Lo spirito bambino
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Uno spirito premonitore
«[…] Quando in sogno mi addentro nelle tenebre della memoria, mi accorgo che, a mano mano che scendo in profondità, ritrovo i capi di mille fili collegati tra loro. È come spostarsi sott’acqua ad a gran velocità. Quando poi mi sveglio, però, il rumore della mente si insinua dappertutto e mi confonde.»
Banana Yoshimoto, autrice prolifica nota al grande pubblico per il suo “Kitchen”, torna in libreria con “Lo spirito bambino. Le strane storie di Fukiage, vol. 3”. Con quest’ultimo scritto ella riprende il filone che già aveva avviato con i precedenti volumi della serie e in particolare si concentra sul misticismo, sugli spiriti, sui desideri e sulla costante e continua ricerca che attanaglia e accompagna l’essere umano nel suo percorso di vita. Per definizione i suoi libri sono viaggi nei viaggi, viaggi metaforici quanto empatici che suscitano riflessione sia che li si ami che non.
In “Lo spirito bambino” conosciamo una strana presenza che si aggira all’interno della casa di Misuzu. Per quest’ultima la visione del bambino altro non è che il preludio della gravidanza che si ritrova ad aspettare e a desiderare, o, ancora, è il ricordo di un passato ormai lontano e doloroso. Al contempo Mimi continua a vivere a Fukiage, è immersa in quella che è la quotidianità dell’atmosfera familiare della casa di Isamu e della calma propria di questa cittadina tra mare e monti.
«[…] E alla base di quella sensazione c’era la percezione di un respiro che abbraccia il mondo intero di un tempo creato dall’uomo per isolarsi da tutti gli altri esseri viventi.»
Mimi e Kodachi, le sorelle gemelle cresciute da una coppia di amici dei genitori dopo che il padre è rimasto ucciso in un incidente stradale e la madre mai è uscita dal coma a cui è dedicata la serie delle strane storie di Fukiage, si propongono tra queste pagine al lettore con genuina spontaneità e nuovamente offrono spunti di meditazione sulla vita, l’esistere, il sopravvivere e il vivere. Al contempo, lo spirito, è metafora del ricordo, della perdita, del dolore ma anche del ritrovare e ritrovarsi soprattutto quando i legami sono stati spezzati dallo scorrere del tempo.
Alla soglia dei suoi sessant’anni Banana Yoshimoto torna in libreria con un romanzo caratterizzato dallo stile fresco, semplice ed originale che rimanda all’impostazione dei manga. Negli anni la Yoshimoto è fortemente cresciuta e ha iniziato a dedicarsi anche a temi più complessi e più adulti che si distaccano da quelli con cui l’abbiamo conosciuta soprattutto nei romanzi d’esordio. Questo senza però mai perdere quello che è il suo tratto distintivo.
“Lo spirito bambino. Le strane storie di Fukiage, vol. 3” è certamente un romanzo di transizione. Non può definirsi uno scritto indimenticabile, in alcuni passaggi non è immediato, in altri resta sul vago ma è comunque un componimento che arricchisce la serie e dimostra gli intenti di maggiore maturità e crescita della narratrice.
«[…] Lamenti, parole di conforto e altre dette per gioco erano solo onde sonore. Così era la vita. Chi non è in forma può solo star peggio nel sentire gli altri che si lamentano. Ma quando la macchina funziona alla perfezione possiamo permetterci una certa leggerezza. Basta che il cielo sia sereno e le stelle ben visibili.»