Le vergini suicide
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eugenides è sempre eugenides
Ho vissuto la tragedia del suicidio di un amico, più o meno alla stessa età dei protagonisti di questo romanzo e per motivazioni molto simili a quelle delle sorelle Lisbon, almeno credo (il mio amico si sentiva schiacciato dal clima soffocante di casa, non si sentiva compreso dai suoi e c'erano altre problematiche che non sto qui a spiegare). Per questo trovo un po' ridicole alcune delle recensioni negative di questo libro: molti denunciano la sua (apparente) mancanza di un senso più profondo e dicono di essersi illuse di trovarci una profondità che non c'è. Ma non è quello il punto del romanzo, secondo me. Eugenides non racconta le motivazioni che hanno spinto le ragazze al suicidio, non indaga la loro psiche. Farlo non lo interessa minimamente. Piuttosto tratteggia i sentimenti che attraversano una comunità che si trovi a confrontarsi con il suicidio di un'adolescente (o più adolescenti, in questo caso): stupore, curiosità, sentimentalismo, dolore sincero, partecipazione, empatia. E' un libro che racconta bene cosa prova chi conosceva, o credeva di conoscere, una vittima di suicidio, in una maniera secondo me allo stesso tempo realistica e molto delicata, nonostante alcune esagerazioni. Perché non importa quanto indaghi, a volte le cose non hanno una spiegazione univoca, o non c'è nessuna spiegazione.
Sicuramente non è un libro per tutti. Lo consiglierei a chi ha vissuto una storia simile e ora, a distanza di anni, è sceso a patti con essa. Se siete tra questi sicuramente vi parlerà.
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Religioni pagane e materialismo spirituale
E il punto ultimata l'ultima pagina è stato: "Siamo sicuri che questo libro abbia qualcosa da raccontare in fondo?". Non saprei e non voglio formulare un giudizio definitivo.
Cercare di dare un senso a questo libro è stato un po' come cercare di dare un senso alla catena di suicidi delle sorelle Lisbon. Mancano troppi frammenti e gli elementi a disposizione non sono di facile interpretazione. Ho cercato e ricercato le simbologie, una traccia ma nulla. Ad un certo punto ho iniziato a pensare che le sorelle non fossero mai esistite, che fossero divinità alternative ideate dai ragazzini che narrano le vicende, e che questi ultimi le avessero inventate per riempire le loro esistenze (vacue almeno quanto quelle delle Lisbon). L'assenza di nerbo, di materia vitale in tutto il libro, avrebbe potuto spingere al suicidio tutti, allora perché solo le ragazze decidono di assecondare questa atmosfera? Una madre dispotica, instabile ed un padre ancor più impalpabile delle sue figlie possono rappresentare un motivo valido? Più valido di quanto l'apatia generale del quartiere non rappresenti da sola?
Ho trovato quasi offensivo tutto quel chiacchierare dei personaggi attorno alle sorelle Lisbon. Tutti lì a debita distanza, fermi ad origliare, ad osservare la surreale situazione col binocolo, ad allungare le orecchie per carpire i discorsi, a formulare sentenze senza interpellare di persona i veri interessati. Tutto sintomatico di una società che mormora, suppone, sputa giudizi senza mai conoscere per davvero ciò di cui sta parlando. Una società che crea, accudisce e diffonde i propri mali e poi non vede l'ora di lanciare quanti più servizi ed interviste riesca a fare.
Il coro dei narratori assiste alla tragedia come nelle rappresentazioni dell'antica Grecia ma nella tragedia moderna, fallisce non riuscendo a comunicare realmente con essa. Questi ragazzi, che cercano di rintracciare a debita distanza temporale le vicende, trattano la materia "Lisbon" quasi fosse una reliquia; le sorelle sono visioni estatiche di un qualcosa di superiore. Le osservano in attesa di una rivelazione, le pregano attendendo una risposta ma invano. Le sorelle Lisbon sono esseri spirituali nel materialismo decadente dell'America degli anni Settanta, che terminano con l'immolarsi egoisticamente. Nemmeno gli psicologi hanno la giusta chiave di lettura per le loro esistenze instabili e precarie, per dare una giusta sentenza al loro gesto.
Religione e paganesimo, materialismo e spiritualità uniti in un suicidio reale e metaforico che merita più letture ed interpretazioni.
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Cinque sorelle per cinque suicidi
Sorelle Lisbon. Un sogno, un' utopia romantica, una divinità pentacefala, un' idealizzazione estrema e dolce del mondo femminile. Questo secondo il pensare di chi negli anni si è crogiolato nella rievocazione di un'adolescenza fatta di passioni incontenibili, ma anche investita dal gelido soffio della morte.
Dipartita volontaria, decesso autoinferto, suicidio: stessa decisione per le ragazze, passate nel mondo dei più nel giro di un anno. Amore spassionato e senso di colpa per la comunità giovanile ossessionata dalla misteriosa (im)perfezione di quei corpi ricoperti da abiti sempre stuzzicanti nonostante non di foggia recentissima e piuttosto mortificanti delle forme, dei loro capelli profumati, di labbra agognate raggiunte solo da pochi eletti.
Il peso della vita sulle cinque sorelle, prigioniere di una madre dispotica e di un padre senza nerbo, incatenate a una casa che deperisce assieme a loro. Ragazze, non ancora donne, bloccate eternamente tra fanciullezza ed età adulta, entrate in un mito che le eleva al di sopra di tutto prima che la natura umana ne porti a galla debolezze, fragilità, fino a soffocarne tramite la convenzione sociale ogni enigmatico fascino.
Le Lisbon fendono la memoria perchè non allineate, comprese nel loro gesto estremo anche da chi in un primo momento aveva stigmatizzato. Ricordate per sempre come quegli amori struggenti, feroci, destabilizzanti, mai consumati, cristallizzati in una casa-albero divenuta altare alla memoria.
Piccole donne incapaci di comprendere il mondo circostante, il loro passaggio terreno impresso in piccole istantanee e oggetti che iniziano a sfocare col diradarsi dei capelli e le pancette prominenti, di chi, allora aitante, le aveva desiderate, spiate, a suo modo amate.
Sempre molto scorrevole, spesso descrittivo, Eugenides con piglio tra il malinconico e il sognante ci immerge nell'epopea di un'esistenza troppo breve, paragonabile a quella dell'effimere crisope, onnipresenti nel quartiere seppur solo per qualche battito di ali.
Cala il sipario, non sul ricordo, alimentato dall'autore che trova picchi di incredibile pathos e restituisce al lettore un amore platonico eppure talmente veemente da sopravvivere alla morte e all'implacabile scorrere del tempo.
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mi sono innamorato delle sorelle lisbon...
Non è sicuramente tra i romanzi più facili che io abbia mai letto, ma l'atmosfera che esce dalle sue pagine ci avvolge e ci rende anche noi protagonisti. Cinque bellissime, misteriose, pure, malinconiche sorelle sono le protagoniste di questo romanzo senza esserne parte attiva. Questo romanzo infatti è per lo più costituito dai ricordi e dalle emozioni di un gruppo di adolescenti che hanno la sfortuna di essere ammaliati da queste candide sorelle. L'alone di mistero che circonda casa Lisbon esce dalle pagine per catturare il lettore e catapultarlo, assieme agli altri ragazzi del quartiere, sul marciapiede di fronte a questa casa. L'odore di chiuso di casa Lisbon, i capelli dorati delle sorelle, l'emozione vissuta dai fortunati accompagnatori delle ragazze al gran ballo, restano vive sensazioni nel lettore.
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Per sempre giovani
Niente a che vedere con “Middlesex”, altro romanzo molto più scorrevole ed omogeneo di Eugenides, con personaggi reali e coinvolgenti – molto più coinvolgenti che in questa sua opera. Però merita. “Le vergini suicide” ha un qualcosa di bizzarro, come una critica implicita, una corsa contro il tempo e i ricordi. Assistere inevitabilmente alla fine. Premeditata, aspettata, poi ricordata come “il mito della gioventù”.
Un gruppo di adolescenti che diventano grandi, conoscono le delusioni della vita e si rendono conto che l'unica cosa che può tenerli a galla è ricordare, magari cercare di svelare ancora una volta, il mistero che ha segnato per sempre la loro adolescenza. Mischiando balli scolastici e lezioni saltate, i primi amori e le prime delusioni – un'adolescenza in pieno stile americano, “normale” e lineare – viene ricordato come gli stessi ragazzi spiavano furtivamente, da fuori, la vita delle 5 belle sorelle Lisbon, che di vita normale non ne sapevano proprio nulla: ragazze giovani, misteriose, costrette in casa dai genitori apprensivi e ossessivi, addobbate con abiti di tre taglie più grandi per non lasciar intravedere nulla, vietati qualsiasi rapporti con “il mondo esterno”, rinchiuse nel loro mondo fatto di favole, sogni, speranze... speranze che loro stesse si tolgono – o portano al culmine, decidendo di morire e lasciare una volta per tutte quella prigione casalinga.
Estremamente d'effetto il particolare del “viaggio” come ultimo tema in vita delle sorelle: le valigie, la partenza improvvisata, il passaggio chiesto ai ragazzi con cui erano riuscite miracolosamente a stabilire un contatto. Ma i ragazzi, come i lettori, hanno frainteso tutto... il loro viaggio, l'ultimo viaggio, le avrebbe portate verso una libertà diversa.
Personalmente ho faticato un po' a seguirne il filo. Pensieri slegati e sconclusionati, dovuti anche alla molteplicità delle voci e soprattutto al punto di vista esterno (le sorelle Lisbon restano sempre “creature oscure” che ancora vent'anni dopo i ragazzi studiano come cavie da laboratorio, con tanto di referti, ricordi messi in comune, congetture e ipotesi senza fondo). Linguaggio a volte profondo e maturo, altre più gergale.
Purtroppo i personaggi non sono stati molto approfonditi e, insieme alla confusione della “trama”, credo sia stata la pecca maggiore. Le Lisbon meritavano più caratterizzazione, più introspezione, mentre l'unica ad avere una degna parte a tutto tondo è Lux, la più esuberante delle ragazze, per così dire. Mi rendo anche conto, però, che è difficile dare carattere a chi osservi solo da lontano.
Sono arrivata all'ultima pagina con una storia in testa, con un'idea dei personaggi ma senza quel senso di “abbandono” tipico di quando finisco un libro che mi ha personalmente coinvolto. Peccato.
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Ricordi d'adolescenza
Le vicende che accompagnano verso la morte le sorelle Lisbon raccontano di un mistero profondo che non é dato capire. La loro vita, cosi' come le loro morti, rimangono sospese fra "reperti" oggetivi e ricordi di un gruppo di adolescenti che indagano curiosi la natura di questi esseri complicati e imperscutabili (ma non sono forse cosi' tutte le donne, per dei maschi adolescenti?) e che una volta diventati adulti continuano a subire inesorabile il loro fascino proibito.
Né la voce narrante né il lettore capiranno mai a fondo i motivi del loro gesto. Tante ipotesi, tante congetture, ma nessuna realtà. Un mondo imperscrutabile come solo la mente umana sa essere.
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La bellezza
L'intero romanzo è il racconto della misteriosa bellezza avvolta in un alone di tristezza, morte e malinconia vista dagli occhi di ormai non più giovani spasimanti, ossessionati dalle cinque sorelle Lisbon, Cecilia, Lux, Bonnie, Mary e Therese che ad una ad una si procurano la morte.
Per quei ragazzi innamorati ogni dettaglio è importante, ogni contatto con quelle effimere creature lascia un segno marcato nei loro animi. I loro sorrisi con un dente in più, le loro imperfezioni, le loro passioni.
Vivono nella loro casa con una madre bigotta che detta legge ed un padre privo di iniziativa. Quando la più piccola si suicida gettandosi dalla finestra e cadendo su una ringhiera la famiglia non sembra poi così sconvolta da quella morte. La società sembra cieca dinnanzi ai disagi di quelle ragazze, costrette poi dalla madre a rimanere chiuse in casa, senza contatti con l'esterno.
E nonostante ciò Lux trova il modo di continuare la sua sregolata vita sessuale. Il tutto sotto gli occhi di un quartiere residenziale dell'America anni Settanta che finge di non capire. Solo quegli ingenui ragazzi vogliono indagare i segreti impenetrabili delle 5 ragazze affascinanti, seguendo la vicenda con estremo interesse, raccogliendo oggetti appartenuti alle adolescenti e ricordando a distanza di anni il malessere a cui avevano messo fine nell'unico modo che conoscevano: il suicidio.
Non sono molte pagine, ma si legge lentamente. A volte può risultare opprimente, sentendo attraverso le pagine che quelle povere ragazze sanno già quale sia il loro destino nel profondo, in particolare Lux che vuole provare tutto come se avesse fretta di finire.
Non abbiamo mai il punto di vista diretto delle sorelle Lisbon, non sappiamo esattamente cosa hanno pensato, ma il disagio risulta evidente.
Ottima la trasposizione cinematografica di Sofia Coppola.
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Bello e irreale
Un male di vivere profondo e oscuramente inafferrabile coinvolge le cinque protagoniste del romanzo che interrompono volontariamente le loro vite apparentemente normali e serene. L'ineluttabilità del loro destino e della loro scelta di morire, dopo il primo suicidio,inquieta e angoscia. Tuttavia, chi non lo ha letto non lo immagini un libro triste. Non lo è. Il racconto, a distanza di anni, dei ragazzi che ricordano la loro bellezza e la totale inettitudine, quasi macabra e acquiescente, dei genitori delle stesse, è alleviato da una buona scrittura, completata dalla leggerezza delle passioni adolescenziali che non cercano le cause dei suicidi di Cecilia, Lux, Bonnie, Mary e Therese, ma le accettano come se altrimenti non fosse stato possibile e pensabile.Il vero protagonosta del libro è un dolore occultato dalla bellezza. E' la volontaria rinuncia a una vita mediocre e asfittica. E' l'incomunicabilità totale delle figlie con genitori dai sentimenti aridi, incapaci non solo di esprimere l'amore, ma di evitare la spirale di morte, cambiando sè stessi e loro modi di essere. E' la scelta di porre fine, senza cause conclamanti, a un sottile e venefico mal di vivere.
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Cecilia, Lux, Bonnie, Mary e Therese
Le vergini suicide è uno di quei libri che, lo ammetto, di ha fatto un po' penare.
Cecilia, Lux, Bonnie, Mary e Therese. Cinque sorelle comprese tra i 13 e i 17 anni. Ciò che ci viene raccontato in queste 200 pagine si può riassumere in una frase: a distanza di qualche mese dal suicidio di Cecilia, la più piccola, anche le altre quattro sorelle Lisbon di tolgono la vita.
Perché? Non si sa.
Una lettura piuttosto lenta, e la causa di questa lentezza è proprio il metodo narrativo. La storia, infatti, ci viene raccontata a distanza di molti anni, da un gruppo di allora adolescenti, inquietantemente ossessionati dalle sorelle Lisbon. questo metodo ci consente sì di vedere le cose in modo chiaro e pulito, ma al tempo stesso impedisce al lettore di emozionarsi, in quanto durante la lettura non si ha nessun contattao diretto con le protagoniste.
È come se un conoscente ci raccontasse una spiacevole vincenda capitata ad un suo amico. Certo, possiamo dispiacerci o ascoltare con attenzione, ma tra noi e il diretto interessato c'è troppo vuoto, troppo spazio, per far sì che la sua vicenda ci colpisca davvero. Così accade con Le vergini suicide, secondo me.
Il distacco tra lettore e protagoniste è troppo vasto, e finisce per non lasciare nessuna emozione.
Libro sicuramente interessante, ma sconsigliato a chi è in cerca di una lettura leggera.