Le transizioni
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Declinazioni difformi
Che cosa ci rende unici, diversi, apolidi, aggrappati ad un’ isola, lontani dalla terraferma, in dolce compagnia, in attesa, inesorabilmente soli, che cosa ci appartiene, a chi apparteniamo, come esprimere il proprio io più profondo? Quanto religione, genere, tradizione, identità famigliare, genia, storie, credenze popolari, invenzioni fiabesche hanno ci appartengono e ci rappresentano? Perché evadere da se stessi, allontanarsi dal luogo natio, da un’ illusione condita di falsità in uno stato assediato da odio e caos imminente? Come rendersi visibili nell’ invisibilità, indugiare nel travestimento?
“ Transizioni “ e’ una prolungata e asfissiante apnea del profondo, un giro del mondo vedendosi altrove, una fluida rappresentazione della cruda realtà circostante, un senso indefinito di perdita dell’ amore più grande, la propria identità.
Burjan e’ un giovane uomo che può essere donna, cambiare sesso, nome, nazionalità, luogo di nascita, spetta a lui decidere, gli basta aprire bocca, travestirsi, inventare una storia, un’ origine lontana, un posto dove stare sperando di essere.
Nessuno è obbligato a rimanere se stesso, di volta in volta può scegliere, coprire le menzogne con altre menzogne, è terribile non rappresentare niente per gli altri, essere nessuno, l’ invisibilità come morte prematura.
Di certo Burjan ha rinnegato la propria patria, l’ Albania, una terra di bugiardi, di nessuno, prigione retta da psicopatici, un popolo asfissiato, un luogo surreale, senza direzione, senza senso, abbandonato da tutti, lasciato a se stesso.
Una famiglia distrutta dalla morte del padre, nessuna certezza, presente e futuro, uno stato di abbandono e di solitudine sconfinato nell’ accattonaggio, il desiderio di evadere in un moto perpetuo di non cittadinanza, attraversando realtà divergenti, auspicate, che faticano a riconoscere e ad accettare il diverso.
Berlino, Madrid, New York, Finlandia, Italia, molteplici storie, la medesima storia, incontri, solitudini esposte, condivise, drammi personali, maschere di dissolvenza, sentimenti opachi e passioni travolgenti, uno specchio maledetto che sfugge al dolore dell’ altro, che ha interiorizzato le percosse subite in un mimetismo camaleontico.
Come essere senza riconoscersi, rinnegare origine, passato, nazionalità, iniziare una relazione non parlando mai di se’, riconoscere l’ unicità ignorando il genere di appartenenza?
Che cosa cosa ci rende individui, come guardare alla vita, non temere la morte, identità sottratte, il brusco e doloroso ritorno al senso di solitudine primario?
Un passato tuttora sospeso, non metabolizzato, un amore unico, diverso, atemporale, disperso in un mare in tempesta, un racconto che prende forma
…” nella biglia del suo occhio vedo il suo passato, i terreni muschiosi su cui ha galoppato, le strade tortuose che hanno divorato i soldati caduti dalla sua groppa e bevuto il sangue colato dai suoi zoccoli, e capisco perché non parla mai dei suoi ricordi più orrendi, perché li scaccia sempre dalla mente, lasciando che cadano dalla finestra come bambini da una casa in fiamme ”….
mentre un pensiero ritorna
…”. Non importa dove saremmo finiti perché tutti i luoghi dove ero stato con lui erano stati una casa”…
“ Transizioni “ è un viaggio fluido nell’essenza di un giovane all’ inseguimento di una definizione personale da lui stesso negata. La prosa di Statovci restituisce un elaborato complesso che sfugge a ogni definizione, solido nel calarsi in un reale crudo e molesto, intimo nella sofferta ricerca identitaria, fluido nella transizione corporale, nel travestimento e nell’ indefinitezza di genere, ipnotico e seducente nella rielaborazione di un mondo, tra storia, sogno, fiaba, leggenda.
Che lo scopo ultimo della ricerca non sia la propria origine?
Uno scrittore di grande talento che sa muoversi magistralmente in mondi ugualmente diversi, paralleli e discordanti, restituendo significati profondi ed emozioni vivide a una vita da definire e in gran parte già definita….
Indicazioni utili
Bujar
«[…] dovrei raccontare tutto nei minimi dettagli, mostrare i permessi e la carta d’identità, documenti che è come non fossero miei e mi porto addosso come adipe in eccesso, e dovrei motivare, spiegare e giustificare che non ho l’obbligo di divulgare il mio sesso a nessuno, che non sono responsabile di quello che la gente pensa di me, ma è una loro costruzione, una loro supposizione.»
Pubblicato da Sellerio nel 2020 con traduzione di Nicola Rainò, “Le transizioni” di Pajtim Statovci riprende ed estremizza il principio di Virginia Woolf presente in “Una stanza tutta per sé” per il quale «nel cervello dell’uomo l’uomo predomina sulle donne, e nel cervello della donna la donna predomina sull’uomo».
Tra queste pagine conosciamo Bujar, albanese, la cui storia si sviluppa tra il 1990 e il 2003. Tra ricordi, presente e passato. Partito dall’Albania per l’Italia con l’amico/amore Agim, si muove non solo tra diversi paesi ma anche tra diverse identità. Si muove tra Italia, Finlandia, Stati Uniti, Spagna, ricerca il suo posto nel mondo ma anche la sua identità. Questo soprattutto dopo aver rinnegato le sue origini albanesi. Non è semplice però integrarsi. Non è semplice entrare a far parte di un nuovo contesto sociale soprattutto se ci si sente diversi, se ci si rinnega (rifiuta e rinnega le sue origini) e si è additati come tali. Perché questo significa non avere identità, non avere radici, non avere origini, non avere punti fermi da cui crescere e svilupparsi.
Ma cosa racconta “Le transizioni” se non, in primo luogo, l’attraversamento nel tempo e nello spazio di un protagonista che cerca una identità anche a livello sessuale oltre che etnico.
È un attraversamento fisico e morale ma anche temporale e spaziale. Un attraversamento che è spaziale quando ha abbandonato l’Albania ma anche quando si sposta di paese in paese. È temporale quando si osserva il tempo farsi liquido e scorrere. Ed ancora è liquida quando sono assunte più identità nell’aver perso quella etnica.
A definire il protagonista sono i rapporti con gli altri ma anche la menzogna e l’invenzione. Perché inventare una identità presuppone la morte del proprio essere. Se inventi una nuova identità necessariamente devi rinunciare alle precedenti.
Un romanzo stratificato, complesso, filosofico e mentale. Un titolo che porta il lettore a interrogarsi sul concetto di identità non solo metaforica ma anche concreta, liquida, fluida. Una identità che non accetta e ammette categorizzazioni. Non importa il risultato della realizzazione quanto l’esistere e il vivere le vite che si desiderava vivere, essere liberi, essere umani vivi nel mondo.
«Sono un uomo che non può essere una donna, ma che volendo potrebbe sembrarlo, ed è meglio che so fare, giocare a travestirmi, e decido io quando iniziare e quando smettere. […] Posso scegliere cosa sono, posso scegliere il mio sesso, la mia nazionalità e il mio nome, il luogo di nascita, semplicemente aprendo la bocca. Nessuno è tenuto a rimanere la persona che è nata, possiamo ricomporci come un nuovo puzzle.»