La prossima volta
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Il grigiore dell'America di provincia
“Un libro che piacerà a chi ha amato Twin Peaks”, così recita il frontespizio della copertina, ma per la verità in questo noir ambientato a Roma, Kentucky (nulla a che fare con la Capitale quindi,ma solamente un’amena cittadina di diecimila anime nella provincia americana), non si respira nessuna di quelle atmosfere cariche di tensione della celebre serie di David Lynch.
Nessun personaggio che si stagli o che si riesca a ricordare a lungo, nessun mistero e segreto condiviso, ma solo una scomparsa di persona ed il ritrovamento di un cadavere nel bosco. Quello che rimane dunque è una storia ricostruita con il meccanismo del flash back e che porterà alla soluzione dell'enigma, e che si alterna alla narrazione di altre piccole grandi tragedie famigliari. Ecco semmai il libro ha il pregio di raccontare le storture dell’America di provincia, di quei territori del sud degli Stati Uniti, come il Kentucky, lontani dalle grandi metropoli, in cui episodi di bullismo scolastico all’interno di una scuola pubblica, crisi di coppia, difficoltà economiche sono all’ordine del giorno.
Probabilmente è proprio questo l’aspetto che sta a cuore all’autrice, narrare la vita di cittadini qualunque, perché forse spesso si tende a dimenticare che l’America non è solo quella della tv, con i grattacieli e la finanza di Wall Street, ma nasconde invece le insidie di una vita anonima e difficile, lontana dalla ribalta.
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PONTI PER TERABITHIA
Nelle cittadine di provincia degli States( e non solo) ciascuno si porta dentro regni incantati, popolati da creatura fiabesche e si costruisce dei ponti da attraversare per poterci entrare quando la realtà è troppo soffocante per poterla sopportare: avviene così a Leslie e Jess gli emarginati protagonisti de “Un ponte per Terabithia” (1976) della Paterson e avviene cosi anche per ogni personaggio del microcosmo descritto da Holly Goddard Jones, autrice di racconti, che con “La prossima volta” scrive il suo primo romanzo. La storia è collocata nel 1993 a Roma piccolo centro dello stato del Kentuchy ma c’è da chiedersi se la data scelta non abbia consentito alla scrittrice di presentare con i tratti di una maggior verosimiglianza il ritratto di una comunità all’interno della quale i legami la contemporaneità rende sicuramente più sfumati e più difficile da afferrare. Bisogna infatti riconoscere che nella Roma americana e nei tratti dei suoi abitanti riecheggiano prima ancora che la nota serie di Lynch “Twin Peak” i versi dell’ “Antologia di Spoon River” nonché molte pagine di King. Tuttavia la Goddard Jones lavora di cesello per cercare di sfrondare il tipico e il letterario da personaggi e contesto e almeno in parte ci riesce grazie alla naturalezza della sua prosa: la scomparsa di una giovane donna, disinvolta frequentatrice di bar e di uomini, è ciò che consente alla disperazione latente delle persone che hanno a che fare con lei di uscire allo scoperto con conseguenze devastanti. Ciascuno di loro, chi prigioniera di un matrimonio infelice chi vittima di crudeltà, chi destinato all’esclusione per l’aspetto, ha vissuto un’esistenza di pacifica desolazione, costruita sul soffocamento di impulsi, emozioni ed aspirazioni. Fino a quando un corpo fatto a pezzi chiude per sempre il ponte che porta a Terabithia: la coscienza di sé è il delitto che non risparmia nessuno.