Narrativa straniera Romanzi La versione di Barney
 

La versione di Barney La versione di Barney

La versione di Barney

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La vita allegramente dissipata e profondamente scorretta di Barney Panofsky, personaggio fuori misura, indifferente a tutto ciò che ottunde la vita. Una delle storie più divertenti che ci siano mai state raccontate.



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La versione di Barney 2016-01-03 15:01:25 Cristina72
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Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    03 Gennaio, 2016
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Tu non mollare, Barney

Che dire di Barney Panofky? E' un essere umano, innanzitutto, nell'accezione più ampia del termine: non completamente colpevole né del tutto innocente.
Alle soglie della vecchiaia e con una memoria che comincia in modo inquietante a perdere colpi, decide di mettere nero su bianco la sua vita, di raccontare la sua versione dei fatti, visto che gli è rimasta appiccicata addosso un'accusa di omicidio, accusa suffragata dalla biografia di un suo vecchio amico-nemico.
Le frequenti digressioni sul mondo dell'hockey, soprattutto nelle prime pagine, mettono alla prova la pazienza del lettore, così come i discontinui salti temporali, ma certi episodi raccontati in modo impeccabile, con tono arguto, indolente, nostalgico, a volte persino poetico, rendono il romanzo degno di essere letto.
Ne esce, tra le righe, un uomo istintivamente generoso e più puro di quel che si creda, in contrasto col provocatore semialcolizzato e un po' carogna con tre matrimoni alle spalle (ma un solo unico vero amore).
Certo, la sincerità non sembra essere il suo forte (“sono un contaballe nato”) e forse è meglio non fidarsi troppo di uno che corregge lo champagne col cognac e che ha fatto soldi a palate con trasmissioni trash, ma in mezzo a tanta fuffa, tra “la puzza di stantio e di sogni infranti”, si intuisce un'onestà di fondo, quella di chi non ha più niente da perdere ma che vuole giocare la sua partita fino in fondo:
“...ho sputato la dentiera e me la sono infilata in tasca, mettendomi in posizione di combattimento, a guardia alta”.
Il finale, in effetti, riserverà una sorpresa, lasciando di stucco... chi non ci aveva creduto.

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La versione di Barney 2015-02-21 23:28:01 bluenote76
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bluenote76 Opinione inserita da bluenote76    22 Febbraio, 2015
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IRRIVERENTE

Barney Panofsky è un ricco ebreo canadese, figlio di un poliziotto corrotto, produttore di serial TV molto molto commerciali, ma che rendono bene. Ha un passato da raccontare di una vita dissoluta, che continua nonostante abbia sessantotto anni. L’opportunità di scrivere la sua autobiografia gli viene dall’uscita del libro del suo amico-nemico Terry McIver, “Il tempo, le febbri”, dove lo stesso racconta la storia della loro vita dissoluta a Parigi, della loro compagnia dissennata, dedita all’alcool, all’abuso di droghe, senza un soldo, sempre a vivere di stenti e poco altro. Della compagnia facevano parte oltre a Terry e Barney, Clara Charnofsky, pittrice e poetessa, che diventerà in seguito la moglie di Barney e avrà una sua grande notorietà, anche se postuma, e Bernard “Boogie” Moscovitch da tutti considerato un astro nascente, ma che non riuscirà mai a scrivere nulla se non storielle. Sul libro di McIver vengono tutti messi alla berlina, soprattutto Barney, che si vedrà costretto, quindi, a dare una sua “versione” dei fatti. Nel corso della stesura delle sue memorie tuttavia, i ricordi di Barney diventano via via confusi: gli episodi del suo passato si intrecciano indissolubilmente con gli avvenimenti del suo presente, così che l’intero romanzo risulta essere una serie di flashback disordinati: i racconti delle giornate del “vecchio” Barney (acciaccato, abbandonato dalla moglie e alcolista irrecuperabile), si mescolano alla girandola dei ricordi di una vita ricca di avvenimenti e incontri straordinari. Il romanzo è strutturato in tre parti, una per ognuna delle mogli di Barney, anche se a causa delle continue digressioni, episodi concernenti a tutte e tre le donne saranno presenti in tutte e tre le parti. La prima moglie, la pittrice e poetessa Clara Charnofsky, morta suicida a Parigi (verrà incolpato anche di questo), la ciarliera seconda Signora Panofsky, di cui non conosceremo mai il nome, che Barney sposa senza troppa convinzione e dalla quale divorzierà presto, e Miriam, il suo unico grande amore, la madre dei suoi figli Mike, Saul e Kate, con cui ha un rapporto conflittuale. Barney non ha rispetto per nessuno, soprattutto per se stesso. Tutti verranno presi di mira. Dagli ebrei, che sono messi alla berlina, ai francofoni, agli scrittori celebri, a svariati altri gruppi etnici, e anche i lifting verranno collaudati con una ditata sulla guancia: “volevo vedere se restava l’impronta!”. Ma soprattutto il libro, che verrà pubblicato postumo dal figlio Mike (con le sue note a piè di pagina a correggere gli errori paterni), deve spiegare al mondo intero il più grande cruccio di Barney, quello per cui nessuno è disposto a giurare sulla sua innocenza. La morte del suo amico Boogie, secondo molti ucciso in un impeto di gelosia (lo ha trovato a letto con la seconda signora Panofsky), di cui il cadavere però non è mai stato ritrovato. In trent’anni nessuno è riuscito a far luce sulla verità e Barney alle sue bugie ci tiene: “La prima volta che ho detto la verità sono stato accusato di omicidio. La seconda ci ho rimesso la felicità.” Il suo motto è negare, negare sempre, ma quando si mette a scrivere la sua versione dei fatti Barney, arruffone e logorroico, giura che sarà affidabile e sincero. A minare le sue buoni intenzioni c’è però l’Alzheimer che costringe il poveretto a faticose ricerche per la parola giusta, si ripete in continuazione chi sono i sette nani senza mai ricordarlo, scorda spesso i nomi di semplici attrezzi, come il mestolo e via dicendo. Disincantato, arruffone, pieno di parolacce, ma bello e vero, come risulta essere il suo protagonista. Ho amato Barney Panofsky per quello che era da giovane, e per come aveva preso la sua vita da vecchio, gli ho voluto anche un po’ bene. Alla fine si è goduto la vita molto più di altri. Un protagonista irriverente, per un libro altrettanto irriverente.

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La versione di Barney 2014-09-05 10:15:43 Vincenzo1972
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Vincenzo1972 Opinione inserita da Vincenzo1972    05 Settembre, 2014
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Vi presento il mio amico Barney

Ci credereste mai che un ubriacone, cinico, scontroso, irriverente ed individuo politicamente scorretto possa risultarvi simpatico, se non addirittura amabile e di piacevole compagnia?
Ah, no? allora provate a trascorrere qualche giorno, quelli necessari per completare la lettura di questo libro, in compagnia di Barney Panofsky e vi ricrederete.
Ma procediamo per gradi. Anzitutto le presentazioni: settant'anni, intensamente e sregolarmente vissuti, tre matrimoni 'sulle' spalle, il nostro caro Barney viene accusato dallo scrittore Terry McIver nella sua biografia dell'omicidio dell'amico Bernard Moscovitch, detto Boogie.
Accusa infondata, come concluso anche dalla sentenza a suo favore emessa in tribunale, ma da cui Barney intende difendersi e per farlo ci racconta la storia della sua vita cercando così di dimostrarci la sua innocenza.
Ma la narrazione non è affatto lineare, soprattutto nelle prime pagine è forte il rischio di perdersi nel caos di digressioni incastrate in altre digressioni rese ancora più aggrovigliate per la moltitudine di personaggi e luoghi introdotti.
L'impressione che ho avuto leggendo il libro è proprio quella di essere seduto al tavolo di un bar con questo nonnino che decide di raccontarmi la sua vita dopo aver bevuto, tutti d'un fiato, una decina di whiskies ed un paio di cognac.
ops! scusami Barney, lo so che detesti essere chiamato nonno:

"Lo trovo indecente. Dentro di me continuo ad avere 25 anni, massimo 33, tò. Certo non settantasette, con quel che ne segue - la puzza di stantio e di sgoni infranti, l'alito cattivo, le gambe che avrebbero un disperato bisogno di una bella lubrificata. E ora che mi è toccato farmi mettere un'anca in vera plastica, non sono neppure più biodegradabile. Gli ambientalisti mi negheranno il diritto alla sepoltura."

E con inesauribile energia, Barney ripercorre tutte le tappe della sua esistenza anche quelle meno importanti, quelle che si presentano solo come rapidi flash nella sua già labile memoria, sempre più incerta e deformata dal morbo di Alzheimer e della cui frequente fallacia egli stesso ne è consapevole e non manca di farmelo presente:

"Ieri notte, quando finalmente stavo per prendere sonno, mi sono reso conto di non ricordarmi come si chiama il coso per tirare se la minestra. Ma tu pensa. L'avrò usato un milione di volte. Lo vedevo come se ce l'avessi davanti agli occhi. Ma quel cazzo di nome, niente.
Non avevo nessuna voglia di alzarmi dal letto e mettermi a scartabellare fra i libri di cucina che Miriam ha lasciato qui, anche perchè mi avrebbe ricordato qualcos'altro, e cioè che se se n'è andata la colpa è solo mia. Senza contare che mi sarei dovuto comunque alzare più tardi, verso le tre, per la pisciatina di metà notte, e allora tanto valeva aspettare.
Pisciatina, ho detto: non l'impetuoso getto schiumante della Rive Gauche, cari miei, proprio no. Adesso è uno stillicidio, plic plic plic, e hai voglia a scrollare, l'ultimo goccetto ritardatario cola immancabilmente sulla gamba del pigiama."

E' un tipo strano questo Barney, sicuramente sincero, colto, un lettore instancabile, ma anche una persona rude, cinica, facilmente irascibile e spesso intrattabile.
Beve troppo, fuma troppo, ultras sfegatato, manda lettere tremende a quelli che odia e anche a quelli che ama, inveisce ferocemente contro tutti, amici, conoscenti, scrittori, ebrei e canadesi, donne altezzose e donne rifatte:

"Al Lord Byng Manor vantiamo anche un buon numero di divorziate avanti negli anni. La mia preferita, un'anoressica con un caschetto di capelli ossigenati, il seno un tempo piatto come una tavola, e due manici di scopa al posto delle gambe, non mi parla più dalla volta che ci siamo incontrati al suo ritorno da una clinica di Toronto specializzata nel riciclo di carampane, dove era andata a farsi dare una tirata alla faccia ed una gonfiatina alle poppe. La incrocio nell'androne e le stampo un bacio sulla guancia. "Che hai da fissarmi?" mi fa lei. "Niente, volevo solo vedere se resta l'impronta."

Ecco, ma cos'ho fatto? Ho parlato di donne... un velo di tristezza cala sul volto del nostro Barney, e giù un altro whisky.
Eh già, le donne, croce e delizia... o meglio, ho l'impressione che le donne per Barney si dividano in due categorie: Miriam e tutte le altre.
Miriam è l'unica donna che Barney abbia amato veramente, un amore che traspare dalle parole bellissime con cui ricorda i momenti più felici della loro vita coniugale ed in particolar modo il loro primo incontro, il colpo di fulmine:

"Quando mi ritrovavo a passeggiare in quelle stanze nel cuore della notte, con l'ennesimo bicchiere in una mano ed il miliardesimo Montecristo nell'altra, chiudevo gli occhi e ripensavo a Miriam, a come mi era apparsa il giorno delle mie nozze con la Seconda Signora Panofsky. La donna più bella che avessi mai visto. Lunghi capelli neri come l'ala di un corvo. Occhi blu da perdere la testa. Un vestito da cocktail di chiffon azzurro, e una grazia meravigliosa, meravigliosa. Dio, quella fossetta. E quelle spalle nude... Sono tre anni che Miriam se n'è andata, ma continuo a dormire da una parte del letto, e appena mi sveglio la cerco. Miriam, mia adorata Miriam."

Ma Barney è stato capace di perdere anche Miriam, l'unica donna che lo ha amato sino in fondo ed accettato per quello che era.
Beh.. questo è un libro che lascia l'amaro in bocca.. indubbiamente.. è la storia di un uomo che sa di aver trovato un tesoro, l'unica persona con cui valga la pena condividere la vita e con cui riesce a dare un senso alla propria formando una famiglia, dando al mondo dei figli che lo amano e non lo abbandonano nella vecchiaia e nella solitudine... ma che, nonostante ciò, riesce comunque a farsi sfuggire.
Non so quanto ci sia di autobiografico in questo libro... suppongo molto però, per il dettaglio con cui sono state descritte certe situazioni vissute da Barney e per quel poco che ho letto in giro in merito all'autore Mordecai Richler, ma mi piace immaginare cosa abbia potuto provare la 'vera' Miriam leggendo queste pagine; io credo che in questo romanzo Barney non voglia tanto discolparsi della morte del suo amico quanto, piuttosto, dichararsi pentito per aver tradito la fiducia della donna amata... perchè non ho mai letto parole più toccanti ed intense di quelle che usa per Miriam, la sua adorata Miriam.
Questa non è la storia di un uomo perfetto, virtuoso.. Barney ha molti difetti più che pregi.. non è il tipo di super-uomo, extra-terrestre, incolume ed insensibile alle tentazioni terrestri... è un uomo che ha sbagliato, ha perso ciò che di più prezioso aveva nella vita e se n'è reso conto. Forse troppo tardi?.. sì, forse, ma è così che va la vita sulla terra.

"Ma la verità è che nulla mi delizia quanto una biografia da cui apprendo che questo o quel presunto grande in realtà era una vera merda.... Se dei personaggi ci viene mostrato solo il lato migliore, restiamo sconfortati, perchè riteniamo impossibile imitarli in alcunchè. I grandi scrittori descrivono anche le azioni più basse degli uomini, non solo quelle virtuose. E questo sortisce un effetto benefico, perchè risparmia all'umanità la disperazione".

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La versione di Barney 2014-06-04 09:35:58 Stefanocarrera
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Stefanocarrera Opinione inserita da Stefanocarrera    04 Giugno, 2014
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Il piacere di un buon libro

"Barney's Version" di M. Richter è un libro divertente, triste ed estremamente commovente; una lettura non semplice, che sfida il lettore conducendolo attraverso un intricato labirinto di citazioni dirette ed indirette che si fondono, a loro volta, con i diversi strati, incollati, sovrapposti e giustapposti l'uno all'altro, della sbiadita memoria del protagonista. Perla centrale del romanzo è la sofferenza del protagonista, ebreo canadese ed anglofono che vive a Montreal, uomo amaro e pieno di difetti che è impossibile non amare, il quale si perde nei ricordi per sfuggire, forse, all'inevitabile oblio che lo attende. E allo stesso tempo coltivando la propria fine, sofferta redenzione di un peccatore innocente.

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"Qualcuno volò sul nido del cuculo"
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La versione di Barney 2013-09-12 18:08:21 Giuliabruzzese
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Opinione inserita da Giuliabruzzese    12 Settembre, 2013

Storia meravigliosa

Questo libro è sorprendentemente coinvolgente e ha una trama molto ricca, anche se i contenuti sono esposti in maniera (volutamente) confusa. Lo stile di Richler rispecchia perfettamente lo stato d'animo del protagonista/narratore, caratterizzato dall'affastellamento di pensieri e ricordi. La prima parte del libro è forse poco scorrevole a causa della discontinuità dell'intreccio narrativo, ma andando avanti tutto risulta chiaro. La narrazione è appesantita dall'aggiunta di molti nomi di locali, cd, libri, squadre, città che secondo me sono elementi superflui. Per il resto, bellissimo libro.

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La versione di Barney 2013-04-17 06:53:39 enrico bo
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Opinione inserita da enrico bo    17 Aprile, 2013

Corrosivo, divertente, tragico

Il libro è decisamente interessante. L'importante è resistere alla parte iniziale, a causa di uno stile difficile ed ai continui flash back che rendono la narrazione complicata da seguire. Poi la vicenda ti prende e non molli più fino alla fine. Il personaggio Barney Panofki, gretto, opportunista, volgare e scorretto, si potrebbe dire impresentabile, si racconta in modo mirabile e l'interesse del libro procede su diversi piani. L'intreccio della vicenda che si conclude con un bel colpo di scena finale. Il modo di raccontarsi del protagonista così politicamente scorretto da essere esilarante e tragico al tempo stesso. Gli spunti di critica pungente e feroce a molti mondi, da quello dello spettacolo, all'universo ebraico, a quello della letteratura in cui non viene risparmiato nessuno dei nomi più riveriti e famosi. Infine il problema dell'Alzheimer che aleggia dalle prime pagine come un fantasma leggero, fino alla devastazione finale. Divertente, sarcastico, complesso e meritevole di lettura. Un libro da cui ricavare un film con le stesse caratteristiche, non è cosa facile. Infatti, il lavoro di Lewis pur valido e riuscito, non può rendere tutte le sfumature del libro e riconferma l'idea che libri e film vanno trattati indipendentemente per non rimanerne delusi.

Certamente comprimere in un'ora e mezza un lavoro così ricco di sfumature e personaggi non è agevole e molti particolari divertenti devono essere lasciati da parte, così come molte figure non possono essere tratteggiate nei particolari come meriterebbero, cose che rappresentano uno dei maggiori meriti del libro e uno dei più pesanti limiti della pellicola, ma il risultato è comunque valido e consiglierei di vedere anche il film, pur se il finale è rappresentato in maniera un po' criptica per lo spettatore disattento.. Ottimi gli attori che coprono bene i personaggi. Difficile consigliare se dedicarsi prima al libro, come sarebbe d'uso o al film. Forse meglio il passaggio inverso, cosa che farebbe affrontare la lettura senza la fatica iniziale di raccapezzarsi nei meandri della vicenda, facendone quindi apprezzare meglio i contorcimenti del pensiero di Barney, obnubilato spesso dai fumi dell'alcool e poi via via dall'aggressività della demenza incombente. Forse è proprio qui tutto il fascino del racconto, seguire una vicenda raccontata in prima persona da un ubriaco che perde progressivamente la memoria. Cattivo, sarcastico, divertente, tragico.

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Classici americani
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La versione di Barney 2013-02-28 23:22:55 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    01 Marzo, 2013
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La versione di Barney di Mordecai Richler

“La versione di Barney” di Mordecai Richler, pubblicato nel 1997, è un romanzo in cui satira e sarcasmo si mescolano, senza risparmiare persone, sentimenti, affetti: una dissacrante rappresentazione del mondo di cui il protagonista è parte integrante e che egli giudica dal suo punto di vista “politicamente scorretto”. È questa una definizione nata negli Stati Uniti, in contrasto con il “politicamente corretto”, che esprime la volontà di definire in maniera talvolta eccessivamente edulcorata sia situazioni e ruoli di basso livello, sia difetti fisici: una contrapposizione tra l’esasperata e cinica adesione espressiva alla realtà e una giusta e rispettosa negazione di ogni pregiudizio razziale, religioso o di orientamento sessuale.
Il racconto nasce dalla volontà di Barney, ormai anziano, di raccontare la sua vita disordinata e spesso confusa. Egli divide la narrazione in tre parti, ciascuna delle quali è dedicata ad una moglie: all’interno di ogni parte inserisce varie digressioni temporali e spaziali, seguendo l’esempio, come egli stesso afferma, del grande Laurence Sterne, romanziere del settecento, che per primo si servì di questa tecnica.
I ricordi del protagonista sono spesso avvolti dalla nebbia della memoria offuscata per l’Alzheimer incombente o per i fumi dell’alcool. Ciò non impedisce a Barney di scagliare le sue frecce avvelenate ora contro la prima moglie, psicopatica morta suicida, che raggiunge una grande fama come pittrice solo dopo la sua morte, ora contro la sua seconda moglie, mai nominata col suo nome proprio, ma sempre come Seconda Signora Panofsky, snob e arrivista, ora contro i suoi stessi figli, di cui esamina con spietato cinismo i difetti, pur lasciando trapelare l’amore che nutre per loro. Lo stesso trattamento riserva a suo padre il vecchio Panofsky , un piedipiatti, violento e rozzo, e a sua madre, vecchia demente, di cui non nutre un ricordo particolarmente tenero. L’unica a essere risparmiata è Miriam, la terza bellissima, amatissima moglie, che, offesa nel suo orgoglio femminile, lo abbandonerà, pur rimanendogli molto legata.
Né Barney risparmia gli amici: non McIver, non Boogie, del cui assassinio verrà accusato. Di ogni amico sottolinea i difetti, i limiti professionali, non sottovalutando neanche i suoi, dal momento che si definisce un mediocre produttore di spot pubblicitari, che aveva saputo solo accumulare denaro in gran quantità. E il mondo del cinema e della televisione ne esce davvero a pezzi da questo attacco impietoso. Barney non risparmia nemmeno icone dell’arte o della letteratura o del mondo politico. Si diverte a colpire impietosamente Hemingway, T.S.Eliot, M.Luther King, J.F.Kennedy, solo per citarne alcuni. A volte sembra stia giocando a bowling, con la voglia irrefrenabile di fare uno strike. Non mancano neanche le critiche al mondo ebraico di cui è egli stesso parte. Alcune digressioni riguardano proprio alcune lettere o documenti che Barney inserisce, seguendo lo stile di Saul Bellow, da lui spesso citato, grande scrittore, premio Nobel, ebreo lui stesso, che testimonierebbero una tendenza a rilevare casi di antisemitismo ebraico: un concetto che potrebbe sembrare una contraddizione in termini, una sorta di ossimoro, ma che è invece un sentimento che si diffonde tra quegli ebrei che non approvano la politica di Israele e, in Israele, tra coloro che criticano gli atteggiamenti degli ebrei che non hanno aderito al sionismo.
La narrazione inizia all’ombra dell’Alzheimer e si conclude nello squallore dell’Alzheimer conclamato: come se il messaggio subliminale consistesse nell’amara constatazione che l’uomo vive e sopravvive in un eterno stato confusionale, ora dovuto all’alcool, ora alla droga, ora alla degenerazione naturale delle cellule cerebrali.
La grande amarezza che il romanzo nel suo complesso lascia nel lettore, al di là dei brani obiettivamente divertenti, a volte persino esilaranti, è controbilanciata da quel perfetto coûp de theâtre che troviamo proprio nelle ultime righe, quelle scritte da Mike, uno dei figli di Barney, che scioglie il nodo della misteriosa scomparsa di Boogie.

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Herzog di Saul Bellow
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La versione di Barney 2013-02-27 19:59:51 petra
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petra Opinione inserita da petra    27 Febbraio, 2013
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Irresistibilmente scorretto

“Ma ho anch'io i miei principi. Non ho mai venduto armi, droga o cibi dietetici”.

Confesso di aver faticato un po’ nella prima parte di questo libro, siccome il romanzo comincia in medias res, e il protagonista, nel suo monologo, accenna inizialmente a fatti e persone che si chiariranno solo successivamente. Ma la fatica delle prime pagine è stata ampiamente ripagata dal seguito, assolutamente spassoso e piacevole.

La versione di Barney nasce in risposta alle pesanti calunnie mosse al protagonista da un ex amico, lo scrittore Terry Mc Iver; come piccata replica Barney Panofsky, ultrasessantenne produttore televisivo canadese, spumeggiante e decisamente sopra le righe, scrive questo biografia involontariamente e genuinamente esilarante, costituita delle sue“ memorie”, certo politicamente molto scorrette e molto caotiche, ma assolutamente spassose.

Il protagonista è ben consapevole di non aver avuto un’esistenza definibile come morigeratissima, avendo passato allegramente gran parte di essa fra bevute e fumate con scrittori e artisti in fieri, e guadagnandosi da vivere con sceneggiature televisive di dubbio gusto, ma non rinnega nulla, non cerca scusanti o paraventi; la sua spontaneità e sincerità lasciano disarmato il lettore, suscitando una benevolenza e una simpatia inaspettate e inizialmente insospettabili.

Il suo racconto procede via via fra ricordi, divagazioni (soprattutto queste) riflessioni personali, parentesi aperte e spesso non chiuse, accuse e sfottò decisamente sarcastici ma che, personalmente, mi hanno fatto letteralmente sbellicare dal ridere. Barney è un fiume in piena, la sua ironia è caustica, corrosiva e molte delle sue frecciate sono fulminanti ma anche estremamente divertenti.

Non giovano al filo narrativo, ma certamente alla scanzonata piacevolezza della narrazione sì, gli improvvisi vuoti di memoria del protagonista, che tuttavia riesce a rimediarvi con associazioni mentali quantomeno fantasiose e sicuramente articolate. Il protagonista si conosce, è consapevole del suo caratteraccio e un po’ ci gioca, ma non fa nulla per nasconderlo: questa forse è la forza della sua simpatia.

Egli è infatti un personaggio intelligentissimo, ma burbero, scontroso e avulso da ogni regola di minimo buon senso; beve e fuma troppo, non risparmia nessuno dei suoi nemici da battutacce al vetriolo, ma alla fine ti conquista, quando, dietro la facciata da uomo burbero, intravedi un uomo ancora perdutamente innamorato dell’ex moglie, un anziano signore cui l’età che avanza sta aggiungendo un bel po’ di confusione mentale senza riuscire, però, a intaccare mordente e vitalità.
Specie nell'ultima parte del romanzo, quando Mr.Panofsky ci appare in tutta la sua vulnerabilità,anche fisica, ben celata sotto la scorza da duro, ispira una tenerezza infinita.

“Posso querelare per diffamazione un tizio che mi accusa nero su bianco di avere picchiato mia moglie, di essere un plagiario, uno spacciatore, un alcolizzato con tendenze violente, e con tutta probabilità anche un assassino?"
"Non saprei. Mi sembra che il tizio sia piuttosto bene informato".

Un libro leggero e intelligente, una storia sconclusionata ma appassionante, un personaggio comico, arguto e irresistibile.

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La versione di Barney 2013-01-24 12:23:23 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    24 Gennaio, 2013
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A Miriam: una bellissima dichiarazione d'amore.

In questo libro ironico, sarcastico ma soprattutto tenero e malinconico Barney Panofsky ripercorre la sua lunga vita all'insegna di alcune amicizie e di tre matrimoni. Tutta la storia è segnata dal senso di colpa di Barney per la morte della prima moglie Clara che lo vede imperdonabilmente assente e sordo alla sua esplicita richiesta d'aiuto. Barney ha un rapporto strano con questa donna di profondo reciproco rispetto nonostante la sua infedeltà e labilità mentale. E' sostanzialmente questo, e non l'omicidio dell'amico il suo delitto e il suo peccato originale. Di questo Barney si considera assolutamente colpevole. Interessante il suo rapporto con le donne. Il suo rispetto per la prima moglie, nonostante tutto, probabilmente per il fatto che la donna è comunque un'artista e una persona molto originale benché completamente pazza e inaffidabile. Perché Barney tutto può tollerare ma non la mediocrità impersonata dalla seconda moglie e dall'amico Mc Iver, banali, conformisti, anonimi resi ridicoli dal sarcasmo dell'autore per molte piacevoli pagine del libro. Il più grande delitto nel mondo di Barney Panofsky è la banalità, il conformismo, l'essere come sono tutti. Da qui l'avversione assoluta per la seconda moglie e la tolleranza, anzi l'affetto e l'ammirazione per la prima. Niente è peggio della mediocrità, nel mondo di Barney. In fondo che gli importa di trovare il geniale amico Boogi a letto con sua moglie (la seconda)? Il litigio con Boogi è per il libro che non ha scritto, per il fatto che l'amico non mette a frutto il suo talento di genio. Un piccolo tradimento è niente rispetto al genio, per questo Barney non avrebbe mai ucciso Boogie e non si perdona la morte di Clara. Nel suo mondo il genio va difeso a qualsiasi costo.
Il libro contrappone la noiosa e borghese seconda moglie alla terza, l'adorabile Miriam.
Miriam ha cervello, cuore e fin troppa personalità perciò condanna Barney alla pena che si merita non tanto per il tradimento di cui si pente per primo ma per la morte della prima moglie. Ci sono pagine davvero tenere malinconiche e di grande delicatezza che fanno del libro sostanzialmente una grande dichiarazione d'amore a Miriam. Un libro bellissimo di cui mi piacerebbe capire di più, soprattutto riguardo al fatto che sia una storia in qualche modo autobiografica.
P.S.: il film invece non è un granché.

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La versione di Barney 2012-02-28 15:19:31 websurfer78
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
websurfer78 Opinione inserita da websurfer78    28 Febbraio, 2012
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Riflessioni sulla vita...

Barney Panofsky,canadese di Montreal,ricco,alcolizzato e fondamentalmente solo,giunto alla soglia dei settant'anni,ripercorre gli eventi della sua caotica e affascinante vita,dagli anni parigini,passati a coltivare il sogno di diventare uno scrittore,insieme ai suoi amici letterati,al ritorno nella sua città in Canada,dove si arricchisce diventando produttore televisivo di programmi di dubbia qualità (vi ricorda qualcosa?).Un passato condito da tre mogli,tre figli,amici,nemici...e un'accusa di omicidio...E insieme al passato,così ingombrante e opprimente,Barney ci racconta il suo presente,fatto di whisky,sigari Montecristo,una prostata che non va,la memoria sempre più deficitaria,ma soprattutto tanti rimpianti e una grossa dose di malinconia...
La prima cosa da dire del romanzo di Richler è che non si tratta di una lettura facile : il modo di raccontare di Barney è assolutamente confuso,senza alcun criterio logico e cronologico,un po' come confusa e caotica è stata (ed è) la sua,di vita.Passato e presente si mischiano spesso,gli episodi fondamentali si alternano con quelli futili,spesso ci si perde nelle divagazioni mentali del protagonista,nella selva di ricordi che lo spingono a buttar giù le proprie memorie.
Tutto questo ,però,rende estremamente umano il suo racconto,che è certamente pervaso da ironia,ma un'ironia amara,amarissima,quella di un uomo che al crepuscolo della propria vita si trova a rimpiangere ciò che poteva essere,e non è stato.Soprattutto,la separazione dalla sua ultima moglie,Miriam,la cui storia d'amore è ripercorsa attraverso passaggi bellissimi,estremamente reali e ugualmente dolorosi.
Non mancano,poi,le riflessioni sul concetto di amicizia,in particolare legate al rapporto con Boogie,amico decisamente particolare e controverso...
Un libro molto intenso,quindi,nello stile e nei contenuti,non comico a mio parere,decisamente malinconico invece,ed estremamente realistico per il modo in cui rappresenta i sentimenti di un uomo così complesso,ma,alla fine,così comune...

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