Leggere Lolita a Teheran
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Un memoir riuscito a metà
Subito dopo aver letto Lolita ho voluto leggere questo romanzo che da tempo mi sussurrava dalla libreria e suscitava la mia curiosità. Dal titolo ero stato indotto a pensare che trattasse di come la lettura di Lolita suscitasse chissà quali pensieri proibiti nelle menti dei/delle persiani/e ma si deve stare attenti ai titoli fuorvianti infatti, un titolo del genere sicuramente riesce nel chiamare l'attenzione essendo direttamente associabile con il grande capolavoro di Nabokov, però c'entra poco con esso.
La protagonista della storia è la letteratura vorrei dire, ma in realtà è la voce narrante di questo memoir dell'autrice che racconta i suoi ricordi di quando inseganva e dava lezioni clandestine in Iran, tenendo un corso privato, non solo leggendo Lolita, con cui si apre il libro, ma anche poi leggendo altri grandi classici di Fitzgerald, di Harry James, della Austen. In ognuno dei capitoli deidcati a ciascun romanziere si cerca di creare dei parallelismi tra la realtà iraniana e la idea di occidente che trasmette la lettura di ognuno dei libri presi ad esempio. Si vive con l'autrice/professoressa il susseguirsi di eventi, l'ascesa del regime islamico, l'imposizione dei veli alle donne, la progressiva privazione di diritti, anche i più banali, sempre contro le donne da parte dell'ottuso regime islamico, e tutto questo è la parte centrale del libro quella che lo rende davvero notevole e meritevole di complimenti.
Lo stile di scrittura non mi ha colpito in positivo, si tende molto a fare confusione temporale, infatti, un momento si è negli Stati Uniti e un momento dopo si è sotto le bombe a Teheran. Inoltre c'è il tentativo di caratterizzare le varie studentesse con le loro fantasie,sogni, speranze che però risulta poco riuscito, sembrano solo dei personaggi di contorno ed è evidente che la protagonista indiscussa è sempre la voce narrante.
Paradossalmente è proprio l'eccessiva auto celebrazione dell'autrice a suscitare più di qualche perplessità durante la lettura, non si riesce a creare un'intimità ed è evidente la tendenza a marcare il suo ruolo da professoressa persino mentre scrive.
Un libro risucito a metà, dove la metà buona secondo il mio parere è proprio la finestra aperta sulla cultura iraniana e sul periodo storico trattato nel romanzo.
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Donne, letteratura anglosassone e storia iraniana
Teheran, anni Novanta. La professoressa di letteratura anglo-americana Azar Nafisi è spinta a lasciare la sua cattedra universitaria dalle continue pressioni di una "Rivoluzione Islamica" che vuole infilare il naso nel suo programma d'insegnamento. Tuttavia la nostra protagonista, nonché voce narrante, non se la sente di abbandonare sul serio le sue studentesse. Inventa così una sorta di seminario privato, invitando le ragazze più valide, ogni giovedì pomeriggio, a raggiungerla nel salotto di casa sua per discutere di Nabokov, Jane Austen, Fitzgerald o Henry James. Così tra una pagina di "Lolita" e un brano di "Orgoglio e pregiudizio", tra un passo di "Daisy Miller" e una citazione de "Il grande Gatsby", l'autrice e le sue allieve trascorrono insieme due anni di intensa attività letteraria, discutendo di libri, stili e autori ma anche raccontando le loro vite, le paure, le speranze, i sogni in un paese in cui l'estremismo religioso prende pian piano il sopravvento togliendo loro dignità, diritti, velleità, privandole finanche della loro stessa femminilità. Protette dalle mura amiche, Azar e le altre possono spogliarsi da ogni velo, reale e ideologico, imposto loro dall'ottusità e dall'arroganza del regime, e sentirsi libere per qualche ora di essere se stesse, di mostrare le loro unghie dipinte, i jeans attillati, i trucchi e i monili, ma soprattutto di ridere, piangere, esprimere le proprie opinioni, lamentarsi di ciò che non va e confessare i propri desideri. Per queste donne la letteratura diviene un mezzo per evadere dalla realtà, una panacea dai mali che le affliggono, un luogo ideale in cui rifugiarsi per fuggire dal mondo che le circonda. Tuttavia i libri assumono anche un'altra funzione, divenendo uno strumento critico attraverso cui si può guardare la realtà, confrontarla, comprenderla meglio e, perché no, tentare di modificarla. "Leggere Lolita a Teheran" è un'importante testimonianza politica e culturale degli ultimi decenni di storia iraniana. Nel libro c'è posto anche per il privato, con un'eterogenea carrellata di vite ed esperienze personali delle protagoniste che, tuttavia, suscitano interesse quasi esclusivamente per il contesto in cui si trovano collocate. Il modo di raccontare di Azar Nafisi, più adatto ad un freddo saggio che ad un vero romanzo e spesso palesemente autocelebrativo, appare infatti piatto, povero di pathos, poco incline alla creazione della giusta empatia tra il lettore e le storie raccontate che, comunque, restano degne di nota. Dal punto di vista dell'analisi letteraria, l'opera punta autori di tutto rispetto, sviscerandone il meglio della produzione e proponendo un interessante confronto tra le opere e l'attualità iraniana. Peccato soltanto che l'autrice pecchi spesso di presunzione, dando per assodato la supremazia dei suoi autori preferiti su altri da lei considerati "minori". Nessuno mette in dubbio la grandezza di Fitzgerald, ma non si può far passare per verità assoluta la sua fantomatica superiorità su autori del calibro, ad esempio, di Steinbeck, protagonista assoluto del Novecento, scrittore tra i più amati a livello mondiale. Al di là di queste discutibili opinioni e di qualche piccolo difetto, il libro è comunque consigliato e se ne raccomanda la lettura soprattutto a chi ama il connubio tra storia e letteratura e a chi è interessato alla questione femminile nel mondo.
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LA LETTURA, STRUMENTO DI LIBERTA’.
“La mia fantasia ricorrente è che alla Carta dei Diritti dell’ Uomo venga aggiunta la voce: diritto all’immaginazione”.
Questa citazione del libro è un perfetto sunto a mio modo di vedere delle 400 pagine magnifiche scritte da Nafisi che ci raccontano un mondo fatto di privazione delle proprie volontà, delle più piccole inezie che una volta proibite diventano enormi. La lettura è una di queste anche se inezia non è in quanto come mai meglio spiegato, diventa fondamentale nella crescita culturale e personale di ogni essere umano; leggere ti fa crescere domande, sognare altri mondi, interrogare sulla bontà o meno della realtà in cui si vive..e cosa c’è di più pericoloso? Una rivoluzione culturale può essere più pericolosa di una rivoluzione armata, può fare più feriti e lasciare indietro vittime più grandi ed importanti ossia una identità. Ed è per questo che nella Controrivoluzione iraniana di Khomeini (come nel più Occidentale dei governi fascisti anche se con metodologie diverse) la censura la fa da padrona e leggere libri “proibiti” diventa un’arte pericolosa. E’ in questo Iran del post 1979 che si ambienta “Leggere Lolita a Teheran” che fa montare un sentimento di rabbia verso coloro che hanno violentato uno Stato che fino a quel momento viveva dei suoi spazi di libertà concessi a tutti e soprattutto alle donne. L’imposizione del velo, degli spazi separati tra uomini e donne, dell’obbligo di non andare in giro con uomini che non siano mariti o fratelli è da donna inaccettabile qualunque religione tu professi e le nostre amiche di questo club del libro segreto provano in maniera contraddittoria e contrastante tra loro a volte lo stesso sentimento. Ognuna rappresenta una tipologia di donna che in Iran cerca di contrastare il sistema chi in maniera più attiva politicamente, chi con una semplice ciocca di capelli che si fa sfuggire dal velo e nel frattempo si incontrano tra loro tuffandosi nella lettura di Nabokov, Austen etc guidati da una professoressa che diventa quasi una guida spirituale.
“Riuscivano ad aprirsi ed emozionarsi solo parlando dei libri. Quei romanzi ci permettevano di sfuggire dalla realtà..”
Nafisi riesce a raccontarci la sua traversia nello stato della Repubblica Islamica dell’Iran attraverso le sue letture, le sue lezioni all’Università, la sua vita privata e ci riesce benissimo, sembra di vivere con lei la frustrazione e la delusione ma contemporaneamente l’amore profondo verso la propria terra.
“La Repubblica Islamica ha involgarito i miei gusti in fatto di colori. Ho solo voglia di colori sfacciati, come il fucsia o il rosso pomodoro.” Quanto può essere controproducente il proibizionismo e la censura? I modelli che cerchi di proibire diventano mete agognate e il risultato è esattamente l’opposto di quello che ti sei prefisso, ed in questo racconto viene fuori con estrema naturalezza.
Un libro pieno di sentimenti, passioni, dolore, storia e cultura. Da leggere soprattutto per capire quanto sia davvero importante parlare di libertà in maniera seria, termine oggi sovrautilizzato.
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Ammiccante (e pure furbetto).
Leggere Lolita a Teheran – Azar Nafisi
E devo cominciare dicendo che son partita prevenuta (il libro è stato scelto per una lettura di gruppo. Io ne avevo votato un altro, per la cronaca)
Premessa.
Come sempre le mie "critiche" sono rivolte al libro. In nessun modo all'autore, alla sua moralità e - tanto meno - ai suoi lettori.
Questi romanzi che ti vogliono raccontare quanto è difficile la situazione in una determinata situazione storico-socio-politica mi mettono subito in allarme. Era stato così con Il Cacciatore di Aquiloni di Hosseini.
Vivere una situazione drammatica esige rispetto, attenzione e comprensione.
Sì.
Ma non è che ti fa diventare un narratore.
Non è che ti rende un romanziere.
Già qui il titolo mi aveva messo (ulteriormente) sul chi va là.
Leggere Lolita a Teheran.
Nel romanzo scopriamo che vengono letti diversi testi "occidentali".
Ma, come per caso, il titolo non è "Leggere Gatsby a Teheran" e neppure "Leggere Henry James a
Teheran". La scelta è casualmente caduta su Lolita, secondo me, per solleticare l'ego un po' malato e voyeur del lettore occidentale che così può fantasticare sulle conturbanti cose che succedono sotto i veli nel mentre che si legge Lolita (a Teheran).
Vabbe'.
La lettura mi è stata estremamente ostica. La prima parte (Lolita) noiosa. Le altre irritanti.
La voce narrante, una docente di Letteratura Straniera all'università di Teheran, ci narra – spaciugando poco amabilmente con i tempi – la vita in Iran dopo la rivoluzione islamica, ma anche prima e non in Iran, e durante e anche…
Nella prima parte facciamo la conoscenza di alcune "comprimarie" – le studentesse dell'autrice che continuano a leggere e a discutere di libri "proibiti" in segreto, a casa della loro Professoressa. In questa parte vengono accennati alcuni personaggi, poi facciamo rapide incursioni nel passato studentesco (negli Stati Uniti) della protagonista.
Noiosissima la parte americana, appena meglio quella ambientata nel salotto. Nomi appiccicati lì, qualche immagine ad effetto, storie adombrate.
Seconda parte.
Stacco.
Siamo "durante" la rivoluzione e questo dovrebbe essere il pretesto per narrarci quello che succede.
Invece no.
Abbiamo la trascrizione delle lezioni su Gatsby.
Non solo noiose. Irritanti proprio. Perché ogni tanto ti lascia capire che sta succedendo molto altro. Ma noi discutiamo di Gatsby.
E l'idea sarebbe anche buona. Descrivo un cambiamento politico attraverso la percezione della letteratura. Di certa letteratura.
Ma DEVI essere capace di farlo e/o volerlo fare.
E non è questo il caso.
Qui abbiamo pagine di sbobinature di lezioni (e solo a chi è toccato farle mi può capire) e pagine, se possibile, peggiori in cui la protagonista ci tedia con le sue menate.
Tipo: "Vorrei tornare ad insegnare, ma per farlo dovrei mettermi il velo. E avevo detto che non lo avrei mai fatto. Che penserà la gente? Diranno che sono una banderuola? Che sono un'opportunista egoista? O capiranno che io mi annoio e che poco è meglio che niente? Vado a parlarne con un amico…"
"Amico Mio? Mi assolvi? Posso considerarmi brava anche se mi metto il velo?"
Nel frattempo l'Iran è in guerra con l'Iraq (una guerra che durerà a lungo).
Ci sono i bombardamenti. Ci sono oppositori in galera. Tortutati, uccisi. Ma noi stiamo a pensare al velo della protagonista.
E attenzione.
So che a molti sta venendo in mente Italo Svevo con la sua colazione mentre scoppia la guerra.
No.
La Nafisi è lontana anni luce da Italo Svevo. Lontana da qualunque cosa scritta bene. Con questo materiale poteva tirar fuori un documentario guardabile/leggibile, non di più.
Ci trasciniamo stancamente, fino alla parte su Henry James. Dove, finalmente, ho sottolineato qualche frase e addirittura qualche brano.
Sono i punti in cui vengono riportate parti delle lettere di Henry James.
E ciò è molto sintomatico.
Henry James, che è il distacco fatto uomo, sulle atrocità della guerra tira fuori la rabbia, e dalle sue lettere escono storie, sentimenti, suggestioni, in poche righe.
Noi invece, a Teheran, apprendiamo, en passant, che qualche studentessa è morta e di atrocità varie, ma così, per dovere di cronaca.
Ci tengo molto a dire che non sto dando un giudizio morale sull'autrice, dicendo che non le importi di quello che succede nel paese e ai suoi studenti. Per prima cosa non penso che sia così e secondariamente non mi interesserebbe.
È una critica esclusivamente narrativa.
Io in questa narrazione vedo un "scrivi un po' come ti viene, tanto con la storia straziante delle donne con il velo e Lolita, il libro si vende."
E infatti si è venduto. Credo anche che sia uno di quei libri di cui si deve parlar bene, perché sono una "testimonianza".
Però, secondo me, per testimoniare si va a un processo, per mandare un messaggio si fa un telegramma e per documentare si fa un documentario. Se fai un romanzo io VOGLIO un romanzo.
E questo guazzabuglio furbetto, secondo me, non lo è.
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letteratura e libertà
Siamo in Iran, nei due decenni successivi alla rivoluzione di Khomeini e Teheran è teatro di violenze e intolleranze inconcepibili.
Si profila, lentamente, nella narrazione, la possibilità di un'oasi di pace: è un luogo, quello della cultura, staccato dall'ufficialità del sapere.
Una docente universitaria, in cui si intravvede l'autrice, Azar Nafisi che ha insegnato Letteratura inglese in vari atenei della capitale iraniana e che dal 1997 emigra negli Stati Uniti dove insegna alla Johns Hopkins University, quasi in una atmosfera di gruppi di donne in autocoscienza, legge e fa leggere alle sue allieve i romanzi dell'ottocento occidentale, proibiti dalla cultura del potere.
Sono donne che analizzano, smontano e ricompongono i racconti e i romanzi . Studiano la struttura di Orgoglio e pregiudizio, si chiedono come mai Lolita e Madame Bovary ci riempiono di gioia e "piangiamo per Emma e il nostro cuore si strugge per la piccola, volgare e sfacciata" Lolita.
Analisi, affascinazioni mentali che divengono la fuga, l'oblio, il varco.
Che stabiliscono i criteri di un antisistema, di una lotta pacifica, tutta volta alla speranza e alla scoperta di un altro mondo possibile.
È l'amore sublime per la letteratura che consente di dimenticare le ossessioni di un ostracismo culturale islamico, fragile, quanto violento.
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Sorprendente
Per l'acquisto di questo libro ammetto di essermi lasciata "ingannare" dal titolo e dalla terribile Lò.
Io adoro Lolita di Nabokov, letteralmente,io sono persa di questo libro, perciò non ho potuto non acquistare un libro che la richiamasse così apertamente.
Non ho letto la trama e me lo sono portato a casa così, immaginando una Lolita *iraniana e perciò una storia ancora più tormentata,vista la condizione del paese con l'insediamento della repubblica islamica ,in particolare la condizione,tristissima, delle donne.
Invece, mi ritrovo a partecipare a un corso di letteratura contemporanea, in cui si analizzano pochi libri, ma buoni. La particolarità è appunto il raduno semi - clandestino di sette giovani donne, ognuna con esperienze traumatiche causate dal nuovo "regime". Donne forti, donne tristi,donne spaventate, donne che non si ritrovano più, donne private di un'identità e di uno scopo,che in questi splendidi libri ritrovano se stesse e la capacità di pensare, di ragionare e di poter provare sentimenti positivi o negativi verso i personaggi e le culture diverse presentate in questi libri. Leggendo altre recensioni, parecchie contenevano lamentele riguardo al contenuto troppo "accademico", e ho letto spesso il paragone ad un "trattato di letteratura, non a un romanzo".
Leggere Lolita a Teheran non è nulla di tutto ciò: è una storia vera, persone vere, un paese che ha perso metà di se' annullando la condizione femminile,un paese che quindi si ritrova con l'altra metà, gli uomini, impauriti, incerti, insicuri. Un paese che , ho scoperto, un tempo lontano era la meravigliosa Persia. Pensateci, un paese che ha ospitato culture avanzate,capolavori architettonici e artistici superbi, un fiore della civiltà..oggi ridotto, dagli stessi uomini che lo abitano,in una prigione così oscena. Con le sette ragazze protagoniste ho vissuto l'orrore di essere improvvisamente spogliata della mia identità, dell'impossibilità,dall'oggi al domani, di ridere in mezzo alla strada, di lavorare, di uscire con le amiche. E nel frattempo, oltre all'analisi su Lolita,ho potuto conoscere altri bellissimi autori: Fitzgerald, Jane Austen ed Henry James, e mi sono segnata i romanzi analizzati,perchè li voglio leggere. Lo consiglio perchè è un libro che unisce conoscenza della realtà con la fantasia, e l'autrice usa i romanzi analizzati per donare alle sette ragazze l'identità tristemente strappata.
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inno alla letteratura
Non è facile leggere Lolita a Teheran e pensare di leggere semplicemente un romanzo.
Anche se a volte capita di leggere di una realtà talmente lontana dalla nostra, che ci illudiamo, mentre scorriamo le parole del libro, che sia un racconto ben strutturato dell’autore e niente più……
Invece no, la realtà è tangibile, lontana, ma vera, contemporanea e non passata.
Nafasi Azar racconta di se della sua esperienza di vita e soprattutto di insegnante e di come attraverso l’amore per la letteratura è riuscita a creare per se e alcune sue studentesse, “un’alternativa”, uno sfogo, un rifugio, dalla repubblica islamica, insediatasi nel 1979.
Nel 1995 , abbandonato il suo incarico universitario, Azar organizza, a casa sua, un seminario di letteratura , mettendo insieme alcune sue studentesse e trattando con loro diversi testi, da Lolita ad Orgoglio e pregiudizio, donne che attraverso la passione per i libri vogliono ritrovarsi , vogliono sfuggire per un attimo alla realtà, togliersi il velo e con esso riacquistare forma, espressione IDENTITA’.
Vengono messe a confronto due realtà quella del laboratorio dove le donne che partecipano si sentono sicure, protette e dove ognuna traccia un profilo di se, e la realtà della vita al di fuori, a Teheran dove le umiliazioni e la brutalità della quotidianità diventano la “normalità”.
“ il peggior crimine di un regime totalitario è costringere i cittadini, incluse le vittime, a diventare suoi complici”.
Le vicissitudine che narra la scrittrice, saltando nello spazio temporale, sono sempre raccontate con grande dignità, nonostante emergano i dolori delle sue studentesse e quello della sua generazione che ha visto perdere la libertà.
L’utilizzo di alcuni libri per analizzare la loro condizione sociale è l'aspetto più interessante, forse (almeno per me) non sempre facile da cogliere, ma fondamentale per sottolineare l'importanza e la forza che la lettura ha, e di come il libro, che per noi è un elemento che possiamo reperire come quando e dove vogliamo, possa essere prezioso e pericoloso in altre parti del mondo.
“Vivere nella Repubblica islamica dell’Iran è come fare sesso con un uomo che ti disgusta”