Mare di papaveri
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un popolo complesso
Considerato il più grande scrittore indiano in lingua inglese, quest’autore mi è stato consigliato in seguito all’opinione che ho espresso dopo la lettura di un romanzo di Sunjeev Sahota. Non conoscevo Ghosh e non sono certo che Mare di papaveri sia cronologicamente il romanzo più adatto per un approccio, ma è comunque il primo di una trilogia molto apprezzata.
Trasportato nella prima metà dell’ottocento in paesaggi esotici, in prossimità della foce del Gange, seguendo la narrazione, il lettore ha la possibilità di assorbire lentamente la complessità di un popolo singolare, religioso e superstizioso, assuefatto e guidato da dogmi che condizionano l’esistenza dei membri delle numerose caste sociali, ognuna delle quali occupa un posto definito su una scala di valori universalmente riconosciuta.
I numerosi personaggi sono distanti per formazione e vissuto, ma li accomuna un unico destino. Il loro futuro dipende dall’esito della traversata che affronteranno a bordo dell’Ibis, una goletta inglese acquistata da un ricco possidente e commerciante di oppio con lo scopo di trarre guadagno dalla deportazione di sventurati e derelitti in cerca di riscatto. Al di là del Nero Oceano, la loro meta sono le isole Mauritius.
Con piacevole poetica e minuzia descrittiva, Ghosh racconta una vicenda complessa e coinvolgente, descrive con dovizia di particolari le usanze terrene e le tecniche marinare, cercando di svelare e far comprendere almeno in parte le tradizioni di una popolazione eterogenea e straordinaria.
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UN'IMPROVVISA FOLLIA
Deeti, una vedova in fuga dalla famiglia del marito, solo quando sta per imbarcarvisi, capisce il perché ,molto tempo prima di conoscerne l’esistenza, l’Ibis, una goletta a due alberi, le sia apparsa in una miracolosa visione, mentre era immersa nelle acque del Gange: la nave è “padre-madre...l’antenata adottiva e progenitrice di stirpi a venire”. La Ibis è in effetti la vera protagonista di “Mare di papaveri” primo romanzo di una trilogia, nel quale Ghosh canta l’epopea della liberazione dell’India dal dominio inglese e dalle sue stesse tradizioni millenarie ed oppressive. Per questo a mettersi in viaggio per riappropriarsi di un’identità perduta e violata è un intero popolo di vittime oppresse: la povertà, il sopruso, l’iniquità di un sistema corrotto, accomunano in un tacito patto di solidarietà genti di etnie e lingue diverse, la contadine Deeti, il raja d’antichissima schiatta defraudato nei suoi beni e condannato ai lavori forzati, l’orfana francese appassionata di botanica costretta a sposare un vecchio giudice moralista e corrotto, il commissario di bordo dal corpo di donna, incarnazione della venerata zia defunta, e infine i lascari, il variopinto e variegato equipaggio di marinai d’ogni razza. Lo scrittore individua il significativo punto di trapasso fra l’India arcaica e l’India contemporanea in un preciso evento storico: il romanzo inizia infatti nel 1838, quindi la “guerra per l’Oppio “ imminente fra Gran Bretagna e Cina. fa da sfondo all’Odissea della Ibis. Il mare di papaveri accompagna così i profughi nel loro cammino lungo il Gange verso una meta ancora indefinita: i petali da cui si ricava la droga connotano ossessivamente il paesaggio dell’intero Paese,” il paradiso fumoso”, metaforica catena dalla ingannevoli virtù affrancatrici impossibili da spezzare. “Mari di papaveri” e’ un’opera di grande respiro, che, almeno agli occhi del lettore italiano non è in grado di coglierne la complessità linguistica derivante dalla mescolanza di idiomi inseriti nei dialoghi, aspira alla classicità del grande romanzo realista dell’8OO alla “Guerra e Pace”. Ma verso dove va l’India di oggi, o per meglio dire, dove va l’umanità con il suo carico di bizzarrie, passioni e odi? Gli esuli dell’Ibis hanno trovato scampo in uno spazio angusto dove lo scudiscio in mano al capitano oppiomane è l’unica legge vigente e dove non resta loro che contemplare la costa che si allontana con rimpianto: “nelle ceneri del passato di ognuno luccicano tizzoni di memoria ardente….facendo della loro presenza lì, nel ventre di una nave che stava per lanciarsi nell’abisso qualcosa di incomprensibile, di inspiegabile, se non come un’improvvisa follia”