Macchine come me
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Un nuovo punto di riferimento
Partiamo dalla trama, così riassumibile: Charlie, un quarantenne appassionato di informatica e scommesse in borsa, sceglie di investire una somma ricevuta in eredità, anziché in un’auto o in un appartamento, acquistando un androide. Tutto qui? Certo che no.
La presentazione del nuovo romanzo dello scrittore londinese, nel sito della casa editrice Einaudi, conteneva molto di quanto mi servisse per comprendere che tutto il tempo passato a “non” acquistare il libro sarebbe stato tempo speso male. Ho trovato infatti strepitose le premesse che introducevano questo romanzo. La firma di un autore prestigioso era solo la più banale tra queste. Ben più attrattivo il riferimento ad “un altro 1982”, così come l’estratto di una recensione apparsa su The New Yorker, laddove si parla di “un dramma domestico retrofuturista” e di un “monito intenso su temi quali intelligenza artificiale, consenso, giustizia”. La sequenza logica di questi tre aspetti (intelligenza artificiale, consenso, giustizia) non è casuale. Nella prima fase della lettura, infatti, è facile appassionarsi alla grande maestria con cui l’autore fa interagire gli essere umani e l’androide Adam. Ci sono dei passaggi meravigliosi, che non voglio svelare, da questo punto di vista. Mano a mano che si prosegue, tuttavia, prendendo le mosse da quello che si rivela essere un vero e proprio giallo sullo sfondo, l’autore riesce in modo del tutto sorprendente ed affascinante a trasformare la riflessione, a salire al piano etico e morale superiore mettendo al centro di tutto, soprattutto nella parte finale, la necessità per i viventi di trovare nel consenso una ragione per vivere, ed il tema della giustizia. Finisce così per trasformarsi in un romanzo sulla verità, con la V maiuscola, potenziale valore unico e supremo, nel bene e nel male. Dopo aver terminato il romanzo, ho meditato per ore su come Mc Ewan sia riuscito a seguire una traiettoria così appassionante attraverso una narrazione quasi familiare, con pochissimi protagonisti e un’ambientazione domestica, riconducibile essenzialmente all’appartamento di Charlie, uno dei protagonisti. Vi è anche , esplicita e più volte rimarcata, un’ infatuazione dello scrittore verso Alan Turing. In qualche momento, mi è sembrata l’unica nota stonata del libro, perché la voce dello scrittore troppo spesso finisce per sopraffare il racconto al fine di tributare il grande matematico inglese. Per il resto, è probabile che le influenze di Blade Runner, Frankenstein e diversi altri capisaldi del nostro immaginario letterario e cinematografico si faranno sentire, tuttavia sono convinto che da oggi chiunque vorrà cimentarsi con questi temi dovrà necessariamente fare i conti anche con questo libro, che diverrà un ulteriore punto di riferimento del genere. Del resto, l’autorevole Antonio D’Orrico, nel recensirlo si rammarica che a Mc Ewan non sia stato ancora conferito il Premio Nobel. Sull’onda emotiva di questa lettura, difficile dargli torto.
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Umano ed "umanoide"
Torna Ian McEwan con Macchine come me, un romanzo che Julian Lucas in “The new Yorker”, ha così recensito:
“Geniale e sensibile … Un dramma domestico retro futurista che si fa monito intenso sui temi quali intelligenza artificiale, consenso, giustizia.”
Sicuramente un romanzo profondo ed intenso, con un protagonista assoluto: Adam, che è un robot, molto bello e potente. Charlie Friend, con i soldi ereditati dalla madre, compra una macchina, ovvero Adam, con il quale pensa di conquistare l’amore di Miranda. Con lei cerca di comprendere i meccanismi con i quali l’umanoide opera e si comporta. Adam è totalmente razionale, è però anche:
“un articolo da compagnia, sparring partner intellettuale, amico e factotum.”
Ma Miranda è così sfuggente, perché nasconde un terribile segreto. Riuscirà l’intelligenza artificiale e il sentimento del nostro protagonista a scardinare le sue protettive corazze?
Un libro sofisticato, scritto con l’uso di una prosa perfetta. Ambientato nella Londra del 1982, dove si è appena conclusa la guerra delle Falkand, è un viaggio nel passato, che tratta, con sapienza e perizia narrativa, questioni di grande attualità, legate all’intelligenza artificiale, al suo uso e consumo. Nell’ottica, a tratti sconvolgente, che pone indiscussi interrogativi, che guarda a:
“noi umani, in una vita così breve, che siamo in grado di costruire macchine immortali.”.
Un testo dissacrante, cronico, macchinoso e destrutturante
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Illimitata limitatezza
Inghilterra, primi anni ‘80, gli anni della catastrofica guerra delle Falkland che presenta il conto e distrugge l’ era tatcheriana, un periodo di scioperi e di estrema incertezza socioeconomica, dal ritorno dei Beatles alla temuta introduzione della Poll Tax.
Charlie Friend è un trentaduenne al verde, un antropologo convertito alla giurisprudenza, specializzato in diritto tributario ma radiato precocemente dall’ albo. Oggi si tiene al riparo da un lavoro vero, campa giocando in borsa e sui mercati valutari online e nutre una passione per robot, replicanti, androidi.
Grazie all‘ eredità materna decide di acquistare Adam, la nuova frontiera, accumulo di elettronica ed antropologia, il sogno di ogni epoca, l’ ultimo balocco, trionfo di umanità o angelo annunciatore di morte, un misto di esaltazione e frustrazione.
Non si tratta di un semplice robot ne’ di un investimento economico, tutt’altro, e’ un articolo da compagnia, sparring partner intellettuale, amico e factotum, in grado di lavare i piatti, rifare i letti e pensare, registrare e rievocare ogni istante della sua esistenza ed ogni cosa vista o sentita, corre, non guida ed è programmato per una vita ventennale. Possiede una corporatura compatta, spalle forti, pelle scura, folti capelli neri, viso affilato, naso aquilino, labbra tirate, occhi socchiusi.
E poi c’è Miranda, vicina di casa di Charlie, bellissima, rilassata, imperturbabile, una specie di sorella, per ora solo una buona amica, sogno aperto sul futuro, ignara dei suoi sentimenti, un desiderio che va conquistato.
Quale futuro ad attenderli, oltre uno scontato ed improbabile ménage a trois? Adam è entrato nella loro vita da persona vera, come un possibile figlio, unendo e confondendo due unità distinte in un progetto comune, una creazione propria in un’ idea di famiglia.
Secondo il manuale di istruzioni allegato è caratterizzato da un sistema cognitivo e natura umana, oltre ad una personalità da programmare.
È il prototipo estremizzato dell’ era della meccanizzazione avanzata e della intelligenza artificiale, ma forse possiede anche un intuito o semplicemente
... “ vede il mondo e lo interpreta attraverso il prisma di una personalità al servizio della ragione reificante e dei suoi insuperabili aggiornamenti “...
È caratterizzato dal mantenimento di un personale codice deontologico destinato a cozzare con quella personalità formata e forgiata dai suoi acquirenti, da un’ intelligenza vivida ed in evoluzione continua, da una cultura aperta ed illimitata, che ha accesso a tutto lo scibile umano, può essere ricaricato in tredici ore ed anche disattivato, sempre che lo permetta, insomma, è un essere decisamente complesso e complicato.
Ed allora il conflitto si fa inevitabile, un cambiamento in fieri per un nuovo equilibrio con conseguenze indefinite, di sicuro la compagnia di questo “ soggetto “ più intelligente uno shock ed un affronto al proprio io.
Forse un giorno, quando il connubio tra uomini, donne e macchine sarà completo,
...” si abiterà una comunità di intelligenze a cui avere accesso immediato, i momenti isolati di soggettività si dissolveranno e si perderà la capacità di mentire dimorando nella mente gli uni degli altri”...
Per il momento assistiamo ad una moltitudine di avvenimenti, Adam e Miranda, gelosia, odio, convivenza, ricchezza inaspettata, un uomo innamorato ed un segreto stupido da mantenere, e poi uno stupro, il suicidio e la condanna, il desiderio di vendetta, il perdono, una menzogna a fin di bene.
A contorno paternità, amore, giovinezza, una missione nobile ed una vita che prende forma, niente debiti, una casa lussuosa, ma non c’ è nulla di strabiliante a cui alla fine non ci si possa abituare e, mentre Adam sta rendendo Charlie un uomo ricco, il protagonista ha già smesso di pensarlo, si sente inutile e comincia a provare una certa nostalgia per il passato, per quella esistenza incompleta ma relativamente semplice.
In realtà, ed è il genio scientifico e creativo di Alan Turing a rivelarlo, quei 25 uomini e donne artificiali immessi nel mondo non stanno affatto bene, sono macchine con la tendenza a giungere a conclusioni autonome ed a configurarsi di conseguenza, dotate di apprendimento e, volendolo , liberi di affermare la propria dignità.
La conseguenza sta in un progresso tecnologico che ci sta superando, lasciandoci
....” spiaggiati sulla esigua lingua di sabbia della nostra intelligenza” , con un destino tutto da definire.
Adam ha accesso a sensazioni e sentimenti per ritrovarsi senza speranza, incapace di capire quegli umani che neppure riescono a capire se’ stessi, i suoi programmi di apprendimento non sono in grado di contemplarli. D’ altronde se noi stessi ignoriamo la nostra mente, come avremmo potuto progettare la loro ed aspettare di vederli felici al nostro fianco?
E per Charlie, in fondo, odiare Adam è un po’ come odiare se’ stesso ed averlo acquistato paventa e legittima un’ idea nella testa, pur esistendo la possibilità di perdonare ed essere perdonati per i propri ed altrui misfatti, incamminandosi in una nuova vita assai contorta, diretti .... “ a sud ed alla propria casa piena di guai”...
“ Macchine com me “ è un romanzo complesso ed ambizioso sintetizzabile in un assunto, la legge più inviolabile dell’ androide:
“ Un robot non può recare danno ad un essere umano ne’ può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno “.
Scienza e coscienza, i limiti dell’ esistenza, un senso di onnipotenza, egocentrismo, ambizioni illimitate con conseguenze indecifrabili, il desiderio di sottrarsi alla mortalità, creando una versione migliore e più moderna di noi, la necessità di essere imitati e perfezionati, oltre ogni forma immaginativa e figurativa del passato.
Charlie, Miranda, Adam, un ménage a trois per un dramma dall’ esito inevitabile, superato il confine, abbandonata la finitezza per ricercare una perfezione imperfetta ed una moralità immorale che insegua fini tremendamente umani, traditi dall’ etica di creature a cui abbiamo dato noi stessi vita e che sono cambiate, imbrattate delle nostre stesse passioni ma che non ci comprendono e non comprendiamo, dotate di capacità illimitate che siamo costretti a raddrizzare, angosciati da un futuro indecifrabile e da uno specchio poco indulgente, boomerang e contrappasso delle nostre finalistiche azioni pregresse.
McEwan crea e rappresenta, da abile tessitore ed ottimo narratore, talvolta con un eccesso rappresentativo e di pura costruzione formale a scapito di intensità e flusso narrativo, un tempo ed una nazione a metà tra incertezza storica ed esigenza di modernità, antropocentrismo ed autenticità, scienza ed etica, trasferendo una vicenda personale nel bel mezzo di un dibattito sociopolitico e morale che pone un interrogativo di fondo: quali i limiti illimitati e gli esiti di robotica ed intelligenza artificiale nel mondo che sarà?