Lo smemorato di Tapiola
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Lo smemorato di Tapiola
Con scrittura leggera e ritmo arguto, il finlandese Paasilinna racconta una storia che spinge spesso al sorriso e si legge in breve tempo con notevole allegria. Niente di trascendentale, per carità, e anche a parecchia distanza qualitativa da ‘Il mugnaio urlante’, ma questo libro regala comunque qualche ora di piacevole intrattenimento in compagnia di personaggi che, come accade spesso con questo autore, sono degli stravaganti o, quantomeno, vivono ai margini della società per un motivo o per l’altro. Lo smemorato del titolo italiano è Taavetti Rytkönen, un anziano affetto da demenza senile in cui si imbatte (perché gli ostruisce la strada cercando di farsi il nodo alla cravatta) il tassista Seppo Sorjonen. Quest’ultimo, stufo del mestiere, finisce ben presto per licenziarsi e mettersi a scorrazzare, a meta tra l’autista e il badante, con il suo casuale compagno – che, per fortuna, prima dell’amnesia decisiva aveva prelevato una bella sommetta - in un viaggio estivo verso nord che risveglierà vecchi ricordi militari (la memoria dell’arzillo vecchietto è presbite), vedrà la sistematica distruzione della fattoria di uno scorbutico commilitone e si concluderà in una caccia al toro condita da pantagrueliche mangiate con cucina balcanica davanti a un gruppo di affamatissime vegetariane francesi. Come si può vedere, di spunti ce ne sono parecchi – altri ancora sono dispersi qua e là segnando le svolte della vicenda – e se non tutti possono dirsi riusciti alla stessa maniera, contribuiscono comunque alla brillantezza complessiva. Nel complesso, la parte migliore è la prima, più ricca di variazioni e forte di un andamento scanzonato favorito dai vuoti di memoria di Taavetti: quando questi ultimi scivolano via dal centro dell’attenzione in favore delle ossessioni del contadino Mäkitalo – il tizio che ha fatto la guerra con Rytkönen - o dell’avventura venatoria, la tensione un po’ cala mentre si passa dalle avventure della (sbilenca) coppia a una sorta di narrazione corale. Qua e là inizia anche a farsi notare qualche ripetizione, come se lo scrittore,una volta esaurito l’abbrivio dello spunto iniziale non sapesse più bene dove andare a parare. Da cui, ad esempio, l’episodio delle transalpine suddette, insolitamente crudele in un libro che ha uno sguardo affettuoso per tutti (compreso un disadattato abbastanza pericoloso come Mäkitalo) e che tende a giustificare il sospetto che si tratti di una sorta di riempitivo. E’ invece affascinante, in questo terzo e ultimo segmento, l’ambientazione all’aria aperta nella breve estate finlandese, tra la sponda di un lago tanquillo e tiepido (per la latitudine, si suppone) e il fitto bosco in cui si nascondono i tori, protagonisti di alcuni capitoli e che, alla fine, spiace vedere abbattuti invece di esser lasciati tranquilli a godersi la libertà che si sono conquistata. A questo punto, arriva una conclusione un po’ improvvisa nella quale, però, tutti vivono felici e contenti a conferma del tono lieve, quasi favolistico, che contraddistingue tutto il romanzo.