Le strane storie di Fukiage
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Kodachi e Mimi
«Fukiage è un luogo particolare, una specie di isola remota circondata dal mare e dalle montagne su cui si raccontano storie misteriose. In qualche modo si intuisce quali di queste siano vere, e da adulta mi sono resa conto che le persone fanno di tutto per renderle credibili. Solo andando via da qui ho scoperto che posto eccentrico sia.» p. 9
Banana Yoshimoto ha dimostrato e continua a dimostrare nelle sue opere una profonda crescita e maturazione dal punto vista non solo stilistico quanto anche contenutivo pur restando in alcuni passaggi sfuggente, sul superficiale. In “Le strane storie di Fukiage” scopriamo che Kodachi, dopo essersi recata in questo luogo, svanisce del nulla. La sorella gemella sa che è sana e salva seppur di lei se ne siano perse le tracce. Mimi e Kodachi sono orfane di padre, uomo venuto a mancare a seguito di un grave incidente stradale. La madre verte ancora in stato comatoso, uno stato silente e indecifrabile che non lascia trapelare spiragli sul futuro. Prima della decisione di trasferirsi in quel di Tokyo, vivevano con una coppia di amici dei genitori, Kodama e Masami. Sono due giovani molto diverse. Seppur gemelle esse hanno interessi e tratti molto diversi. Kodachi ha preso dal padre i lineamenti e ama tutto quel che concerne l’arte, è poco più bassa di Mimi che invece assomiglia alla madre e ama lo sport. Nulla viene dalle ricerche dei tre (Mimi, Kodama e Masami). Anche il rivolgersi a una divinatrice non porta grandi risultati se non quelli di sciogliere alcune incertezze interiori. A ciò si somma il potere salvifico dell’animo dato dalla natura, Mimi ha infatti un rapporto molto stretto con Yoshimoto, il guardiano del cimitero che è particolarmente avvezzo ai suoi e i colori che questa sa offrire.
La giovane protagonista, però, tra queste pagine non cerca solo la sorella ma anche e soprattutto se stessa, un io interiore, introspettivo e un aspetto emozionale capace di donarle forza e capacità di ripartenza.
«Aprendo gli occhi scoprii di avere un piccolo fiore di manuka in una mano. Un minuscolo fiorellino che emanava una luce intensissima. Proprio come il mazzetto del sogno. Quasi a volermi dire che c’era ancora speranza.»
Un po’ come ne “Le sorelle Donguri”, dove protagoniste sono nuovamente due sorelle tra loro molto diverse di nome Donko e Guriko, anche in “Le strane storie di Fukiage” la Yoshimoto tesse un universo fatto di carattere onirico e introspettivo finalizzato all’analisi e comprensione dell’animo umano. Altro aspetto è dato dalla ricerca delle proprie origini, della propria storia, delle proprie origini, carattere e vita, una prospettiva ulteriore in quest’ultima fatica dell’autrice.
Ma non mancano anche temi di riflessioni quali la morte, la separazione, i legami famigliari, l’andare avanti, il sopravvivere, il trauma di una perdita, il coma, temi già affrontati in opere quali ad esempio “Su un letto di fiori”.
Un titolo senza interruzioni, senza alcuna suddivisione in capitoli e dove l’argomentazione centrale è e resta il dolore. Si apprezza per le problematiche e per la maturazione dell’autrice, resta in alcuni passaggi vacuo, fumoso, sfuggente e per questo tende a perdere in parte di mordente.