Le trappole del profumo
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Un romanzo che lascia un segno
L'aggettivo "arabo" è spesso impropriamente esteso a tutto l'Islam. Questo libro può essere utile proprio per correggere questo equivoco. L'autore, Yousef Al-Mohaimeed, originario dell'Arabia Saudita, è un arabo che scrive in arabo. Tuttavia il lettore non specialista fa una certa fatica per mettere a fuoco lo sfondo di questo romanzo breve, che evidentemente non è una metropoli come il Cairo, più nota se non altro grazie ai romanzi del premio Nobel Mahfuz. "Le trappole del profumo" invece riporta il lettore negli spazi sconfinati, tra quei deserti percorsi dalle carovane, proprio lì dove l'Islam nacque. La vicenda del romanzo ruota intorno a tre personaggio maschili: Turad, il protagonista, Tawfiq, un ex-schiavo portato dal Sudan e amico di Turad, e Nasir, un orfano abbandonato in una cassetta di frutta. Un elemento accomuna i tre personaggi: una menomazione (Turad è privo di un orecchio, Tawfiq, è stato castrato mentre Nasir è privo di un occhio) dal forte significato metaforico. Il romanzo si apre con Turad che, vagando senza meta nei dintorni della stazione degli autobus di Riyad, casualmente ritrova una cartellina nella quale sono contenuti dei documenti relativi a Nasir, nei quali si fa riferimento alla sua triste vicenda biografica, che si era intrecciata con quella di Tawfiq (i due si erano conosciuti anni prima quando lo schiavo Tawfiq era stato liberato e l'orfano Nasir era stato rimandato all'orfanotrofio perché la madre adottiva era riuscita ad avere un figlio). Protagonista del romanzo è una umanità dolente, nella quale il mondo maschile e quello femminile sembrano divisi da un incolmabile fossato. Le atmosfere di questo curioso romanzo breve sono senza dubbio il suo punto di forza. L'impianto realistico è solido e ben delineato. Tutti i personaggi condividono una sofferenza che non sembra trovare riscatto. La solidarietà tra gli ultimi, ovvero l'amicizia che lega i protagonisti del romanzo, sembra essere l'unica possibile risposta a questo insopportabile "male di vivere".