La scelta di Sophie
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William C. Styron (Newport News, Virginia, 1925 - Martha's Vineyard, Massachusetts, 2006) è stato scrittore, drammaturgo e critico letterario, fondatore dell'importante «Paris Review». Tra le sue opere principali il racconto La lunga marcia (1952), i romanzi Un letto di tenebre (1951), E questa casa diede alle fiamme (1960), Le confessioni di Nat Turner (1967, premio Pulitzer per la Narrativa), La scelta di Sophie (1979) e il memoir Un'oscurità trasparente (1990).
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Una scelta lacerante...
In un'epoca in cui il razzismo verso gli ebrei, era sinonimo di persecuzione e di morte certa, si inserisce la storia di Sophie, una donna polacca che porta sulle sue fragili spalle il prezzo di un'esperienza atroce.
Una scelta lacerante: come si può scegliere tra due figli?
Una madre costretta dall'odio razziale nazista a scegliere uno dei suoi due bambini.
All'altro toccherà la morte nel campo di sterminio.
Certo lei si rimproverava di essere stata una collaborazionista, di aver tradito il suo popolo, di aver giaciuto con i nazisti...ma in quel periodo così tragico, in cui la lotta per sopravvivere a volte comprendeva azioni non sempre limpide, che conduceva ad atti di follia, che sotterrava nell'essere umano ogni barlume di decenza o di consapevolezza, come meravigliarsi?
Cosa avrei fatto io?
Mi metto nei panni di quella donna: dover scegliere fra i miei figli...forse avrei implorato, conoscendomi di uccidere me e lasciar vivere entrambi loro due...ma chi poteva assicurarmi che poi il feroce, spietato nazista avrebbe mantenuto le sue promesse?
Come, come avrei potuto fare, a compiere una scelta di tal genere?
E si capisce come la protagonista di questo libro, sia scivolata poi, sull'onda dei terribili ricordi nel vortice dell'alcolismo, trascinata da orribili sensi di colpa...che a qualcuno, più sensibile, avrebbe potuto portare alla distruzione più completa, alla follia pura.
Come può una mente reggere a tale orrore?
E pur trattandosi di una storia di fantasia che ha animato questo scrittore, ripenso al dolore immenso di tante madri che si son viste strappare i loro bambini, che li hanno visti incamminarsi verso le camere a gas, impotenti, senza nulla poter fare per trarli in salvo, se non poter offrire il loro amore e accompagnarli con il pensiero...
Un orrore, dentro l'orrore dell'olocausto..
Tutte le volte che ci penso, mi vengono le lacrime agli occhi nel pensare al dolore di quelle madri.
Perchè anche io sono una madre...
E non vorrei associare questa madre così sfortunata a Medea, perchè siamo in antitesi.
Se Medea è colei che ha ucciso volontariamente i suoi figli per vendicarsi del marito fedifrago, Sophie ha tentato di salvarne uno e pur in un modo sbagliato, riprovevole, ma in un tempo in cui l'errore si mescolava tragicamente in ogni organo del tessuto sociale, come un'acqua sporca, tossica che avvelenava ogni particella della comunità sociale
Considero l'olocausto uno dei periodi più bui della storia, che ha messo l'uomo che si è macchiato di questi crimini orrendi al pari delle bestie feroci, per la sua forza bruta, e per la totale assenza di compassione nei confronti degli ebrei, uomini tuttavia, nonostante la razza...
Consigliato.
Saluti.
Ginseng666
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Medea del XX secolo
Anno 1947: una polacca, un ebreo e un “sudista” s’incontrano in un edificio di Brooklyn e intrecciano le rispettive esperienze di odio razziale. “La scelta di Sophie” è un’opera mastodontica (oltre 600 pagine fitte) nella quale William Styron cerca di amalgamare tragedie esistenziali e storiche, sortendo nel lettore un effetto alterno di ripulsione, interesse e orrore.
Nel mio commento fornirò un riassunto per capitoli, concentrando negli ultimi due uno SPOILER giustificato da:
- La notorietà del finale, alla quale ha sicuramente contribuito il film di Pakula che si fregia dell’Oscar a Maryl Streep;
- La mia inclusione di quest’opera nel “percorso Medea”.
Consiglio pertanto a chi non fosse interessato al riassunto della storia e/o allo spoiler di saltare direttamente alla conclusione.
LA STORIA
Stingo è un ventiduenne aspirante scrittore, originario della Virginia, terra di schiavismo che egli rifugge. Lavora alla Mc Grow-Hill come editor e selezionatore, specializzato in stroncature (“Io volevo al di là di ogni speranza e di ogni sogno diventare uno scrittore…”) – cap. 1
Quando viene licenziato, si trasferisce nella casa di Yetta a Brooklyn e lì conosce – durante una violenta lite - Nathan e Sophie (“Vidi così per la prima volta il numero tatuato sulla pelle abbronzata e lentigginosa del suo avambraccio”). Intanto, da buon sudista, eredita dal nonno una somma ricavata dalla vendita di uno schiavo – cap. 2
Nell’occasione di una gita domenicale a Coney Island, si forma lo strano triangolo tra i due amanti e Stingo (“la terribile scenata tra Sophie e Nathan della sera prima avrebbe dovuto farmi capire… Sentivo che c’era qualcosa di stonato, sotto tutta l’allegria…). L’odio razziale affiora spesso nelle discussioni: “Come membro di una razza… ingiustamente perseguitata… dovresti sapere quanto sia imperdonabile condannare tutto un popolo per qualsiasi cosa!” – cap. 3
Sophie comincia a narrare il suo passato e, forse perché si sente in colpa (“Questo forte senso di colpa l’ho ancora”), lo imbastisce di menzogne: “Lei mi raccontava tante cose del suo passato e … io mi preparavo a lasciarmi intrappolare, come una larva, in quell’incredibile ragnatela di emozioni che era il rapporto tra Sophie e Nathan” – cap. 4
Il padre comunica a Stingo che ha ereditato una piantagione di arachidi e lo invita a tornare in Virginia. Costui preferisce restare, con l’ossessione di vincere resistenze e ipocrisie della sessualità degli anni Quaranta – cap. 5
Sophie rievoca il suo passato ad Auschwitz, come privilegiata - stenografa e interprete - nella casa del gerarca Rudolf Hoss (“Auschwitz era un campo di lavoro forzato, mentre Birkenau serviva solo a una cosa, lo sterminio”) – cap. 6
Stingo sferra il suo attacco sessuale all’ebrea Leslie, ma va praticamente in bianco… per colpa di Freud! – cap. 7
Il rapporto a tre (“habitué del Maple Court”) procede tra tenerezze (poche) e (tanti) scoppi d’ira (“Dice all’improvviso che ha mal di testa, proprio qui, alla nuca”). - cap. 8
Stingo ha modo di approfondire la tragedia delle persecuzioni naziste (“Uno dei punti che non riesco a capire – scrive Steiner - … è il rapporto temporale”: mentre si consuma una tragedia immane, altri trascorrono il tempo in occupazioni lievi e spensierate) attraverso i racconti di Sophie (“l’idea stessa della soluzione finale era sbocciata dai fecondi cervelli dei taumaturghi nazisti”), ove trapelano alcune bugie. Come quella sul padre… - cap. 9
Sophie rievoca il suo fallito tentativo di seduzione di Hoss (“il flusso di quella bizzarra grammatica nazista”) – cap. 10
I ricordi si fanno incalzanti: Cracovia, il papà ideologo polacco dell’antisemitismo, il tatuaggio (“il macabro tatuaggio blu scuro, la fila di numeri singolarmente precisi, un piccolo recinto di filo spinato di ordinatissime cifre dove il sette era tagliato dal meticoloso trattino europeo”) s’intrecciano al “patto suicida” tra Sophie e Nathan, stipulato in un week end sotto i fumi del nembutal e “la minaccia inequivocabile di quella capsula di cianuro”. La tossicodipendenza di Nathan è ormai conclamata (“prendeva una sostanza che si chiamava benzedrina… e anche la cocaina”) – cap. 11
A Varsavia Sophie ha un’amante e una cognata che lavorano nella resistenza. Nei racconti di Sophie, che già aveva rivelato di avere un figlio, Jan, compare per la prima volta Eva, la figlioletta che studia flauto… - (cap. 12)
Durante la prigionia, Sophie ordisce un inutile piano per rivedere il figlio Jan, recluso nel campo dei bambini. Le cicatrici ai polsi rivelano un fallito tentativo di suicidio nel campo profughi svedese – cap. 13
Nathan ritorna (“Nathan aveva riacquistato quel ruolo di incoraggiante figura fraterna, di mentore, di critico costruttivo…”) dopo l’ennesimo litigio e, ancora una volta, annuncia una sua importante scoperta nella ricerca biologica (“questi momenti di estasi… erano stati quasi sempre un chiarore che rendeva gli occhi ciechi all’imminente catastrofe”): ma Stingo riceve le confidenze del fratello medico, Larry, che rivela la malattia di Stingo. Sophie è ormai dedita all’alcolismo… - cap. 14
SPOILER: SOPHIE, MEDEA DEL XX SECOLO
Cap. 15
“Sono stata una terribile vigliacca, una sporca collaborazionista , … ho fatto tutto il male possibile per salvarmi”. Durante la terribile selezione (“mandato a sinistra e a Birkenau”) che decide la sorte dei deportati, Sophie viene posta di fronte a un terribile dilemma: “Puoi tenerti uno dei tuoi bambini… L’altro dovrà morire. Quale terrai?”
Paradossalmente, questo è considerato un privilegio concesso dal medico selezionatore: “Sei una polack, non una yid. E questo ti dà un privilegio, una possibilità di scelta”. Sophie veste i panni di tragica Medea contemporanea e, dopo aver opposto resistenza (“Non mi faccia scegliere… non posso”), consuma un crimine morale e fisico, esternando la sua preferenza genitoriale: “Si prenda la piccola!... Si prenda la mia bambina”. E compie “un peccato che non conosceva perdono”…
Cap. 16
Nathan è diventato violento e minaccia Sophie con la pistola. Stingo e Sophie fuggono verso la Virginia. Dopo una notte d’amore, lei scappa per tornare a Brooklyn, verso il suo destino…
Stingo, da sempre innamorato dell’infelice polacca, non se ne fa una ragione (“Non avrebbe mai potuto liberarsi dall’orrore che si era sentita costretta a rivelare”), neppure alla luce delle rivelazioni sull’altro figlio, Jan (“Chiesi a Sophie del suo bambino”), dalla sorte incerta (“i bambini di Lebensborn, subito cambiavano loro il nome, li trasformavano rapidamente in tedeschi…”)
CONCLUSIONE
Questo romanzo è una tragedia a tratti efficace e potente, in molti punti complicata dalla continua sovrapposizione di differenti piani temporali e piuttosto alterna nella costruzione: spesso si dilunga inutilmente (“la mia abilità enciclopedica di dilungarmi all’infinito su un argomento”, confessa a un certo punto l’autore), lo stile è ricco, talvolta ridondante; la narrazione indulge alla spettacolarizzazione, insiste negli eccessi tragici, sventra i misfatti vergognosi compiuti dalla follia umana – individuale e collettiva - e si abbandona a descrizioni esplicite di sesso sfrenato. Gli interrogativi esistenziali e storici che l’opera pone sono talmente complessi e arditi da far rabbrividire, come la scelta di affrontare il tema dell’odio razziale nelle sue svariate forme e direzioni, che si diramano dalla terribile equazione tra nazismo tedesco e campi di sterminio…
Bruno Elpis
Indicazioni utili
- sì
- no
1) Medea di Euripide
2) Medea di Seneca
3) Medea di Crista Wolf
4) La lunga notte di Medea di Corrado Alvaro
5) Nessuno sa di noi di Simona Sparaco