Lo scherzo
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L'ottimismo è l'oppio dei popoli!
“L’ottimismo è l’oppio dei popoli!”, con queste parole scritte su un bigliettino appunto per scherzo, Ludvik, il protagonista del romanzo vedrà la sua vita completamente devastata, trasformata: subirà un giudizio pubblico da parte di un Comitato del partito comunista (“Pensi che si possa edificare il socialismo senza l’ottimismo?...Sarei curioso di sapere cosa direbbero i nostri lavoratori e i nostri operai modello...se venissero a sapere che il loro ottimismo è oppio”), quindi l’espulsione dall’università e dal partito stesso. Emarginato ed obbligato ad un servizio di leva prolungato coverà dentro di sé il germe della vendetta nei confronti di quell’ex amico colpevole di avere contribuito alla sua rovina.
Questa in sintesi è la sinossi dello Scherzo, uno dei primi libri di Kundera, dal contenuto fortemente politico, nel quale la denuncia nei confronti del Partito Comunista è forte, dove la dimensione pubblica che penetra nel privato delle persone, riesce a trasformarle da dentro a condizionarle. Kundera costruisce una storia stratificata a più voci, in cui diversi personaggi si alternano con monologhi che si perdono nei ricordi della giovinezza, nei quali le storie private di amori vissuti e non vissuti vanno a braccetto con la politica in una Cecoslovacchia prima esaltata dalla vittoria del socialismo nell’immediato dopoguerra e quindi rassegnata ad una realtà fatta di aspettative che non trovano realizzazione. Ludvik, Helena, Jaroslav, sono le principali voci narranti, ognuno a modo suo in cerca di un riscatto che non arriverà, ognuno attaccato ad un passato che non esiste più nei confronti del quale la nostalgia è molto intensa, ma che sopravvive come realtà di facciata in quelle manifestazioni folkloristiche che trovano giustificazione in un mondo oramai dimenticato (“ogni cosa sarà dimenticata e a nulla sarà posto rimedio”).
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Kundera come sempre narra magnificamente, racconta e filosofeggia, ci fa riflettere su quanto l’ideologia ed il fanatismo politico possano condizionare la vita delle persone. Ci ricorda che alla fine il tempo passa ed il desiderio di vendetta, che sembra essere l’unica vera ragione di legame col passato, si affievolisca e diventi inconsistente a distanza di anni (“Rinviata, la vendetta, si trasforma in qualcosa di ingannevole, in una religione personale”). I personaggi kunderiani hanno la caratteristica di essere estremamente reali e convincenti, sono visti nelle loro debolezze e fragilità. Tra questi talvolta alcuni si stagliano però come simboli di purezza e di candore, come nel caso di Lucie, legata alla gioventù di Ludvik ed avvolta da un passato misterioso e doloroso che progressivamente si svela e riesce a portare un senso di pace e serenità nella vita del protagonista.
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Il tempo scorre incurante
Nel 1948 Ludvik Jahn, assorbito dalle lezioni universitarie e dalle riunioni dei giovani comunisti, trovò rifugio tra le braccia della studentessa Marketa. L'entusiasmo e l'adesione a tutto ciò che il partito le proponeva, spinsero Ludvik a beffarsi, per puro scherzo, delle sue idee e del partito stesso. Quel semplice gesto ironico stravolse completamente la sua vita. Espulso dal partito e allontanato dagli amici più cari, il giovane Ludvik abbandonò la Praga del dopoguerra e divenne prigioniero politico. Trascorse anni bui, rischiarati dalle visite occasionali alla bella Lucie, il cui passato tuttavia ostacolò il rapporto con Ludvik. Sulla scia di questa vicenda si intrecciano storie di altri personaggi, tra i quali Jaroslav e Kostka, vecchie conoscenze del protagonista. L'autore compie una sorta di salto temporale, conducendoci negli anni Sessanta quando Ludvik, ormai adulto, cerca vendetta per la sua sorte. Una vendetta mai assaporata. Il tempo ha cambiato tutto ed è inutile lottare contro di esso.
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L'indecifrabilità del caso
“Quella strana convinzione che le vicende che mi capitano abbiano un senso ulteriore, significhino qualcosa; che la vita con le sue vicende racconti qualcosa di sé, ci sveli gradatamente qualche suo segreto, stia davanti a noi come un rebus il cui senso è necessario decifrare, e le vicende che viviamo siano la mitologia della nostra vita e in questa mitologia stia la chiave della verità, e del mistero. Si tratta forse di un inganno? È possibile, è addirittura probabile, ma non riesco a sbarazzarmi del bisogno di decifrare continuamente la mia vita.”
Quando, alla fine degli anni Quaranta, lo studente Ludvik Jahn aveva spedito a Marketa una cartolina che si burlava dell’ottimismo comunista, egli non avrebbe mai immaginato che quello stupido scherzo avrebbe dato inizio ad un simile viaggio. Espulso dal partito per iniziativa di Zemanek, persa la possibilità di studiare all’Università e costretto a lavorare in miniera, Ludvik vede la sua vita precipitare rapidamente verso un baratro da cui non riesce ad uscire. Chiuso nella sua incomprensione e obbligato alla finzione sociale della vita quotidiana, egli sembra trovare un varco nella mistica figura di Lucie: i due si innamorano, sono persino invidiati da tutti i compagni del ragazzo. Tuttavia, il loro sentimento non si rivela abbastanza profondo, o forse è troppo nascosto nei recessi profondi per rivelarsi: i due amanti sembrano non riuscire mai a toccarsi davvero, poiché Ludvik sembra non esser in grado di afferrare l’anima paurosa della ragazza e Lucie sembra non esser in grado di abbracciare liberamente il corpo del ragazzo. Incatenati nella loro alterità, i due si lasciano e poco dopo Ludvik va in prigione.
I due si incontreranno di nuovo molti anni dopo, negli anni Sessanta, ma sarà solo un attimo fugace, senza ripercussioni. I due sono ormai troppo diversi e Ludvik, tornato al suo paese, viene in contatto con voci che ci erano state già sporadicamente presentate nella prima parte del romanzo. Anche qui abbiamo una storia d’amore, ma la situazione, rispetto alla storia con Lucie, è nettamente differente. Il giovane seduce infatti Helena, la moglie insoddisfatta del suo vecchio nemico Zemanek, col solo scopo di vendicarsi di quest’ultimo. Tuttavia, sembra intervenire un nuovo scherzo del destino: non solo la vendetta risulta un fallimento, essendo anche il rivale ormai disinteressato alla moglie, ma si rivela persino una beffa, poiché la donna si innamora di lui, giungendo ad un tragicomico tentativo di suicidio, scongiurato ancora dal caso.
“Ma allora, chi aveva sbagliato? La storia stessa? Quella divina, quella razionale? Ma perché, in fondo, considerarli suoi errori? Appare così solo alla mia ragione umana, ma se la storia ha realmente una ragione, perché mai dovrebbe essere una ragione che si preoccupa della comprensione umana, una ragione con la serietà di un professore? E se la storia scherzasse? E in quel momento mi resi conto di quanto fosse impotente il mio desiderio di revocare il mio scherzo, quando io stesso e tutta la mia vita eravamo compresi in uno scherzo molto più vasto (per me senza fine) assolutamente irrevocabile.”
Nel finale, dunque, Ludvik torna da un vecchio amico incontrato poco prima, Jaroslav: anche costui, nella ricchezza e nella prosperità, aveva visto deluse tutte le sue aspettative nel figlio e aveva visto crollare tutto quanto aveva cercato di costruire con buone intenzioni. L’indecifrabilità del caso e dei suoi eventi spinge i due amici a riunirsi. Ludvik decide dunque di abbandonare le sue domande irrisolte e le sue turbe mentali, riscoprendo sé stesso nelle sue radici, nei valori che aveva sempre allontanato da sé, nella troppo scontata semplicità di una vita fatta di musica e feste:
“All'improvviso mi venne voglia di mandare tutto al diavolo. Di andare via e smetterla di preoccuparmi di tutto. Non voglio più restare in questo mondo di cose materiali che non capisco e che mi ingannano. Esiste anche un mondo diverso. Un mondo nel quale mi sento a casa e nel quale mi ritrovo.”
Quando tutto sembra volgere per il meglio interviene ancora un nuovo scherzo del caso: alla vista dei giovani ubriachi e festaioli, Jaroslav è preso da una disperazione che ben presto si traduce in un malore. Così, tra l’incipiente riscoperta di sé di Ludvik e l’incapacità di lasciarsi cadere nell’oblio di Jaroslav, si chiude il romanzo, lasciando aperte tutte le domande sul rapporto tra l’uomo e la Storia, tra l’uomo e la vita, tra l’uomo e il caso.