Lila
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Perché le cose succedono come succedono?
Nell'esperienza di ogni lettore ci sono libri che sono piaciuti molto o poco, libri che hanno aiutato a comprendere delle cose, libri che sono stati dimenticati in fretta e altri che invece hanno accompagnato delle riflessioni per anni... E poi ci sono i libri che hai amato, che ti sono entrati nel cuore attraverso la mente e che vorresti leggere e rileggere più volte per ripercorrere quelle emozioni e quei pensieri che ti hanno ispirato: ecco, “Lila” per me può essere annoverato fra questi ultimi.
Siamo nell'Iowa, nella piccola cittadina di Gilead, negli anni successivi alla Grande Depressione, quando una giovane donna di passaggio entra in Chiesa per ripararsi dalla pioggia battente. L'anziano pastore calvinista sta predicando in quel momento, ma all'improvviso incontra lo sguardo della donna: i due si guardano e si vedono, si riconoscono. Da quel momento le loro esistenze saranno toccate inaspettatamente dalla grazia, avranno finalmente la possibilità di gioire del conforto di una famiglia e del calore dell'amore dopo aver vissuto, fino a quel momento, nella solitudine.
“Lila” fa parte della trilogia scritta da Marilynne Robinson, di cui fanno parte anche “Casa” e “Gilead”. In questo romanzo (l'ultimo in ordine cronologico ad essere stato pubblicato) l'autrice si concentra sulla figura della moglie del vecchio predicatore John Ames: è scritto in terza persona e ci racconta, in un originale alternarsi dei piani temporali che seguono i pensieri e i ricordi della protagonista, la storia di Lila. Si tratta di un'esistenza particolarmente segnata da esperienze dure, difficili, a volte incomprensibili. Ma Lila non riesce, non può rassegnarsi alla solitudine, al dolore, alla vergogna, senza sentire il richiamo di qualcos'altro.
«Lui si strinse nelle spalle. - Ma visto che è qui, forse potrebbe raccontarmi qualcosa di sé?
Lei scosse il capo. - Di questo non parlo. É solo che ultimamente mi sono chiesta perché le cose succedono come succedono.»
Lila si pone delle domande, cerca di comprendere il profondo mistero che si cela nella vita di ogni persona. Chi mai potrà arrivare a dare delle risposte convincenti? La stessa fede spesso apre inquietanti interrogativi più che spiegare tutto.
Rimane la dolcezza di un incontro, il conforto dell'amore, la gioia inattesa della maternità, mentre continuiamo a vivere sfiorando soltanto il mistero dell'esistenza.
Una lettura meravigliosa, in grado di regalare emozioni profonde e far riflettere attraverso la sensibilità sapiente dell'autrice.
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Il mistero dell'esistenza
Leggere Marilynne Robinson è sempre un'esperienza emozionante.
Benché mi sia parso "Lila" non ai livelli altissimi e difficilmente raggiungibili di "Casa" e di "Gilead" , gli altri due testi della celebre trilogia, mi rendo conto comunque che con questa scrittrice siamo ai vertici della letteratura americana contemporanea, e non solo.
Gli accadimenti narrati nell'opera si collocano cronologicamente prima rispetto alla situazione ormai stabilizzata di "Gilead", con il figlio già di sette anni e la giovane moglie del pastore d'anime piuttosto integrata nella famiglia e nella comunità del paese.
In "Lila", la protagonista in primo piano è lei : dalla tormentata infanzia alle dure esperienze cui la vita la sottopone ; poi un raggio di luce, e per lei significa una svolta nell' esistenza.
Si tratta di una storia durissima. La stessa Lila dice: "Per me la vergogna è un'abitudine, l'unica cosa che provo tranne quando sono sola".
La Robinson, però, non è affatto paladina di certo neo-nichilismo. Anzi, c'è sempre una scintilla ad illuminare, come dall'interno, anche le sue pagine più scure.
Già nella buia infanzia, alla domanda della bambina "E cosa siamo, allora?" , la vecchia Doll le aveva risposto: "Siamo persone, e basta".
L'uscita dal tunnel è graduale e non facile. La giovane e intelligente protagonista "imparò che cos'era il decoro senza che nessuno le spiegasse che esisteva una parola per definirlo" ; "la campagna era sempre stata solo lavoro (...). Ora notò la tenue luce sulle foglie..." .
E scoprire che "a qualcuno importava se restavo o andavo via" non è già il preludio di una specie di felicità?
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Letteratura d'autore ; letteratura contemporanea nord-americana.
Due anime stanche
Una lettura fondamentalmente intimistica, che parla di fede, di colpa, di redenzione e gi grazia e che è di fatto principalmente incentrata sull’impatto che la religione ha nella vita delle persone. E’ una tematica che non sento particolarmente vicina, pertanto la lettura a me è sembrata un po’ ostica, soprattutto a livello di contenuti. Mi è piaciuto il personaggio di Lila, abituata alla solitudine, dura ed orgogliosa. Ho apprezzato meno il personaggio del reverendo, molto più difficile da capire. In tutta la lettura mi è sembrato diffuso il senso di malinconia ed un grande intimismo in cui, di fatto, non mi andava di entrare.
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"Non riesco ad amarti quanto ti amo"
Siamo a Gilead, in America, negli anni della Grande Depressione. Lila è cresciuta tra vagabondi e prostitute, tra campi di mais e alloggi di fortuna; ha venduto il suo corpo in un bordello, ha lavorato come donna delle pulizie, ha imparato a leggere ma soprattutto ha dovuto imparare a sopravvivere. Lila conserva con affetto pochi oggetti: uno scialle, un vestito, un cappotto e un coltello. "Altri avevano case e città e nomi e cimiteri. Lei aveva solo quel coltello. E la paura e le solitudine e il rimpianto". Sono i regali e i ricordi che la legano a Doll, una senza tetto che l'ha rapita quando Lila era una bambina gracile, piena di graffi e croste, trascurata e denutrita. Doll è stata per lei una madre, le ha dato affetto, le ha insegnato a vivere, l'ha difesa fino a macchiarsi di un delitto. L'esistenza di Lila ha una svolta quando, spaventata e sola, in un giorno di pioggia entra in una chiesa e vede l'anziano predicatore John Ames: i loro sguardi si incrociano e i loro destini da quel momento si uniscono. Ames la accoglie come se la conoscesse da sempre, si prende cura di lei con dolcezza, rispetto e fiducia. Due vite piene di ferite aperte si incontrano e si curano a vicenda con le uniche medicine che possono guarire l'anima: l'amore e la fede. Il reverendo vede in Lila la grazia che Dio gli ha concesso dopo troppi lutti e tanta solitudine. Lila vede in John tutto ciò che le è sempre mancato: un padre, un marito, una casa, una famiglia. John resta colpito dalle domande di Lila sul senso della vita, sul perché della sofferenza; si commuove di fronte alla profondità delle sue riflessioni e alla genuinità e generosità delle sue azioni. Lila e John concepiscono un figlio: il dono più bello e più grande che entrambi potessero desiderare. Lila vive la gravidanza in uno stato di grazia, custodisce nel grembo il suo bambino, lo coccola abbracciandosi il pancione, parla con lui raccontandogli i suoi pensieri, confidandogli ricordi e segreti. John, già avanti negli anni, non si cura dei giudizi della gente, si fida di Lila, la protegge e la ama incondizionatamente.
Marilynne Robinson è un'autrice calvinista, nelle sue pagine si respira una fede autentica, non urlata da un pulpito, ma sussurrata tra le mura domestiche. Lila è un personaggio che prende vita pagina dopo pagina tra luci e ombre, tra presente e passato, tra dati oggettivi e ricordi. La scrittura della Robinson è poetica, evocativa, profonda e impreziosita da citazioni bibliche (mai disturbanti perché sempre funzionali al racconto e alla caratterizzazione dei personaggi).
Ho trovato questo romanzo molto toccante, profondo, terapeutico. Lo consiglio a chi desidera prendersi una pausa di riflessione, un po' di tempo per meditare su ciò che serbiamo nell'intimo e spesso, gelosamente, custodiamo; solo quando un'anima incontra ascolto e rispetto può lasciarsi accogliere ed amare e "questo è uno dei pochi lati buoni della vita: nessuno ti può conoscere se non glielo permetti".
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La colpa e la grazia
Questo è il mio primo romanzo della Robinson ma non sarà certo l'ultimo. Un libro bellissimo, molto religioso ma la religiosità dell'autrice non è d'ostacolo alla lettura anzi dona al lettore una visione del mondo gentile e rasserenante, è uno di quei libri che ti fanno sentire meglio. Lo spirito dell'autrice ricorda A. Tyler e la Strout, quelle donne tenere, gentili ma mai melense che sembra abbiano una bacchetta magica al posto della penna e che riescono a rendere migliore tutto quello che toccano. Questo romanzo non è mai banale e la storia scorre allo stesso tempo piacevole, rasserenante e profonda. L'umanità, qualcosa ormai scomparsa dalla faccia della terra non solo dalla letteratura, sembra esistere alla luce della grazia di Dio. C'è una tregua alla solitudine e all'esilio dal genere umano, al senso di colpa e di inadeguatezza. La tregua è regalata ai due protagonisti dalla tenerezza che arriva come dono insperato e inatteso dalle mani dell'uomo ma probabilmente come regalo di Dio. Lila è un personaggio molto bello, una ragazza ruvida che ha fatto una vita randagia, ma profonda per l'intensità degli affetti e dei legami. In primo luogo, è attaccata a Doll, la donna che l'ha rapita in fasce da una famiglia probabilmente inadeguata e accudita, poi al marito. Lila è una creatura molto selvatica e diffidente, allo stesso tempo capace di amore e delicatezza. Non so come la Robinson abbia potuto descrivere così bene la vita nomade come se l'avesse sempre fatta. Fa venire al lettore voglia di quel tipo di vita: intorno al fuoco, nei campi di mais. Le poche cose che si possiedono diventano importanti: lo scialle consunto, il coltello, un fiore. E' bello il rapporto con la natura e leggendo sembra di essere in un campo e di sentire l'odore dell'erba e il fruscio delle foglie. La Robinson riesce a descrivere la solitudine nella sua tristezza e allo stesso tempo dà l'idea del suo fascino e del richiamo che continua a esercitare. L'essere più tenero dopo averla conosciuta resta per sempre in parte selvatico come un lupo, quindi tentato dalla fuga, sensibile al richiamo dei campi e del fiume. Il rapporto con la natura è stretto, caratterizzato dal desiderio di essere come un fiore in un campo o un uccello nell'aria senza radici e senza una dimora fissa di mattoni. Allo stesso tempo rende l'idea dell'importanza di avere intorno dei mattoni, una stufa, dei biscotti, del te, un albero di Natale tante piccole cose che insieme al calore umano rendono una vita più sopportabile.
Il romanzo è bellissimo.
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Rinascite
Marilyne Robinson è una donna, di fede protestante calvinista, che scopro sapiente autrice di una scrittura spirituale, commovente e pacificata, nella storia di formazione . La protagonista, voce narrante, si trova a Gilead, luogo immaginario e biblico del Midwest, nel 1956.
Il romanzo racconta le nascite di Lila: la prima volta, in una capanna senza amore; in seguito, nella notte in cui Doll, dissidente, esclusa e separata sociale, la porta via avvolta nel suo grande e lurido scialle. Lila è coinvolta in relazioni pericolose, diverse, inquietanti: insieme a Doll, la vagabonda che l’ha tirata su, incontro i suoi compagni derelitti, in cerca di approdo, i miserabili e le prostitute che elemosinano e trovano il senso del prossimo, sopravvivendo alla Grande Depressione.
Lila nasce di nuovo nella notte piovosa e gelida in cui trova rifugio in una chiesa. Viene rimessa al mondo dalla nascita di suo figlio e dalla relazione con padre John Ames, settantenne pastore congregazionalista riservato e colto, amico del reverendo Robert Boughton, pastore presbiteriano. Un vecchio con una casa piena di libri e Lila, al riparo, ricuce la vita e, da pazza, ignorante e perduta, si ritrova donna incinta, creatura di gioia e di tenera saggezza.
Perché la vita è così com’è?: è la domanda dalla quale originano riflessioni e convincimenti di tutti i personaggi i quali, accogliendo l’incontro, si assolvono e si salvano l’un l’altro. Mi attrae questa storia di vite dolorose e in disgrazia ma, serrate e confidenti, guidate dalla volontà e dalla meraviglia della coscienza. E imparo a riconoscere le vite belle attraverso la tristezza, la difficoltà, la fatica.
Le persone che non si amano chiedono agli altri un risarcimento a vita, attraverso richieste aggressive di riconoscimento, anche nel pianto. Il coltello che Lila nasconde, metaforicamente appartiene a tutti i personaggi e ricorda la minaccia perpetua della lacerazione, della separazione, dell’uccisione. Il recidere ossessivo diviene licenza di scappare e di sospendere per prevedere l’abbandono.
Invece, ogni persona del romanzo decide di restare e di sentire la paura e la vergogna che coglie tutti gli umani, tutti, in fondo, senzacasa e senza famiglia, attanagliati nell’ingiunzione di non appartenenza. Le persone aggravate dal dolore dell’esistenza finiscono per non sentirsi degne, per non fidarsi, per convincersi di non meritare nulla. La condizione di orfana riconduce alla impossibilità di recuperare le radici, il passato, le ragioni. E Lila si sente così, gettata nel mondo, ad affrontare la fatica di esistere, senza protezione.
Mi convincono i brani scelti della Bibbia (Ezechiele, Geremia, Giobbe, i brani dalle Lamentazioni), a servizio di persone disperate, sicure che “Dio ama il mondo. Dio è misericordioso.”(p.103). Per Lila, i sacramenti amministrati del battesimo e del matrimonio sono segno e viatico di grazia interiore. Ritrovo la teologia del lavoro e della rettitudine, della ricerca e della certezza, dell’incanto e della peregrinazione.
E’ un romanzo che fa della tristezza una lente d’ingrandimento, uno strumento di indagine, una modalità dolce per leggere la realtà che affligge, uno sguardo mite sull’esistenza. La vita, se consapevole, diviene felice proprio perché finita e limitata.
Nelle pagine finali, la dichiarazione “…non riesco ad amarti quanto ti amo. Non riesco a essere felice quanto lo sono.” (p.267), esprime il senso profondo della propria imperfezione. L’amore e la tenerezza parlano attraverso Lila, piccola grande terra, donna, madre e compagna.
Nella storia di Lila si celebra l’essere umano che riconosce, nella relazione, l’accettazione, l’attesa, l’accoglienza e l’accudimento di Dio verso i viventi. La vita è premurosa e le vicende riservate a ogni persona, sono il passaggio adeguato per l’espressione di sè. Allora, la lode è sempre preghiera di ringraziamento. “Abbi pietà di noi, certo, ma noi siamo coraggiosi, pensò, e folli, in noi c’è più vita di quanta ne possiamo sopportare, il fuoco si inviluppa dentro di noi. Quella pace potrebbe anche essere semplice stupore.” (p.273)