Lettera a D. Storia di un amore
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Dietro un grande uomo...
Non si può parlare di questo libro senza riportare il suo incipit meraviglioso, poetico, immagine di quello che, universalmente, rappresenta l'amore, quello vero, che dura per tutta la vita.
"Stai per compiere ottantadue anni. Sei rimpicciolita di sei centimetri, non pesi che quarantacinque chili e sei sempre bella, elegante e desiderabile.
Sono cinquattotto anni che viviamo insieme e ti amo più che mai.
Porto di nuovo in fondo al petto un vuoto divorante che solo il calore del tuo corpo contro il mio riempie."
Che dire...parole stupende.
Eppure questa non è semplicemente una lettera d'amore.
Questa è una lettera di scuse...per non aver riconosciuto prima l'importanza di questa donna, per non averla resa protagonista dei suoi scritti precedenti, quando non era ancora consapevole di amare il suo amore per lei.
È un tentativo, in extremis, di mettere Dorine, la propria donna, al centro di tutto. Ora che sta per perderla.
È come se lui volesse risarcirla di qualcosa che non è stato in grado di darle per 58 anni, un dichiarare pubblicamente che se non ci fosse stata lei, lui non sarebbe stato quello che è stato (scrittore, filosofo, giornalista, intellettuale impegnato politicamente...).
Lei gli ha dato tutta se stessa per tutta la vita...lui, alla scoperta della malattia (di Dorine) decide di andare in pensione e dedicarle tutti gli anni che le restano...e che saranno ventitré.
Il libro si chiude così come è iniziato:
"Hai appena compiuto ottantadue anni....
Ciascuno di noi vorrebbe non dover sopravvivere alla morte dell'altro.
Ci siamo spesso detti che se, per assurdo, avessimo una seconda vita, vorremmo trascorrerla insieme."
Esattamente un anno dopo questa lettera, André Gorz e sua moglie Dorine sono stati trovati uno accanto all'altro, nel loro letto, suicidati con un'iniezione letale.
Non volevano vivere l'uno senza l'altro...se l'erano promesso e hanno mantenuto fede al patto.
Perché l'amore esiste.
A volte finisce...e a volte no.
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L’Austrian Jew e la sua Venere di Milo.
Andre’ Gorz, scrittore e filosofo nato nel 1923 a Vienna , di religione ebrea - “ebreo austriaco” e’ la definizione con cui lui stesso usa definirsi nel libro - e la sua Dorine, di origine inglese, amatissima moglie e compagna di vita.
Lettera a D. non e’ altro che un brevissimo libro, o meglio una lunga lettera che Andre’ scrive nel 2006 a Dorine, affetta da un cancro all’endometrio che la sta lentamente e dolorosamente strappando alla vita. Gia’ noto quindi nel 2006 in Francia, il successo del libro arrivo’ un paio di anni dopo, a seguito di un tanto drammatico quanto consapevole evento : il 22 settembre 2007 , all’eta’ di ottantaquattro anni, Andre’ e Dorine si suicidarono insieme.
“Spio il tuo respiro, la mia mano ti sfiora. Ciascuno di noi non vorrebbe sopravvivere alla morte dell’altro. Ci siamo spesso detti che se, per assurdo, avessimo una seconda vita, vorremmo trascorrerla insieme.”
In seguito a questo evento, il sapore del libro diviene chiaramente piu’ intenso e a lui dedichero’ ancora due parole, non essendo di certo né mia intenzione né mio compito giudicare la scelta di morte dei due protagonisti.
Credevo fosse piu’ sentimentale, invece spesso si snoda su vie filosofiche , soffermandosi su riferimenti all’opera letteraria di Gorz, quasi decentrando l’attenzione da Dorine. Effettivamente capisco che per un uomo che ha dedicato l’esistenza alla scrittura, i suoi lavori siano parte integrante della sua vita e quindi inevitabile che anche essi diventino soggetti attivi.
In conclusione, una breve , intensa dichiarazione d’amore, lucida e senza il proliferare di toni intrisi di miele. Da un uomo ottantenne che ripercorre il grande amore della sua vita, magari scrivendo seduto accanto al letto di lei, tenedole la mano durante uno dei suoi atroci mal di testa.
Commovente, piu’ quando si chiude il piccolo libro che durante la lettura. Se poi scrivete i loro nomi su un motore di ricerca vedrete una foto insieme da anziani. Bellissimi e sorridenti, come li sto ancora immaginando. E sfido una lacrima a non scendere anche dall'occhio piu’ arido.
Buona lettura
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Emozionante
Una lettera d’amore lunga una vita.
Una lettera che un uomo di valore scrive ad una donna eccezionale che ha condiviso con lui quasi sessant’anni di esperienze, di lotte, di dolori, di speranze.
Una donna che è stata per lui sostegno nelle difficoltà e molla propulsiva per la sua carriera ed insieme ascoltatrice attenta, amica comprensiva, moglie paziente, amante appassionata.
Mentre il tempo sta finendo, quest’uomo sente la necessità di ringraziare la sua donna per una vita trascorsa insieme e per il valore che la sua presenza ha aggiunto alla sua vita.
Lo fa con una profonda, sensibile ed emozionante lettura del loro passato e del presente e del poco futuro che resta.
Non è un racconto, è una lettera vera che parla di sentimenti reali, di un nuovo innamoramento e del bisogno/piacere anche fisico di essere vicini, mentre superati entrambi gli ottant’anni si avviano alla fine.
Poetico nella sua asciuttezza, ed emozionante.
Consigliato a tutti quelli che credono nell’amore ed anche a quelli che non ci credono.
[…] Sono attento alla tua presenza come al tempo dei nostri inizi e mi piacerebbe fartelo sentire. Tu mi hai dato la tua vita e tutto di te: mi piacerebbe poterti dare tutto di me per il tempo che ci resta.
Hai appena compiuto ottantadue anni. Sei sempre bella, elegante e desiderabile. Sono cinquantotto anni che viviamo insieme e ti amo più che mai. Recentemente mi sono innamorato di te un’altra volta e porto di nuovo in me un vuoto divorante che solo il tuo corpo stretto contro il mio riempie. La notte vedo talvolta la figura di un uomo che, su una strada vuota e in un paesaggio deserto, cammina dietro un carro funebre. Quest’uomo sono io. Sei tu che il carro funebre trasporta. Non voglio assistere alla tua cremazione; non voglio ricevere un vaso con le tue ceneri.
Sento la voce di Kathleen Ferrier che canta “Die Welt ist leer, ich will nicht leben mehr” e mi sveglio. Spio il tuo respiro, la mia mano ti sfiora. Ciascuno di noi vorrebbe non dover sopravvivere alla morte dell’altro.
Ci siamo spesso detti che se, per assurdo, avessimo una seconda vita, vorremmo trascorrerla insieme. […]