La rettitudine degli assassini
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Paulini
Germania dell’Est. È qui che Norbert Paulini, libraio antiquario, ha radicato la sua fama che si estende sino e oltre i confini della sua Dresda. Scaffali, libri, libri, scaffali. Tesori inestimabili che pervadono gli ambienti ma che sono anche garanzia e tutela stante che i suoi lettori qui possono sempre trovare tesori inestimabili. Ma non sempre è semplice tirare avanti. La modernità segue un filo e un arco temporale che sembra non volersi fermare, il tempo scorre inesorabile, è l’autunno del 1989 e la politica con gli sconvolgimenti economico-sociali, il significato della caduta del muro di Berlino, e tutto quel che consegue e sussegue nella storia, segnano e scuotono le vite e gli equilibri. Internet, a sua volta, fa capolino nella quotidianità dell’esistere e fa concorrenza a chi vive in un’altra epoca per morale e rettitudine. Paulini resiste, fa il possibile. Fa appello a questo e alla sua morale. E se quella rettitudine fosse ella stessa attaccata dal mondo circostante? Come può questa ombra incidere sul vivere, sull’essere, sull’io? Come può trasformare il nostro pensiero in un divenire completamente opposto, in uno slittamento costante? Come può farci risvegliare reazionari e rivoluzionari quando in realtà la nostra è una indole umanista?
Quello proposto da Ingo Schulze è un titolo molto particolare. Anche un poco pretenzioso, se si vuole essere completamente obiettivi. La prospettiva proposta è interessante. Abbiamo un uomo solido nei suoi principi, che vive per i libri, che li assapora. Quel che avviene fuori, avviene fuori. Sembra non intaccarlo, sembra essere completamente distaccato dai fatti e dal vivere di un’epoca che non perdona e soprattutto diventa sempre più frettolosa e meno dedita ad attendere. Indossa un mantello che lo rende esente da tutto e questo può apparire quasi come forzato.
A ciò si aggiunge una narrazione molto autoreferenziale ma non esente da refusi. Nella mia copia a pagina 85/86 si fa riferimento all’euro quando siamo in un’epoca, il 1989, in cui l’euro inteso come moneta unica era tra i progetti della Comunità Europea ma non anche tra gli obiettivi raggiunti. La narrazione inoltre tende ad essere in più parti confusionaria. In primo luogo si perde su se stessa e soprattutto nella parte seconda finisce con l’arrovellarsi su un filo logico che si ingarbuglia, perde il nord, diventando illogico. Il conoscitore resta confuso, si sente come se non riuscisse davvero ad assaporare il contenuto e resta con una sensazione di incompletezza. Si chiede a più riprese quale sia l’obiettivo del narratore, ne riconosce certamente i meriti per l’idea e il progetto, ma si rende anche conto che è un titolo riuscito solo in parte. Lasciando questo senso di inappagamento, di inadeguatezza, di incompletezza, di amarezza, fatica ad arrivare e a conquistare.