Lucernario
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Una finestra che 'vede' spaccati di vite diverse
“In tutte le anime, come in tutte le case, al di là della facciata c'è un interno nascosto” - Raul Brandao
Parole in dedica che stanno all'inizio di 'Lucernario', romanzo postumo di Saramago, uscito nel 2011, l'anno dopo la sua morte, pagine scritte negli anni '50 e andate poi perdute in una soffitta d'altri, dimenticate per decenni.
Ordunque, considerando che qua si raccontano le molte vite che abitano gli appartamenti di un condominio, è chiaro che di anfratti nascosti da scoprire e sviscerare se ne troveranno più d'uno...
Il libro è ambientato in una Lisbona di fine anni '40 - inizi '50, e presenta una trama quasi ottocentesca per la nitidezza con cui vengono descritte le anime dei vari personaggi, nonostante un autore ancora giovane, nemmeno trentenne, pertanto con una scrittura che a regola potrebbe essere piuttosto acerba mentre sul concreto, risulta di una eccellente finezza psicologica.
Il condominio è quello di un quartiere popolare non ben precisato della capitale portoghese ma, sebbene tutti i condomini del mondo si assomiglino per questioni interne di imbarazzanti convivenze, a volte anche tremendamente fastidiose, e nonostante i personaggi siano descritti quasi esclusivamente nell'intimo delle loro quattro mura, senza uscite in esterna se non quella di uno dei protagonisti maschili che si troverà a girovagare senza meta, di notte, sul finire del racconto, il sapore caratteristico della nazione spicca forte e nitido aiutato da una 'saudade' imprescindibilmente portoghese che trasuda da ogni volto, ogni stanza, ogni anfratto nonché dalle nostalgiche note del fado che fuoriesce da qualche finestra socchiusa, in lontananza.
Fascinosa è la descrizione di Piazza Rossio (già all'epoca una delle zone più vivaci e centro di ritrovo della cittadinanza) che rifulge di “pubblicità, una dopo l'altra, come stelle dell'Annunciazione” mentre “una carrozza con due cavalli, uno in azzurro e uno in bianco, sosta al lato della strada, le automobili sfrecciano sull'asfalto, e le grida dei venditori di giornali, e l'aria pura di libertà” danno l'idea del quartiere cittadino operoso, vivido e accaldato, quello della Baixa, in cui un Emilio finalmente lieve, si muove dopo la partenza della moglie e del figlioletto. Ecco, le vicende della famigliola formata da Emilio, Carmen ed Henriquinho, ad esempio, ci danno molto da pensare in quanto i conflitti tra marito e moglie e le sofferenze anche inconsce del piccolo di sei anni, sono sviscerate e raccontate con una psicologia narrativa paurosa, se teniamo conto della giovane età dello scrivente. E poi, perché no, ci danno pure da sorridere visto che l'autore in più momenti sottolinea il succo del vecchio e universale proverbio “moglie e buoi dei paesi tuoi” dato che Carmen è spagnola mentre il marito è un portoghese purosangue... “Dicevano i portoghesi che 'da Spagna nozze e venti, son sempre patimenti...' … Be', 'dal Portogallo, né marito né...'. Carmen non aveva abbastanza immaginazione per inventare un finale che corrispondesse a un maleficio lusitano, ma aveva ben presenti tutti i malefici che proliferavano al di qua della frontiera.”
Uno dei pezzi-forte del romanzo è il calzolaio Silvestre, l'inquilino del piano terra. Lui e la moglie Carmen sono due anziani coniugi che affittano per necessità una stanza al giovane Abel Nogueira il quale fugge dai tentacoli di una vita incasellata e ordinaria. Ecco, questi tre soggetti, ma più che altro i due uomini, fanno da perno ai molti ragionamenti filosofici sull'esistenza umana e sul senso e la gioia di vivere, ed è davvero un piacere leggere le loro conversazioni, non sempre concordi e paritarie.
Qualche piano sopra ci sono Isaura e Adriana, le due figlie trentenni di Candida, sorella di Amelia, queste ultime entrambe vedove attempate: vivono compostamente riunite nello stesso appartamento, avvinte dalla passione per la musica classica e per il cucito e, in pratica, perse in un mondo tutto loro, estraneo e lontano dai banali schemi comportamentali e di pensiero tipici delle femmine in presenza di un maschio.
E c'è la signorina Lidia, una trentatreenne non bellissima dallo sguardo fascinoso e accattivante. Quando esce e tacchetta giù per le scale condominiali, si porta dietro un'aurea di femminilità e sensualità che 'si taglia a fette' ma pure una grossa mole di invidia e malevolenza. Sono in molti ad ammirarla e invidiarla segretamente, i più dall'anonimato delle loro finestre, quando lei, girando per casa in libertà, appare dietro alla tendina di una delle finestre d'affaccio sul cortile interno, con addosso solo una vestaglia sensualmente sbottonata e le braccia nude e morbide, inconsapevole di essere spiata... E certo, la cosa più intrigante è che tutti i condomini 'sanno', ma fanno finta di non sapere, (ricordiamoci che siamo a fine anni '40) che tre volte a settimana Lidia riceve la visita del signor Morais, imprenditore cinquantenne che “non vuole problemi” e per questo le paga vitto e alloggio in centro, trattandola da vera signora.
Vi sono anche altri personaggi interessanti ma per non dilungarmi troppo ne lascio a voi l'eventuale scoperta, concludendo con il dire che 'Lucernario' può benissimo essere considerato un romanzo di persone, uno spaccato psicologico delle molte individualità umane e lo svisceramento dei ruoli e dei legami, sia d'amicizia che familiari. Sicuramente, pagine ove un lettore attento potrebbe anche trovarvi situazioni frequenti o magari anche personali, forse alcune scontate ma descritte comunque, con una finezza ed una economia narrativa davvero rara e, azzarderei, quasi risolutiva.