Le nere ali del tempo
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I corvi e la coscienza di sè
Respiro autunno nell’atmosfera britannica delle Nere ali del tempo e dell’azienda Bellman & Black, un negozio di articoli funebri, un emporio del lutto nel pieno centro di Londra. Nello scenario della rivoluzione industriale, tocca in sorte a William rompere e ricomporre l’equilibrio fra gli umani e i corvidi, disegnando la sua ascesa, il suo declino e la sua imperitura presenza.
I corvi sono i protagonisti di molte favole, da Esopo a Jean de la Fontaine, ai fratelli Grimm. Essi dimostrano la falsità della convenzione secondo cui non può esserci pensiero senza linguaggio. I corvi capiscono certe elementari relazioni di causa ed effetto, sanno fabbricare e adoperare attrezzi e sono capaci di pensiero analogico. Avendo sviluppato un’area cerebrale chiamata nidopallio manifestano una interessante convergenza evolutiva con gli umani che non riguarda la struttura anatomica ma la funzione mentale. (Rivista Mente e Cervello, agosto 2015)
Il protagonista di questa storia, all’età di dieci anni, con una fionda uccide un corvo e il maleficio lo condanna per sempre alla scoperta dei sentimenti di vendetta, di sfida, di colpa.
Ma se la si può comprare, allora, la morte è poca cosa. E con essa William Bellman tenta di stringere un legame professionale, per esorcizzarla, dopo averle parlato, dopo il corpo a corpo, vuole proporle contratti, magari ricattarla, per mantenere il controllo su quel po’ di vita rimasta e perché non è detto che sia lei a vincere.
Bellman è maschio, è furbo, è un imprenditore brillante, ma “la morte gli aveva messo le briglie. Lui arrancava al suo servizio” (p.146). La triade di difese, sonno, alcol e lavoro, non basta a William. Il suo genio fotte la morte rimanendo vivo, curioso e interessato, accompagnando la propria natura e riconoscendo la personale vocazione imprenditoriale. William, riservato, severo e dignitoso, sfida le esigenze nutritive della morte con l’operosità, con il rispetto verso i suoi operai e operaie. Vince riassumendo, infine, in sé la natura del corvo, il Pensiero e la Memoria.
“Bellman distolse il viso dalla finestra e chiuse le tende. Non gli piaceva che la luna sbirciasse dentro casa sua, indicando ciò che aveva di più caro e mostrando dove fosse il suo tesoro. Preferiva nascondere l’amore per la figlia, preferiva ammantarlo di tenebre piuttosto che sbandierarlo. Forse era meglio per tutti se si teneva in disparte. Come l’uccello che allontana i predatori dal nido dando mostra di sé altrove, avrebbe protetto la figlia mantenendo le distanze. Quanto maggiore il successo della Bellman & Black, tanto più lei sarebbe stata al sicuro.” p.200
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BLACK:IL SENSO DELLA VITA
Chi lo ha detto che le nostre azioni non hanno conseguenze, chi dice che il passato non torna mai?
In questo libro tutti noi possiamo essere William Bellman, che all'età di 4 anni uccide, pur non volendolo, un corvo con una fionda.
Questa sua azione rimane per un bel pò nascosta nel profondo della sua anima, ma ben presto si accorgerà che questa vicenda lo consumerà fino alla fine dei suoi giorni.
Una sera conosce il signor Black, una figura che a lui non incute timore, ma col quale sa di aver accettato una proposta, che però non si ricorderà più di cosa si stratta già dal giorno dopo.
Ma chi è in realtà il Signor Black e cosa vuole da Will? Esiste veramente o è solo frutto della sua immaginazione?
La vita non è stata benevola con William e le brutte vicende che si susseguono nella sua famiglia, lo portano ad impazzire, a non dormire più sonni tranquilli e a dover, per forza di cose, gestire al meglio il tempo, suo unico nemico, cercando di inventarsi le cose da fare. E' noto che, se si tiene la mente occupata, di certo si stà meglio psicologicamente ma, nel momento in cui si esagera, il corpo ne risente.
E' un libro particolare e, se all'inizio può sembrare noioso, vi assicuro che piano piano diventa interessante e ciò che viene raccontato prima, alla fine del libro, si scoprirà essere importante per capirne il finale. Mai lasciarsi quindi sopraffare dal dolore, dai rimpianti di aver perso tempo inutilmente, ma il libro insegna anche che il tempo è tiranno, non guarda in faccia alla morte e bisogna saper apprezzare le cose belle del presente e non abbandonare le persone a noi care. Non isoliamoci, rischieremo di essere troppo soli e anche se il denaro purtroppo serve nella vita di tutti i giorni, diventare troppo ricchi ci farebbe diventare troppo avidi.
Chi più ha, più ne vuole, con la paura poi di dover perdere tutto. E perchè poi lavorare sodo e duramente per vivere una vita da ricchi, quando poi non ci si può godere la vita? Che senso avrebbe?
Black ci fa ragionare su tutto questo.
Un libro dall'alto aspetto morale, che ci pone davanti ad uno specchio ponendoci un sacco di domande e facendoci ragionare sul senso della vita.
"Rischi di smarrire la bussola se ti dedichi per periodi troppo lunghi ad un singolo progetto, a spese del riposo, delle amicizie e della pacifica contemplazione dei misteri della vita".
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Le nere ali del tempo. Sensazione di incompletezza
Ininterrotte morti si susseguono nella piccola cittadina inglese in cui William Bellman vive con l’affetto dei suoi cari e il lavoro di una vita costruito e sudato sulle spalle. Era poco più di un bambino quando lo zio Paul, a fronte della evidente non idoneità del figlio pittore omosessuale Charles, decide di prenderlo a lavorare nell’Opificio di tessuti da sempre appartenuto alla famiglia Bellman. Il nonno di Will non approva questa scelta in quanto il padre del giovane aveva contratto matrimonio con una amabile donna di nome Dora, il cui carisma e la cui bellezza non compensavano la discrepante condizione economica di quest’ultima, era semplicemente troppo povera per poter prendere un uomo come Phill in sposo. Dopo circa un anno dalle nozze è nato William e pochi mesi dopo Phill, rendendosi conto di non ottenere appoggio nemmeno da sua madre, decide di risolvere il problema abbandonando moglie e figlio neonato.
Nonostante tutto la scelta dello zio Paul si dimostra essere ottima; il giovane ha un indiscusso talento per gli affari, una mente sveglia e aperta ai nuovi bisogni dell’opificio, è ben felice di lavorare a stretto contatto con i dipendenti dell’attività e soprattutto ama quel lavoro e non desidera altro che trascorrere i suoi giorni in quel luogo. Gli anni passano e pian piano quando prima un amico come Luke, quando il nonno, quando la madre, quando Paul e quando Charles vengono a mancare. Sempre per morti improvvise e sempre in piena solitudine. Ma si sa, la morte fa parte della vita, dunque l’affranto William non dà peso alle concatenate successioni con cui queste avvengono, non riflette sugli anni che passano e sulle persone che perde. Prende le redini dell’opificio e ne fa un impero sempre più vasto e forte a livello commerciale. E si innamora. Follemente. Perdutamente. Non solo si sposerà con una donna capace e comprensiva di nome Rose ma avrà anche la fortuna di avere ben 4 figli: Dora (la maggiore), Paul, Phill e Lucy. E mai ricorderà di quel corvo, mai rimembrerà di quel fatidico giorno in cui all’età di 10 anni e 4 giorni colpì con la sua fionda il corvide appollaiato su un albero ed ebbe febbre altissima per ben una settimana prima di dedicarsi allo studio nella città di Oxford insieme a Charles.
E così di punto in bianco Lucy inizia ad avere una forte febbre, la neonata non ce la fa e nell’arco di un giorno muore. Subito dopo vengono colpiti Paul e Phill; a loro volta sconfitti, la malattia ha la meglio. E nemmeno Rose verrà risparmiata. I sintomi sono sempre gli stessi. Un giorno dopo l’altro Will perde tutto. Che senso ha avuto la sua vita dedita all’opificio, che cosa gli ha portato e cosa gli dà aver dedicato così tante ore al lavoro se poi tutti gli affetti con cui condivideva il suo benestare gli vengono portati via? Dora. Ultima e non ultima, non immune, non ce la farà. Will lo sa. Ormai conosce la malattia, sa come comportarsi e sa che sua figlia è destinata a morire. Si dirige al Red Lion, non può continuare a stare in casa, il dolore è troppo forte. Beve, si procura una corda e si dirige al cimitero dove sua moglie e i suoi figli sono sepolti. Perché continuare a vivere così? La città è piena di morti, vittime su vittime, nessuno escluso. Dora non arriverà al giorno dopo, non ha più nulla. Il padre non ha più scopi per cui vivere. Sta per abbandonare la sua vita per sempre quando un uomo, beffardo e sicuro si manifesta come un fantasma davanti ai suoi occhi. E’ lo sconosciuto presente ad ogni funerale. L’uomo che scorgeva sempre e che tanto gli incuteva terrore: ma perché? Black, così verrà rinominato questo silenzioso personaggio, gli propone un affare. Istintivamente Will accetta, è convinto che la colpa della malattia di Dora e la morte dei membri della sua famiglia sia da attribuire a costui e se c’è anche un modo per salvarla lui come padre non può sottrarsi. Sin dal mattino successivo la figlia inizia a star meglio, quando riprende a parlare confessa alla governante di non aver sentito altro che il gracchiare dei corvi nei giorni e giorni di agonia. Ma cosa ha siglato Will con Black? Qual è l’accordo? L’unica cosa che ricorda è che “la morte non passa mai di moda”, dunque perché non aprire un opificio del lutto seguendo l’idea del misterioso uomo? Will muta, lascia il suo opificio a due direttori, è taciturno, provato, il vecchio Bellman non esiste più. I colori non fanno più parte della sua vita, solo il nero è ammesso, tollerato ed amato. A Londra darà vita alla sua nuova attività funebre appellandola “Bellman&Black” in onore del suo misterioso ispiratore. Ma non sempre tutto va come vorremmo……
Il romanzo è caratterizzato da una scrittura scorrevole, paragrafi brevi ed è avvalorato da una buona idea di partenza. Apprezzabile l’inserimento delle postille sui corvidi riscontrabili tra un capitolo e l’altro. Se però le prime 150 pagine scorrono rapide e catturano il lettore, la seconda parte dell’opera si presenta lenta, farraginosa e superficiale da un punto di vista del contenuto (troppa l’attenzione rivolta ai preparativi dell’opificio) per poi riprendersi sul finale che comunque non stupisce ed è prevedibile. Buona la morale che non convince ahimé completamente. Non lascia quella sensazione di certezza, di un’opera ben costruita e solida nel suo essere. Anche il dolore di William per “aver fatto un passo più lungo della gamba” è prevedibile. Peccato perché le premesse erano buone. Convinta a metà. Un’opera che può definirsi non impegnativa, consigliata a chi cerca un qualcosa che non richieda troppa concentrazione.
Indicazioni utili
- sì
- no