Narrativa straniera Romanzi Mediterraneo al levar del sole
 

Mediterraneo al levar del sole Mediterraneo al levar del sole

Mediterraneo al levar del sole

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Vagare sulle rive del Mediterraneo, pellegrini di libertà e bellezza, uniche dimensioni nella vita per non fare dell’uomo il carnefice di un altro uomo. Adriano Zograffi, il protagonista del romanzo, e i suoi amici, Mussa, Sara, Michele, Solomon, accettano, ognuno a suo modo, il confronto con l’”incanto del Mediterraneo”: Alessandria, Il Cairo, Beirut, Costantinopoli… L’apparente sconfitta dei personaggi non impedisce che lo splendore e la storia antica di fraternità, della gente del Mediterraneo, riversino nei loro cuori come “un pegno di amicizia celeste”. Il vecchio ebreo Mussa, nel suo incorreggibile infantilismo; la dolce/ferina Sara, prostituta per necessità e amore; Michele, che più degli altri vive l’incantesimo del mare; Solomon, ricco imprenditore, la cui amoralità non è priva di una profonda sapienza. Uomini e donne le cui povere esistenze si intrecciano in sogni irrealizzabili di felicità.



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Mediterraneo al levar del sole 2018-09-06 09:03:48 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    06 Settembre, 2018
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Voglia di nuovi mondi

Mediterraneo al levar del sole è scritto come un romanzo autobiografico ed è pieno dello spirito libero dell’autore, uomo onesto, affascinato dalla bellezza, incline a schivare tutti i lacci cui si assoggetta l’essere umano a partire da quelli famigliari, lavorativi e persino del ventre. La libertà prima di tutto, anche se mai a scapito dell’amicizia. Il libro è bello per lo spirito che lo pervade. La morale dell’autore è profondamente religiosa anche se poco vincolata alla religione per l’esigenza di fratellanza, solidarietà e amore che sono in lui una necessità naturale come per altri il cibo e le comodità. Istrati riesce a mettere un po’ di voglia di viaggiare, di vedere il mondo, di gustarne la bellezza anche a chi, come me, pare nato con le pantofole. Il Mediterraneo ha un fascino infinitamente superiore a quello di Sara la povera donna protagonista del romanzo.
“E’ così: non abbiamo niente da amare in questo giorno che comincia , nulla a casa, nulla fuori di casa, e nondimeno non vogliamo morire e non possiamo vivere di odio. Siamo dunque obbligati ad amare qualcosa: fosse pure un astro! L’oggetto d’amore, infatti, non ha nessuna importanza, è l’amore che è tutto.”
E’ bello il fatto che pur così intransigente con se stesso, Istrati/Adriano vola sopra le meschinità umane senza mai giudicare gli altri. Con l’esigenza, se mai, di capire.
“Per me il conflitto, gravissimo e costante, è altrove: è quando l’individuo buono, dolce e socievole, ma amante di quell’indipendenza che è libertà di muoversi, si volge contro la società che ha costruito la sua esistenza proprio sulla rinuncia di ciascuno alla libertà di muoversi”.
Istrati non nasconde nulla, nemmeno le contraddizioni del suo modo di vivere e dell’essere umano che colpiscono prima il suo amico Michele, guastato e costretto a scendere a patti, anzi a rinunciare a tutte le sue velleità di onestà e di libertà, corrotto dal mondo. E alla fine ognuno esce distrutto e sfigurato nel corpo ma soprattutto nell’anima dal confronto con il mondo di carne, sangue, soldi, interessi. Triste e bello il finale. Alla fine oltre all’anima il mondo manda in pezzi pure le illusioni e i sogni.

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I cardi del Baragan sono il libro più bello dell'autore che è tutto da leggere.
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