Middle England
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Recensione della Redazione QLibri
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Middle England, middle class, middle age.
Non c’è dubbio: Jonathan Coe è uno scrittore geniale, di sicuro uno dei migliori scrittori inglesi, che unisce al dono della narrativa una verve satirica e un’acuta capacità di analisi degli eventi sociali e politici del suo tempo.
Con il suo ultimo romanzo “Middle England” egli ci ripropone i personaggi de “La banda dei brocchi” e di “Circolo chiuso”, seguendoli nel corso degli ultimi otto anni del nuovo millennio. Siamo dunque di fronte a un Benjamin, un Doug e una Lois ormai giunti alla maturità, con tanti dubbi e tante ansie nient’affatto risolti. A Sophie, figlia di Lois, l’eredità complessa e confusa di un mondo caotico con poche certezze e tanti limiti.
Ciò che più sta a cuore a Coe è descrivere la situazione politica e sociale in cui si è trovata la Gran Bretagna dal 2010 ad oggi. A Doug il compito di denunciare la crisi e il declino del partito laburista, responsabile di aver causato l’impoverimento della media e piccola borghesia, lasciando immutati i privilegi di pochi. È Doug che riconosce, in un incontro con Ben, che la gente è stanca, rabbiosa e disgustata. Né le cose sembrano migliorare con l’avvento dei Tories di Cameron, sicuro di sé al punto da indire un referendum sulla Brexit, con l’impegno di restare a risolvere i problemi del paese nel caso d’un voto favorevole all’uscita della Gran Bretagna dall’Europa, promessa che non avrebbe mantenuto, lasciando a Theresa May il compito di rispettare la volontà popolare. Ed è attraverso i personaggi di Ben, Lois e Doug che possiamo constatare con quale drammatica consapevolezza si sia vissuta e si viva tuttora una decisione destinata ad avere un’influenza determinante sulla vita di ciascun individuo. La nazione sembra letteralmente divisa in due: da una parte c’è chi, come il padre di Lois e Ben, legato ancora ai ricordi del passato, vorrebbe che al suo paese fosse restituita quella sovranità che gli è stata tolta con la sua adesione all’Europa, dall’altra chi ritiene che far parte dell’Europa sia un’opportunità da non perdere. Ciò di cui tutti si rendono perfettamente conto è che la politica di austerità che l’Europa ha imposto ai suoi membri ha impoverito il paese, trasformando persino il territorio, in seguito alla chiusura di fabbriche e industrie per far posto a attività commerciali. “Un edificio non è solo un posto, non ti pare?” – dice Colin a suo figlio Ben – “E’ anche la gente. La gente che ci sta dentro […..] Se non produciamo niente, non abbiamo niente da vendere, perciò come faremo a sopravvivere?”
Ben, Doug e Lois vedono accentuarsi intorno a loro uno strisciante sentimento xenofobo e sovranista, aumentare l’intolleranza per l’avversario politico, atteggiamento che raggiunge il momento culminante con l’assassinio della deputata Jo Cox.
Pur mantenendo una posizione equilibrata ed equidistante verso la problematica della Brexit, sembra tuttavia che Coe lasci trasparire il suo rammarico di vedere il suo paese chiudersi nuovamente in un isolazionismo che ha comunque sempre caratterizzato la sua politica, pur riconoscendo che un’Europa così fondata su rigide regole economiche e nessuna politica comunitaria non può che vedere rinascere i nazionalismi e avviarsi ad una chiusura sempre più drastica delle frontiere. Cosa che non può che palesare il fallimento degli ideali sui quali l’Europa avrebbe dovuto fondarsi.
L’originalità di questo romanzo consiste proprio nell’aver messo l’accento su come la politica influisca in maniera determinante sulla vita dei singoli individui, con i suoi personaggi borghesi di mezz’età nell’ Inghiterra delle Midlands.
Middle England, Middle class, Middle age.
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Brexit ed altri errori
I personaggi sono gli stessi de “La banda dei Brocchi”, insieme a figli e nipoti, ma qui l’intreccio tra vicende private e sfondo storico-politico è più stringente. Coe riprende infatti la saga dei Trotter e dei personaggi che ruotano intorno a loro, proiettandoli, ormai cinquantenni, negli anni che precedono e seguono la Brexit (2010-2018). E forse “Brexit” sarebbe stato il titolo più adatto per quest’opera. Il tratto più politico del romanzo trova riscontro nei numerosi incontri di un componente della banda, Doug Anderton, giornalista vicino al Labour ma critico verso il partito, con Nigel Ives, uno dei responsabili della comunicazione del premier Cameron, che così diventa anch’egli protagonista del racconto. Del resto, l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue è stata anche effetto degli errori di valutazione della classe di governo.
Lo scrittore, infatti, sa dare corpo e anima a questo evento epocale, raccontandoci il suo farsi attraverso la vita quotidiana di uomini e donne, tra percezioni deformate della realtà, paura e sopravvalutazione del fenomeno immigratorio, facile propaganda populista, strampalate ma pervasive teorie complottiste, nostalgia di una presunta sovranità perduta, crisi industriale, mancanza di comunicazione tra intellettuali e popolo. Geniali le pagine dedicate alla cerimonia d’inaugurazione delle Olimpiadi di Londra del 2012, in cui per un attimo l’orgoglio sembra riunire la nazione e stemperare le divisioni, anche se l’adesione delle classi colte all’evento ha una matrice di tipo intellettualistico.
Protagonista, attraverso il clan dei Trotter, è questa classe medio-borghese, prevalentemente intellettuale, insediata nella Middle England, a Birmingham, dove più forte soffia il vento dell’”exit”. Un ceto che appare quantomeno corresponsabile di quello che accadrà.
(Segue qualche anticipazione sulla trama, indispensabile, a mio avviso, per un'analisi corretta).
Si prenda il personaggio di Sophie, la nipote del protagonista, Benjamin Trotter.
Ha rimproverato un’alunna in procinto di compiere la transizione sessuale con una domanda che poteva suonare equivoca. Gli studenti, capeggiati da Corrie Anderton, figlia di Doug, la mettono sotto processo, la accusano di omotransfobia, le fanno perdere il lavoro. Parte la macchina del fango alimentata dai social e dalle chat di gruppo: Coe sa cogliere con molto acume queste degenerazioni della moderna comunicazione. Il consiglio d’amministrazione si schiera subito vigliaccamente dalla loro parte. Perfino Emily Shanna, la presunta vittima di questo crimine inesistente, si scuserà con la docente, marcando le distanze tra sé e i persecutori della docente. Il pensiero corre all'equivoco lessicale che stronca la carriera accademica di Coleman in La macchia umana di Roth. Ma Sophie ha una inconfondibile peculiarità: pur essendo la vittima di un politicamente corretto spinto fino all'esasperazione e pur essendone consapevole, continua a giustificarlo e ad adottarlo nel suo rapporto con la realtà. Ha, infatti, un atteggiamento comprensivo nei confronti dei suoi contestatori: "C'è stato un fraintendimento, ecco tutto. Succede. E in ogni caso non ci vedo niente di folle ad avere rispetto per le minoranze". Inoltre, non vuole neanche prendere in considerazione le recriminazioni del marito Ian contro i dirigenti della scuola guida in cui lavora, che a suo avviso gli hanno preferito per la promozione una istruttrice di origine asiatica più per un pregiudizio razziale… alla rovescia che per meriti effettivi. E sarà proprio Ian, durante un litigio, a profetizzare l’esito referendario pro Brexit come conseguenza di questo drammatico distacco tra l'élite intellettuale cui Sophie appartiene e la massa della popolazione: "Vincerà chi vuole uscire. Lo sai perché?[...] Per quelli come te". Il romanzo accende così una spia nella mente del lettore e lo induce a ripensare a tutte le volte che questa separazione si ripeterà, dall’inaspettata ascesa di Trump alla presidenza Usa, alla vittoria del populismo e del sovranismo in Italia. Senza intervenire, Coe sa entrare nel vivo delle questioni che dividono gli inglesi e, dando voce alle due parti in conflitto, facendole collidere, suggerisce una chiave di lettura interessante della Brexit.
Ancora più incerto e discutibile l'atteggiamento di Doug, che cerca di convincere Coriander a ritirare la sua accusa contro Sophie, ma poi, di fronte al suo rifiuto, giunge alla conclusione che la propria generazione sia fin troppo moderata e che quello della figlia sia un esempio di coerenza da seguire. Meno male che, per una eterogenesi dei fini che lo scrittore sa manovrare con sapienza, da una lezione sbagliata Doug sappia ricavare una scelta giusta, visto che rompe gli indugi e va ad aggredire verbalmente Ronald Culpepper, ex compagno di scuola, divenuto un nazionalista fanatico che sta tessendo un’oscura trama di aggressioni contro i politici tiepidi nei confronti della Brexit, tra i quali Gail, la nuova compagna di Doug stesso, e rischia così di provocare altri lutti e altre morti, dopo quella della parlamentare Jo Cox.
Dunque Coe sembra ritrarre una generazione fatta di uomini e donne o ostinati e ciechi, o deboli e fragili, che avrebbero gli strumenti culturali per guidare la nazione, ma non ne sono all'altezza. Anche Ben, piccolo Oblomov in salsa inglese, galleggia nello spazio di solitudine in cui si è rinchiuso, continua a vagheggiare l’amore giovanile per Cicely, è protagonista grottesco di improbabili avventure erotiche, amante di abitazioni lontane dal caos urbano, vecchi mulini ristrutturati, preferibilmente sulle sponde di un fiume, tiepido e distratto spettatore delle vicende politiche. Eppure, inaspettatamente, proprio in lui si manifesterà una ribellione personale e privata alla piega che ha preso la storia. Convinto dal suo vecchio insegnante di lettere, fonderà una scuola di scrittura in Francia, dove andrà a vivere con la sorella Louis. Non a caso la chiamerà "La banda dei brocchi".
Un’alternativa alla Brexit dunque esiste: si chiama Europa, superamento dei confini nazionali, apertura non solo mentale, ma anche fisica, al di là degli angusti confini di una nazione che ha deciso, di fronte alle sfide della modernità, di chiudersi in se stessa. Il fatto che Coe abbia saputo frustare a sangue, con quel suo stile medio, ma facendo parlare i fatti e i dialoghi, incisivi e serrati, gli stessi fautori del ” remain”, non vuol dire che condivida le tesi isolazioniste. Come tutti i grandi scrittori, sa vedere contemporaneamente i diversi lati di una questione, riconoscerne la complessità, e continua a coltivare una sorta di sogno cosmopolitico, senza per questo imprecare contro il “popolo bue” che “vota male” alle elezioni e ai referendum. La stessa ambivalenza è racchiusa nella scelta di Benjamin di lasciare l'Inghilterra: resta in lui un legame fortissimo con la patria e con le sue tradizioni, simboleggiate, non a caso, data la sua passione per la musica, da una canzone popolare della vecchia Inghilterra che la madre morente gli aveva chiesto di cantare con lei.
La struttura è simile a quella dei grandi romanzi di Coe, ma l’accostamento di materiali linguistici eterogenei e il conseguente continuo mutare della voce narrante e dei punti di vista qui è più limitato e rappresentato da lettere, documenti politici e, in modo particolare, da un lungo monologo interiore, senza punteggiatura, di Ben, una sorta di bilancio conclusivo della sua vita di uomo, di scrittore e di amante, appagato in età matura da un rapporto sui generis ed inaspettato, e dalla pubblicazione del suo romanzo, ovviamente imperniato su Cicely. Scrittore di un unico libro, amante di un unico amore.
C’è da chiedersi perché la storia recente d’Italia, non meno interessante di quella inglese, tutt'altro, non abbia ancora trovato uno scrittore capace di raccontarla con la stessa passione civile. Forse i nostri autori preferiscono il racconto “indiretto”, sovente in chiave antropologica, delle vicende nazionali. Eppure nella nostra tradizione ci sarebbe, mutatis mutandis, il modello di Dante a cui attingere.
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Brexit si, Brexit no
Terzo capitolo della “saga” della famiglia Trotter. che fa seguito ai precedenti “La banda dei brocchi” ed “Il circolo chiuso”. In questo libro ritroviamo con vero piacere l’onnipresente Benjamin, la sorella Lois, gli amici di sempre, Doug, Philip, ai quali si aggiungono nuovi personaggi come Sophie, la nipote di Benjamin e figlia di Lois, e Charlie un amico di infanzia sempre di Benjamin. Anche il canovaccio adottato da Coe è sostanzialmente il medesimo: raccontare le vicende dei suoi protagonisti, che navigano a vele spiegate verso il traguardo della mezza età, dando allo stesso tempo molto spazio al contesto storico-politico in cui vivono. E mai come questa volta Coe sembra ribaltare questo impianto consolidato in cui si ha l’impressione che il vero protagonista del romanzo sia l’attualità politica appunto, nella quale si muovono sullo sfondo i suoi personaggi.
L’autore calca la mano su alcuni aspetti così tipicamente attuali vissuti dalla società inglese come “il senso di ingiustizia, il risentimento verso l’establishment politico e finanziario….la collera latente di una classe media che si era abituata a vivere negli agi e ora vedeva ciò che aveva conquistato sfuggirle di mano”. Queste sono le premesse in cui Coe descrive il fenomeno della Brexit, del referendum indetto dall’ex Primo Ministro Cameron (al quale non lesina critiche e sarcasmo facendo parlare i suoi personaggi) con gli esiti nefasti che oggi conosciamo. Dalla lettura emerge chiaramente come Benjamin & C., tutti contrari all’uscita dalla UE, subiscano in un modo o nell’altro la volontà popolare che si sente fortemente delusa e tradita da un’Europa che impone regole vincolanti e non pone freni al fenomeno migratorio che a parere di molti riduce il valore del mercato del lavoro rendendo disponibile molta manodopera a basso costo. Sarà proprio quella “middle England” del titolo, dove vive la parte più conservatrice, tradizionalista e critica della popolazione, a fare la differenza pro Brexit. Il risultato finale è ben descritto come un caos: “….Corriamo di qua e di là come polli decapitati. Nessuno ha la più pallida idea di quello che sta facendo……..Nessuno sa cosa sia la Brexit. Nessuno sa come attuarla”.
Libro consigliato dunque se non altro per le riflessioni così estremamente attuali e con diversi parallelismi a certi dibattiti politici del nostro paese, anche se, forse, l’attenzione di Coe verso la Brexit va parzialmente a discapito delle vicende narrate non sempre così spassose e divertenti come nei due libri precedenti.
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Presente inquietante, passato enigmatico...
Quel sentimento di rabbia ancora ovattato e silente nell’ epilogo di “ Numero undici “ deflagra prepotentemente in “ Middle England “, rappresentazione sociopolitica dell’ ultimo decennio di storia anglosassone.
Una narrazione originata dalla crisi finanziaria del 2008 generando impoverimento e rabbia tra la classe media, che prosegue negli scontri e nei disordini sociali del 2011, figli di un crescente odio contro immigrazione e minoranze etniche con la sensazione di uno scontro razziale imminente, attraversa la parentesi Olimpica del 2012, detonatore apparente, sconfina nel governo conservatore-nazionalista di Peter Camerun del 2015 disinnescato il vento laburista filoscozzese fino all’ imprevedibile e catastrofico epilogo della Brexit.
Da questo momento un’ altra Inghilterra, imprigionata tra rassegnazione, paura del futuro e disillusione per scadenze prossime ancora da definire.
Il romanzo alterna pubblico-privato ed il ritorno di alcuni personaggi de “ La banda dei brocchi “ e di“ Circolo chiuso “, oggi cinquantenni più o meno affermati, insabbiati nelle torbide vicende personali e nella vita politica del paese, con idee esistenti solo nella propria memoria, un passato ancora vivo con strascichi nel presente.
Benjamin e Lois sono fratelli che condividono un’ ossessione romantica durata trent’anni ed un amore bruscamente interrotto da trent’anni. Un destino vissuto tra mille difficoltà, lui rifugiatosi in un vecchio mulino ai confini del tempo per scrivere e pubblicare il romanzo di una vita, lei trascinatasi in un logorio lavorativo intristito da instabilità ed irresolutezza.
L’oggi riflette gli occhi e lo sguardo intenso di Sophie, figlia di Lois, trentenne insegnante di arte imprigionata in un matrimonio affrettato, alle prese con gli esiti della contemporaneità, la dissociazione passato-presente, l’ incomunicabilità nei confronti delle vecchie generazioni, instabilità affettiva ed emozionale, una sensibilità culturale che si scontra con commensali sordi e recalcitranti, accusata di una correttezza politica che spesso le impone l’ obbligo di un silenzio per nulla consolatorio.
Ecco la schizofrenia di un mondo narcisista ipersocializzato e falsamente includente, che inventa storie e stronca carriere, distorcendo e ripresentando parole e significati, con una sola speranza, ignorare l’ intera faccenda e ripiegare su una finzione disperata.
Di chi la colpa, di politici impreparati ed inconcludenti, di una classe dirigente elitaria che ha trasferito al paese i giuochi di potere dei tempi del college, di protagonisti assoggettati a un sistema di valori consolidato, imbrattati di matrimoni inconcludenti, personalismi, con famiglie monche ed inesistenti in un presente da tempo annunciato?
È ormai tardi e si raccolgono i cocci della Brexit, esito di un populismo e di un voto di pancia, imbrattato di paura, disinformazione, politica del terrore, contrapponendo il giovane modernismo di una metropoli cosmopolita all’ isolazionismo di una vecchia provincia tradizionalista.
L’ impossibile divenuto realtà all’ interno di un paese senza futuro ne’ via di fuga, ed allora non resta che guardare altrove e dentro di se’, rileggendo e riscrivendo la propria storia.
Figli di un passato utile ma anche paralizzante, la speranza accoglie Benjamin e Sophie che conoscono il bello e si sono nutriti di cultura, collaborazione, tolleranza, silenzio, ascolto, umanità, figli di una personale civiltà includente, che ha allontanato paura e sospetto sullo sfondo di due caratteristiche prettamente inglesi, vergogna ed imbarazzo.
Un romanzo pre e post Brexit, bomba destabilizzante, esito ineluttabile di una lunga inconcludenza.
Nel testo, per lunghi tratti, il respiro di Jonathan Coe, affresco di un’ epoca fondato sui protagonisti e le loro storie, tra vivacità intellettiva ed invenzioni narrative, dialoghi frizzanti, un velo di empatia intimista e momenti protratti di cronaca pura .
Di certo oggi si vive un’ altra epoca ed un’ altra storia, ( quanto sono lontani gli anni ’70 ) il grigiore, l’ appiattimento e la rabbia hanno scalzato e sostituito l’ incoscienza giovanile ed una certa creatività artistica ed intellettiva, ma in fondo i protagonisti della politica odierna sono per buona parte i figli di quell’ epoca e di quella storia.
Durante la lettura emergono, da parte dell’ autore e di alcuni protagonisti, momenti di nostalgia romantica per un passato sepolto e rassegnazione per un presente escludente, il futuro racchiuso nella flebile speranza delle generazioni a venire.