Narrativa straniera Romanzi La venticinquesima ora
 

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La venticinquesima ora

Letteratura straniera

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"La venticinquesima ora" segue Monty durante le sue ultime 24 ore fuori. Monty vorrebbe interrogarsi sulle sue scelte di vita. Ma ha solo 24 ore, una sola misera notte da passare ancora coi suoi amici: Frank Slattery e Jakob Elinsky. Un'ultima notte per fare casino. Un'ultima notte di libertà. Ma prima di andare a Otisville, nella prigione federale, Monty ha un piano da mettere in atto, un piano diabolico che scioccherà tutti quanti.



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La venticinquesima ora 2020-12-02 14:59:15 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    02 Dicembre, 2020
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La speranza di quel cerchio non chiuso

«[…] Ma quando un pensiero nasce, come si fa a dimenticarlo? Quando il dubbio inizia a erodere la fiducia, come puoi fidarti ancora? E se non puoi fidarti della donna che dorme insieme a te, della donna che giace al tuo fianco quando sei più indifeso, di chi mai potrai fidarti?»

Monty credeva di farla franca, credeva di aver trovato la giusta strada per fare soldi facili e avere il suo posto nel mondo con la consapevolezza di essere. Pusher, frequentatore di locali alla moda e di bande criminali, fidanzato con la bella Naturelle e padrone di un cane che mai lo abbandona sin dal loro primo incontro, è stato però scoperto dalle autorità e adesso non ha altro che ventiquattro ore prima di essere trasferito in quel carcere che lo ospiterà per ben sette anni. Tuttavia, egli sa bene che in realtà quello che dovrà pagare sarà un prezzo molto ma molto più alto. Perché quei sette anni, almeno, in una struttura detentiva saranno costellati da umiliazioni, soprusi, violenze e quando uscirà, se uscirà, non sarà più lo stesso. La vita che ha conosciuto non sarà più la stessa, il Monty che è sempre stato non sarà più lo stesso. Scappare non ha senso, la sua fuga sarebbe pagata dal padre e da quell’attività che da anni porta avanti. Cosa fare di questo poco tempo che gli viene concesso prima della pena che dovrà espiare? Cosa fare se non trascorrere quella lunga notte con Slattery, un agente di borsa che conosce un unico Dio, il denaro, e Jakob Elinsky, ventiseienne docente di letteratura insoddisfatto sia della sua vita professionale che lavorativa? Cosa fare se non godere per l’ultima volta della sua Naturelle, compagna portoricana amata come poche, e del suo cane?
A far da cornice, New York, un luogo che fa da sfondo ma anche da coprotagonista donando alle avventure narrate nel romanzo un carattere ulteriore che trascende dal mero e semplice aspetto relativo alle vicende dell’antieroe creato da Benioff.

«Il potere ti aiuta a far soldi e i soldi danno potere, ma il potere non dipende dai soldi. Potere vuol dire entrare in un negozio sapendo che puoi comperare tutto quello che c’è sugli scaffali, certo, ma vuol dire anche che il commesso ti fa entrare dopo l’orario di chiusura così che tu e la tua ragazza possiate gironzolare indisturbati fra i banconi; potere è quando il commesso apre per te il retro del negozio per mostrarti gli ultimi arrivi, ancora fasciati nei sacchi di plastica; potere è il commesso che rimane in un angolo in silenzio, mentre tu frughi fra la sua merce, e non si lamenta se palpi i vestiti o baci la tua ragazza per un’ora intera, perché ti conosce e non vuole mettersi nei guai. Potere è telefonare in mattinata e ottenere i posti migliori al Madison Square Garden per lo spettacolo della sera. Potere è entrare in un night-club dalla porta di servizio, in modo da evitare il metal detector. Potere è fissare negli occhi un agente travestito nella metropolitana: tu sai cos’è lui e lui sa cosa sei tu, e tu gli fai l’occhiolino, perché lui guida una Buick scassata e tu una Corvette, e lui non può neanche toccarti.»

È questo quel che voleva Monty. Non tanto i soldi quanto il potere. Il potere di essere qualcuno, il potere di essere considerato qualcuno, il potere di essere rispettato perché sei qualcuno. Ma ciò non sempre è possibile o realizzabile e così ecco che Monty diventa l’emblema dell’America stessa, con tutte le sue paure, incongruenze e fragilità, con tutta la sua sordità. Perché tra queste pagine vi è anche una denuncia sociale a quell’anima del Nuovo Mondo che sembra aver perso i suoi confini, i suoi valori, i suoi ideali, che sembra aver dimenticato le sue promesse.
E così come la venticinquesima ora diventa metafora della salvezza della possibilità, alla speranza di quel domani forse non ancora perduto, ecco che il cane che ha sofferto, ha patito, è stato ferito e salvato da Monty stesso, diventa l’emblema del tramandare, dell’affidare, del filo conduttore con il futuro prossimo. Deve vivere e così ci sarà la possibilità per tutti di vivere ancora una nuova vita.
Doloroso, riflessivo, veritiero. Intenso nel suo scorrimento, intenso nel suo messaggio. Da leggere.

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La venticinquesima ora 2013-08-19 06:04:26 Alicew
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Alicew Opinione inserita da Alicew    19 Agosto, 2013
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La 25° ora

Montgomery Brogan, per gli amici Monty, avvenente ragazzo irlandese originario di Brooklyn, è il tipico ragazzo ricco di potenzialità che, come tutti pensano e come tutti hanno lasciato che accadesse, si è rovinato spacciando “roba”, fatalmente attratto non tanto dai soldi quanto dal potere. La sua vita estrema, illecita in una New York di luci e ombre è giunta però a un punto di svolta: qualcuno ha parlato. A essere narrate sono cosi le sue ultime 24 ore di libertà prima della prigione di Ostville.Tutti vogliono salutarlo, vogliono festeggiarlo sfiorando però una tragedia che rimane soltanto sua e che nemmeno i suoi cari amici Jakob e Frank o il cane Doyle possono condividere. E dopo quest’ultimo effimero giorno, dopo quest’ultima scatenata notte lungo le strade di New York, camminando verso l’inevitabile, un finale stupendo che, quasi fosse un buco nel muro del tempo, una impossibile 25° ora, tende a un orizzonte ipotetico e carico di speranze.
Il romanzo è molto piacevole e scorrevole giocato su dialoghi diretti a volte crudi, credibili e nonostante le vicende narrate non siano poi nuove Benioff non cade nello stereotipo e sa costruire i personaggi principali in cui possiamo riconoscerci, più caricaturali risultano invece gli uomini della mala Newyorkese.
Consiglio anche la visione del film omonimo diretto da Spike Lee, interpretato da un sempre convincente Edward Norton e sceneggiato dallo stesso David Benioff.

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La venticinquesima ora 2012-01-25 14:35:26 apprendista
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apprendista Opinione inserita da apprendista    25 Gennaio, 2012
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Fino all'ultimo respiro

Il lato oscuro di New York in una storia intensa, dura, coinvolgente. Non vorrei ripercorrere la trama, in fin dei conti è semplice. Quello che mi ha colpito sono le scintille che fanno i personaggi a mano a mano che l'intreccio si sviluppa, sullo sfondo di una New York non proprio da cartolina. Lo ha ristampato di recente Beat Edizioni che sta facendo proprio una bella collana.

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La venticinquesima ora 2011-09-06 15:58:22 ahab
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ahab Opinione inserita da ahab    06 Settembre, 2011
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romanzo premonitore

Meglio il libro o il film? Alla risposta (ma spesso anche alla stessa domanda) mi sottraggo, poiché le considero opere non paragonabili. Ma qui stiamo parlando del libro e allora ignoriamo il film, eccetto per quella identificazione di volti dei personaggi e di luoghi che l’immagine cinematografica impone alla nostra fantasia.
Il libro.
Monty è un uomo alquanto giovane, pusher, spavaldo, frequentatore di locali alla moda come di bande criminali. È ricco, ma la sua ricchezza ha un’origine sporca, dalla quale lui, pur cosciente e godendone, pensa di affrancarsi. Quando decide di farlo, però, è tardi. Nel corso di un’irruzione della polizia in casa sua, dovuta a una soffiata, lo scoprono in possesso di un quantitativo tale di droga da decretarne l’arresto e la condanna ad almeno sette anni di carcere. Monty dovrà scontare questa pena, ma sa che non ne uscirà bene, forse non uscirà affatto, sarà così alto il prezzo che dovrà pagare in carcere, tra umiliazioni e soprusi di ogni genere, da convincersi che ne uscirà diverso. Una persona con ferita difficilmente rimarginabili.
La messa a fuoco del libro è sulle 24 ore che precedono il suo ingresso in carcere, le ore in cui maggiore è la consapevolezza di ciò che lo attende.
Queste ore le passerà in compagnia di due amici, Slattery, un agente di borsa senza scrupoli, il cui unico dio è il denaro, e Jakob Elinsky, un professore di letteratura insoddisfatto del suo lavoro ma ancor più della sua stessa vita. Ma soprattutto in compagnia di Naturelle, la sua incantevole donna portoricana, per la quale nutre l’unico amore che abbia mai provato.
Ambientata in una New York – città emblema dell’America – dove le luci sono ingannevoli, spesso artificiali, ma dove ciò che fa ancora più paura sono le ombre delle cose non fatte, degli occhi chiusi, di ciò che poteva essere ma non è stato. È una chiave di lettura, personale, ovviamente, che offre al romanzo di Benioff sfaccettature che vanno ben al di là della semplice storia di Monty.
Il profilo tracciato, quindi, dell’America è crudo, spietato, avido (“il potere ti aiuta a far soldi e i soldi danno potere…”), ma allo stesso tempo carico di amori spezzati e di sogni infranti. O che rischiano di infrangersi. Monty diventa l’America stessa, con le sue paure per il futuro, con la sua rabbia per ciò che aveva e non avrà più, con il suo rimorso per non essersi accorta prima “dove” era diretta. Un baratro, probabilmente.
Il libro è stato scritto prima dell’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre, prima della paurosa crisi che ha fatto e sta facendo precipitare gli Stati Uniti nell’incubo della disoccupazione e dei fallimenti. Ma l’aspetto tristemente premonitore del libro è che denuncia proprio la sordità della nazione a tutto questo. Monty è così indignato per questa sordità che arriva persino a vedere tutte le colpe del mondo nella sua città e a desiderarne anche il peggio, per lei, pur di risvegliarla dal suo torpore (passaggio inquietante: “che venga un terremoto e butti giù i grattacieli: che il fuoco divampi incontrastato; che bruci, bruci, bruci…”: i grattacieli, poi, sono venuti giù realmente…).
Ma dov’è l’anima dell’America? Non saprei. A me piace vederla nelle prime pagine, nella figura di un cane che, ferito e quasi moribondo dopo essere stato torturato, Monty soccorre e lo tiene con sé. Di questo cane si parlerà ancora, nel libro, in passaggi molto intensi. Il cane dovrà rimanere in vita, a tutti i costi. E Monty lo affiderà a uno dei suoi amici, a Jajob, l’insegnante di lettereratura. Bello. Il cane. Da affidare. Da tramandare. Vivo a tutti i costi.
(altro passaggio inquietante è quando Monty, rivolgendosi a una certa star del cinema – poco influiscono i dettagli di questa – dice “Fai schifo, non hai una lira e i tuoi film…” Una lira? A New York? Nostalgico…)

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