La riva del silenzio
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Mai titolo fu più azzeccato
Yohann è un giovane militare che , al termine della guerra in Corea , viene portato in Brasile per iniziativa
del comando americano. Qui, estraneo agli usi e costumi di un paese dall'altra parte del mondo, ma anche senza conoscere la lingua, trova asilo presso un vecchio sarto cinese lavora nella sua bottega apprendendo un mestiere.
Tra i due uomini si instaura un rapporto di mutua solidarietà e collaborazione fatto di silenzi e piccoli gesti quotidiani. Yohann scoprirà che anche il sarto un tempo faceva un altro mestiere ed è in qualche modo un altro naufrago della vita in questo paese che accoglie a dispetto delle diversità di lingua e costumi.
Il racconto si snoda sul filo dei ricordi di Yohann, dei compagni in guerra, i marinai con cui ha condiviso i lunghi giorni di traversata verso il Brasile due giovani ragazzi di strada brasiliani.
E' un racconto quasi sussurrato, fatto di continui salti temporali sul filo dei ricordi di Yohann, senza soluzione di continuità, con uno stile evocativo e attento ai dettagli della piccole cose.
E' il racconto di un'esistenza senza rumore, senza gesti eclatanti, quasi come un personaggio di sfondo della vita degli altri, ma nei gesti generosi e spesso silenziosi di Yohann c'è qualcosa che rimane a chi come lui è in cerca non solo di un posto nel mondo ma anche di qualcuno con cui condividere il cammino.
Non è una lettura semplice perchè bisogna lasciarsi trasportare da qualcosa che è come una musica di sottofondo e non certo un concerto rock, per apprezzare il silenzio della solitudine mentre non è l'io il protagonista della propria vita, se cercate qualcosa di avvincente lasciate perdere potrebbe rivelarsi soporifero.
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Impalpabile
E’ uno stile che a tratti sembra una poesia. Evocativo, al punto da far passare in secondo piano la trama. Il sarto ed il suo silenzio leggero, colmo di gentilezza, di saggezza e di empatia, ti lasciano addosso una sensazione di malinconia. In questo vuoti di parole, comprendi quanto il silenzio può essere evocativo e quanta profondità d’animo possono avere le persone silenziose. Piccole gemme sono i due ragazzi di strada brasiliani. Per tutto il resto, penso che resterà nella mia memoria come un libro impalpabile e lo dimenticherò molto velocemente.
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Cacciatori di neve
La guerra ruba vite, o le deturpa soltanto nella migliore delle ipotesi; talvolta sono vite risparmiate, ma incarcerate.
Così e' la storia di Yohan, un giovane nord coreano prigioniero di guerra in un campo americano. Termina il conflitto e si schiudono le recinzioni, Yohan viene imbarcato con destinazione Brasile, una lettera di presentazione e un'opportunita' per ricominciare .
Una piccola sartoria gestita da un anziano giapponese dalle mani miracolose, la luce che irradia gli scaffali ordinati di stoffe e rocchette, due scrivanie e vecchie macchine da cucire a pedali.
Sono rammendi, cuciture e pezze su abiti lisi che la gente non butta, sistema.
La mescita di memorie di bambino, della reclusione al campo e della nuova esperienza sudamericana ha un fluire alternato ed armonioso, passeggia il libro con cadenza di passi nudi, la consistenza di una goccia di pioggia su un cappello di panno mentre lei chiude gli occhi e china la testa verso un raggio di sole.
Il romanzo non vuole essere un pugnale che sprofonda nei ricordi di guerra o di prigionia ma piuttosto un pennello che ripensa agli attimi di salvezza : una misera coperta condivisa, il sapore di una macchia di cioccolato sulla camicia sgualcita, un passo di danza con un'infermiera mentre il cielo di Natale e' punteggiato di neve.
Scrittura di frasi brevi e leggiadre, esule da ogni variante di ostentazione nella forma o nel contenuto, La riva del silenzio e' un elogio al sussurro, una lettura breve e scorrevole ambientata in un contesto che dirotta verso un'umile pace dei sensi.
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La tragedia in controluce
“La riva del silenzio” è un luogo non ben identificato del Brasile: lì l’autore Paul Yoon traghetta Yohan, giovane nord-coreano che una nave allontana dal paese natio dopo l’esperienza di prigionia in un campo americano.
Con sé Yohan reca un passato disseminato di orrori bellici (“Aveva visto un fiume incendiarsi, senza capire come potesse succedere una cosa del genere”): ciononostante affronta il nuovo capitolo della sua vita grazie a Kiyoshi, il silenzioso sarto giapponese che con il giovane profugo instaura un rapporto essenziale e verace (“Si appoggiò al muro e pensò a quell’uomo che non conosceva ma senza il quale non poteva immaginare i tre anni che erano trascorsi”).
Nella nuova realtà Yohan ha naturalmente problemi di lingua, ma – paradossalmente – questa difficoltà gli giova: intesse rapporti elementari con Bia e Santi (“Fu allora che vide i ragazzini. Erano due, un maschio e una femmina. Erano apparsi sulla scogliera alle porte della città e procedevano verso di lui nel prato dall’erba alta”), scruta collina, mare e città nelle luci del mattino, affronta passeggiate notturne sui tetti, attende l’arrivo periodico della nave…
In questa nuova dimensione silenziosa Yohan osserva i gesti del sarto, che verosimilmente nasconde un proprio dramma, e così affiorano i ricordi: del campo di prigionia con il compagno cieco Peng (“Guardò le estremità della sciarpa ondeggiare dietro il giocoliere bendato. Immaginò foreste. Cime svettanti. Un fiume. Una mano sul suo gomito. Peng”) e con gli americani (“Una volta Yohan aveva giocato a carte con i medici… Era un gioco chiamato poker…”), del rapporto con il padre nella fattoria prima del conflitto (“Quell’anno era giunta la notizia della resa del Giappone. Poi era giunta la notizia che la Corea era stata divisa, tagliata in due da una linea di confine”).
La particolarità di questo romanzo risiede nella scelta narrativa, originale rispetto allo stuolo di romanzi che assumono i canoni della rappresentazione esplicita e spesso oscena (non in senso etico, bensì estetico) e del desiderio di sorprendere a ogni costo. Qui parlano le immagini semplici ed efficaci, qui – coerentemente con la storia e i personaggi - la parola viene sostituita da percezioni basilari e da sentimenti ingenui e fondamentali.
Sulla “riva del silenzio” il lettore deve intuire una storia tragica raccontata senza sensazionalismi e senza l’ansia di scandalizzare: ed è per questo che la storia di Yohan e di Kiyoshi ti entra nel cuore. Silenziosamente.
Nella quarta di copertina vengono riportate alcune affermazioni (Kirkus Reviews: “Momenti di vita ordinaria che diventano incantati. Una gemma di perfezione rara”) che – so benissimo - hanno la funzione di esercitare quello che nel marketing si chiama “effetto civetta”. Eppure in alcune di esse, come in quella di Lauren Groff, mi ritrovo: “Le frasi di Paul Yoon sono belle e sorprendenti. Una scrittura lucida, tersa ed evocativa per un romanzo lieve e insieme straordinariamente profondo”.
Bruno Elpis