Lungo il fiume
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L'incesto- romanzo pro-aborto
Il romanzo di Edna è molto, molto bello ma con alcuni limiti che stanno nell'incipit, nell’excipit e nell'intento troppo vistosamente didascalico, nel senso che il romanzo è una specie di crociata dell’autrice pro-aborto. Sull'argomento io ho idee diverse, ma questo non influenza il mio parere sul romanzo.
Edna gioca a carte scoperte. Fin dal primo capitolo, assistiamo alla violenza sulla ragazzina e sappiamo cosa ci aspetta. Sempre nei primi capitoli un’estremista cattolica convoca una riunione di donne cui mostra le terribili immagini di un aborto e della morte del piccolo. Dalla riunione si evince di cosa parlerà il romanzo. Di aborto, e di violenza sulle donne in particolare del caso peggiore cioè l’incesto, di cosa resta da fare alla ragazza vittima di quell’”improbabile” crimine ( così viene definito nella riunione): cioè buttarsi nel fiume, quello del titolo.
La caratteristica di tutte le donne cattoliche del romanzo è di essere intransigenti e senza cuore in modo esageratamente caricaturale. Questo disturba un po’ la lettura anche perché i personaggi della piccola Mary, del padre, dell’amica, del preside ecc… sono tratteggiati con straordinaria finezza e sensibilità. Persino il personaggio del padre è reso molto bene con luci e ombre e aspetti infantili e molto verosimili della personalità, come bello è il suo rapporto con gli amici e con le altre persone del luogo.
Date le premesse, non avevo grandi aspettative sul romanzo, lo stile mi piaceva poco. Invece ho cambiato molto presto idea perché la parte centrale, che costituisce la maggior parte della storia, è bellissima. Personaggi teneri, vivi, delicatezza di tratto nella loro descrizione, insomma qualcosa di veramente bello.
Ci sono pagine toccanti come la lettera di Mary, quella in cui lei dice che avrebbe preferito vivere in città perché lì almeno se urli qualcuno ti sente.
Nel finale purtroppo il libro si trasforma in una vicenda giudiziaria con lotta dei buoni per permettere alla piccola Mary di abortire. In questa parte folleggiano le integraliste cattoliche, poco verosimili, quelle che mi avevano disturbato anche all'inizio del romanzo.
Avrei preferito una conclusione in linea con le idee dell’autrice ma senza tribunali e senza quelle donne caricaturali. Invece è bello che ci siano quei personaggi come la madre di Tara, normalmente ottusi, che accusano la bambina di essere lei la causa dei suoi guai. Secondo me il finale guasta un bellissimo romanzo che comunque resta un’ottima lettura.
In un certo senso la soluzione scelta è un po’ riduttiva. Come pensare che Mary potrà mai vivere compresa da quei compaesani? Avrei preferito un finale aperto sul vuoto esistenziale di Mary, che non rassicurasse troppo sul suo destino. In fondo, a un certo punto uno dei personaggi lo dice chiaramente: qui tutti sapevano, ma nessuno ha fatto niente perché non sapere è molto più comodo.