla avvertita anche solo per un attimo vuol dire che abbiamo avuto il coraggio di spingerci oltre. E questo è più che sufficiente per rendere mirabile la nostra esistenza.

Credetemi, difficilmente riuscirete a dimenticare mamma Sioux che sorride come il sole, l'intelligenza vispa e giusta di Esopo, la rilassatezza di Mrs Witherspoon e le sue continue sorprese, le parole spesse come tronchi di albero secolari del maestro Yehudi, e Walt che in fondo non ha paura di niente, né di volare, né di cadere.

Se non lo avete già fatto, date un'opportunità a Paul Auster. La sua penna morbida, raffinata e ironica vi stupirà suggerendovi una caterva di emozioni, esaltandovi e facendovi persino sognare un po'.
Il che non guasta mai.

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Il libro delle illusioni, di Paul Auster
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Mr Vertigo 2013-11-15 09:24:20 gracy
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gracy Opinione inserita da gracy    15 Novembre, 2013
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Chiamatemi Mrs Vertigo!

L’uomo sogna di volare da sempre, da bambini tutti abbiamo avuto il desiderio fantastico di metterci delle ali di farfalla, di angelo o semplicemente un mantello da far svolazzare saltando da uno o due gradini di slancio, oppure lanciandoci da una sedia a braccia aperte.
Oplà!
Volare come i nostri eroi, come i nostri amati fumetti o cartoni animati, perché volare è libertà, è conquista, è dominio del mondo che guardiamo dall’alto, ci fa apparire tutto un poco più piccolo e la mente si apre al pensiero strepitoso di dominare il mondo solo con lo sguardo.
L’uomo non può volare, ma sognare di volare si.
Paul Auster, attraverso il mondo di Walt, ragazzino orfano che imparerà a volare sotto l’ala del maestro ungherese Yehudi, un po’ stregone e un po’ artista, proietterà il lettore in una lettura vertiginosa e inebriante, affascinante e fantastica, dove il desiderio di volare inizia sin dalle prime pagine.

“Avevo dodici anni la prima volta che camminai sulle acque. A insegnarmi il trucco fu l’uomo vestito di nero e non sarebbe da me far finta di aver imparato nel giro di una notte. Maestro Yehudi, che mi aveva trovato quando di anni ne avevo solo nove, ero orfano e vagavo per le strade di Saint Louis mendicando spiccioli, mi aveva addestrato per tre anni di seguito prima di lasciarmi esibire i miei numeri in pubblico”.

Incipit che mi ha colpito e che mi ha fatto volare col pensiero, immedesimare nelle avventure mozzafiato e nelle disavventure più tristi e scabrose, dove la dolcezza ha pochi spiragli (Mrs Witherspoon le incarna tutte) e la violenza dell’uomo si staglia nelle varie forme, dall’ egoismo più spicciolo al più spietato Ku Klux Klan. E si fa presto a tornare con i piedi per terra perché ad ogni crudeltà perpetrata corrisponde un capogiro, una vertigine e la testa duole per la paura. Si cresce e il mondo cambia, volare rimane il vero sogno dei fanciulli anche se il lato fanciullesco che è in ognuno di noi accarezza sempre il desiderio di spiccare il volo e viaggiare dentro noi stessi.
Volare è come vivere, respirare ed essere felici.
Le letture straordinarie sono quelle che rimangono nella mente perché hanno quel qualcosa in più che ci rimane dentro rispetto ad altre, la lettura che vince su altre è quella che in fondo ci cambia, ci lascia il segno e ci fa amare per davvero tutto quello che ci ha trasmesso.“Mr Vertigo” è stata una scoperta personale dell’anno scorso, ero così infatuata della storia che l’ho lasciata dentro di me e non l’ho sfogata nero su bianco, ma è sempre ritornata con insistenza, con piacere ho riletto vertiginosamente questo piccolo gioiellino che ha riacceso quella voglia nascosta di volare a braccia aperte e di gridarlo al mondo intero.

-…Saremmo costretti a ribattezzarti Mr Vertigo.
- Mr che?
- Mr vertigini. Mr capogiro. Mr paura- di –volare.
- Io non ho paura di un bel niente. Lo sapete.

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A chi vuole avvicinarsi per la prima volta a uno scrittore eclettico come Paul Auster
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