Le vite di Dubin
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Che vita!
Un uomo di mezza età, scrittore di necrologi di personalità letterarie, affermatosi poi come biografo, vive una tranquilla esistenza in un piccolo centro agricolo dello stato di New York. William Dubin sarebbe rimasto scapolo se un giorno alla sua scrivania non fosse giunta una lettera di una giovane vedova con figlio, in cerca - tramite la testata - di una possibile frequentazione maschile a scopo di matrimonio. Così William si sposa, sposa Kitty ancora legata al fantasma del suo Nathaniel, mentre lui, William, nel frattempo matura un certo successo con le sue biografie; pubblica “Vite brevi” compendio di tragiche e premature dipartite oltre che di illuminanti esistenze, ha all’attivo una bella biografia su Lincoln e di recente ha riscosso un congruo successo con quella di Thoreau.
William Dubin si prospetta fin dalle prime pagine come un personaggio imperdibile, è incontenibile nello snocciolare aneddoti sulle vite altrui, per ogni occasione è lì ad associare un’illustre esistenza. Schubert morto a trentuno anni , Cechov malato di tubercolosi , D.H Lawrence condannato dalla stessa patologia. E quest’ultimo, lo scrittore scandaloso de “L’amante di Lady Chatterley”, è l’oggetto del suo ultimo studio, di lui scriverà una biografia grandiosa. In realtà mentre ormai è più vicino ai sessanta che ai cinquanta, diventato padre anche di Maud , ma allontanatisi entrambi i figli ormai grandi, attraversa una crisi esistenziale che va a coincidere con il suo essere fedifrago, il suo rapporto con la moglie diventa opprimente e tedioso mentre spunta come un bel fiore la giovanissima Fanny.
Ho letto con interesse le prime duecento pagine, protesa all’incompletezza di un uomo incapace di godere e di vivere la propria esistenza, saturo però delle vite altrui, di quegli uomini che in campo letterario avevano lasciato un segno. William vive ricostruendo i vissuti celebri mentre si perde correndo nella campagna, inseguendo una dieta, tentando di vivere il suo matrimonio, ripercorrendo però in maniera compulsiva le vite altrui. Anche la moglie, ben caratterizzata quanto lui, ha aumentato la curiosità col procedere della lettura che nel frattempo si è involuta nelle oltre cinquecento pagine in modo spesso triste e ripetitivo senza slanci narrativi interessanti nell’incedere ciclico delle stagioni. Nemmeno l’abilità, devo dire per me sorprendente rispetto all’idea più casta che mi ero fatta dell’autore, di rappresentare la sessualità all’interno del matrimonio e soprattutto fuori, ha mantenuto desta la mia attenzione pertanto ho faticato a portare a termine il romanzo trovandolo infine inconcludente e irrisolto come lo stesso Dubin, anche se efficace, riuscito e potente personaggio.
Indicazioni utili
Questo Dubin mi ricorda qualcuno
Questo secondo me è il peggiore dei romanzi di Malamud, non per lo stile che ovviamente è impeccabile ma per il contenuto anche se a qualcuno potrebbe anche piacere più degli altri romanzi proprio per la crudezza del contenuto.
Io immagino, ma naturalmente non c'è scritto da nessuna parte e non posso saperlo, che la vicenda sia autobiografica almeno in parte. Il protagonista è un uomo anziano, uno scrittore di biografie, colto quindi dotato di un certo fascino che ha una storia di sesso con una ragazza ventenne o poco più. Dopo un inizio piuttosto squallido la relazione si assesta su una situazione di reciproco bisogno e dipendenza che non si sa quanto abbia a che fare con l'amore. Poco, credo. Comunque, viene descritto senza troppi rimorsi o scrupoli come il protagonista tradisca la moglie intelligente, sensibile e naturalmente anziana con la ragazza anche sotto i suoi occhi nonostante la moglie stia male e intuisca in buona parte cosa stia combinando. Dubin poi non è un personaggio a cui ci si affezioni facilmente, non ha quelle debolezze che lo rendono tenero come Frank Alpine o come Levin. E' piuttosto consapevole della sua superiorità intellettuale su tutti grazie alla quale si sente di avere diritto alla doppia vita che fa. Il finale surreale (almeno spero) non è male.