Monoceros
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Un angelo triste.
Patrck è stufo.
Stufo della sua vita, stufo del perbenismo del contesto in cui è inserito, stufo della scritta "6 un frocio" che tinge di rosso il suo armadietto, stufo delle feci di cane congelate lanciategli addosso, stufo dello skateboard che finisce violentemente nelle acque del fiume ghiacciato, stufo di non vedere più ricambiato il suo amore.
Stufo.
E così in un ordinario Lunedì Patrick si impicca.
Monoceros inizia con il più tragico degli epiloghi. Il suo disagio diventa una costante, quello di Patrick che è uscito di scena e quello di tutte le persone che gli erano attorno, quelli che lo schernivano, quelli che lo ignoravano, quelli che non lo capivano.
Ed ecco Faraday, Max, Ginger, Petra, Gretta, Walter ed ecco tutti gli altri... Una costellazione di rabbia, indifferenza, senso di colpa, cattiveria e a volte sensibilità.
Monoceros non è un libro sul suicidio, non è nemmeno un romanzo sul male di vivere adolescenziale, sull'essere omosessuale o sulle difficoltà che la crescita comporta. L'autrice ci parla piuttosto dell'incomunicabilità, dell'incomprensione, dello squallore dell'ipocrisia: se c'è un solo effetto scatenato dal suicidio del protagonista, è quello di scardinare il quotidiano e di costringere tutti i personaggi chiamati in causa a un ripensamento su sé stessi e sul quotidiano. Un ripensamento di portata esistenziale.
Il linguaggio è schietto, crudo, nulla viene lasciato all'immaginazione.
Tutto è impresso su carta, su quella copertina in cui gli schizzi di sangue e un cuore ghiacciato fanno da padroni. E' tutto lì. Il cuore ghiacciato di Patrick, il cuore ghiacciato di un'umanità barbara e spesso meschina, un'umanità triste, ipocrita, incapace di comunicare, ma che ha ancora una via di salvezza, per quanto il terreno sia accidentato.
E allora ecco il messaggio della Mayr, un messaggio assolutamente universale: a volte basta poco per cambiare una vita, basta imparare ad ascoltare.