La prosivendola
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Malaussèniano....
Pennac ci ripropone Malaussène nella veste di “capro espiatorio”, stavolta di una casa editrice, Le Edizioni del Taglione, diretta dalla Regina Zabo.
Dopo aver “risolto” il suo ultimo caso di protesta da parte di uno scrittore respinto decide di dare, per l'ennesima volta, le dimissioni.
In realtà è in uno stato di pessimismo a causa delle nozze della sorella Clara che avranno luogo il giorno dopo. Clara sposerà un uomo, Sant'Inverno, molto più vecchio di lei e direttore di un carcere moderno, in cui gli assassini hanno l'opportunità di riprendersi un po' di dignità tramite l'arte nelle sue varie forme espressive.
E qui abbiamo il primo colpo di scena. Il giorno del matrimonio arrivano tutti in grande pompa da Belleville al carcere per celebrare la funzione e trovano la polizia. Sant'Inverno è stato assassinato brutalmente.
Il caso viene assegnato al commissario Rabdomant, vecchia conoscenza di Malaussène, il quale gli chiede di tenersi alla larga dal caso lui e tutta la sua famiglia allargata. Per accontentarlo e per tirare su di morale Clara e tutti gli altri decide accettare l'ennesima proposta della regina Zabo che gli offre.”tutto l'amore del mondo”.
Fino a questo punto il libro è lento e non prende molto il lettore, mentre da questo momento in poi si evolve in una serie di colpi di scena che ti fanno venir voglia di continuare a leggere per sapere cosa succederà ancora.
Bello momlto bello il capitolo dedicato alla regina Zabo, secondo solo, a mio giudizio, a tutte le cellule che gridano:”basta con il cerebrocentrismo”.
Gran finale assicurato ma tutto come “predetto”....
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La lunga notte di Benjamin
Aria di grandi cambiamenti in casa Malaussène.
Benjamin, stufo di fare il capro espiatorio per
i Grandi Magazzini, passa alle edizioni Taglione della Regina Zabo ricevendo una proposta interessante.
Julie, la sua donna, ristabilitasi dalla convalescenza, si troverà implicata in una brutta storia; ma la news delle news è che Clara, sorella tanto amata, si sposa.
Il tipo che dovrebbe impalmarla, tale Clarence Sant'inverno, non è proprio di "primo pelo" ma tutto sommato si può imparare a tollerarlo.
Peccato, però, che prima di convogliare a giuste nozze, "l'attempatello" venga assassinato.
Che ne sarà della povera Clara?
Resterà sola e sconsolata a piangere il suo amore passato a miglior vita?
Certo che no!
Come è buona tradizione nella tribù Malaussène, ecco germogliare nella sua pancia il frutto dell'amore perduto.
La vicenda, inoltre, si complica e tra omicidi, scrittori in incognito e falsi colpevoli, un'attentato, ridurrà il nostro Benjamin in stato vegetativo.
Attaccato ad una macchina, senza più speranza di ripresa, si decide di staccare la spina.
Calerà il sipario sull'adorabile "capro"?
Proseguono le mie visite in casa Malaussène: stavolta mi sono ritrovata in una storia arzigogolata e torbida che accantona (per un po') l'ironia che contraddistingue gli altri libri lasciando spazio ai buoni sentimenti familiari e alla speranza.
Una sottile invettiva contro il mercato editoriale striscia latente tra le righe e lo stile, un po' sottotono rispetto ai precedenti, crea qualche piccola perplessità ma è comunque troppo tardi per me....non c'è rimedio e non posso tornare indietro....sono perdutamente innamorata di Pennac.
Buona lettura!
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La Prosivendola
Povero Benjamin!E’ proprio stufo di fare il capro della Regina Zabo alle Edizioni del Taglione, a beccarsi urla, pianti e insulti da tutti quelli a cui è stato respinto un manoscritto. Un giorno dice basta e si barrica in casa, protetto dalla sua caotica famiglia.
Solo che poi, le maggiori preoccupazioni gli arrivano proprio da lì.
La sua bella, cara, dolce e amata (a volte davvero in maniera poco fraterna!ahi ahi) sorella Clara si sposa!
Ah, quale dolore vedersela portar via dal nido, soprattutto se a ghermirla è un angelo dagli occhi azzurri e la zazzera candida. Angioletto a dir la verità un po’ ambiguo, visto che ha una quarantina d’anni più della sposa suppergiù ed è direttore di un carcere alternativo, dove viene curato il lato sensibile ed artistico dei detenuti e dove lo Zio Stojil sembra essersi accomodato proprio da dio.
Tra dubbi e patema d’animo di Benjamin, arriva il fatidico giorno del matrimonio. Location? Ma il carcere ovviamente. Pompa magna della tribù Malaussène e del loro ramo arabo, abiti eleganti e macchine tirate a lucido, si conduce la sposa verso il suo radioso futuro.
Peccato che al suo arrivo il promesso sposo sia stato trucidato, il carcere incendiato e la splendente vita insieme ormai solo un ricordo.
Dietrofront della tribù che si chiude a bozzolo sulla povera vedova, che svela però una buona notizia: nella sua pancia è accoccolato un discendente del prematuramente morto probabile marito.
Benjamin fa di nuovo di-don alla porta della Regina Zabo che, subdolamente magnanima lo riaccoglie e anzi, gli affibbia subito il suo nuovo ruolo: non più Capro, bensì “impersonatore” del più letto e misterioso scrittore del momento, JLB.
Questo sfornatore di best-sellers ha un certo rifiuto nel mostrarsi al pubblico, così al suo posto, impomatato e acconciato, si prepara Benjamin. Interviste imparate alla virgola, voce impostata, abiti su misura, tutto bene studiato per l’incontro con il grande pubblico.
Che avviene in un palazzetto dello sport e che puntualmente porta sventura: Benjamin è là, solo al centro, con i riflettori puntati contro quando un proiettile lo becca proprio in mezzo alla fronte.
ZAC, buio. Benjamin si accomiata.
Per un uomo normale si aprirebbe un’indagine di polizia, per Benjamin si scatenano le mille peripezie di Julie, di Van Thian, di tutto il ramo arabo della famiglia, in una carambola verso la scoperta dell’identità dell’attentatore, indietro verso il passato, di Julie ma ancor più della Regina Zabo, la piccola Prosivendola che annusava e amava il profumo della carta.
Uno stile fantasioso, unico per me che sono spudoratamente di parte nei confronti di questo autore, che ho letto e riletto decine di volte. Una saga quella di Malaussène, esilarante ma non solo, piena di ironia seria sui più svariati temi.
Consigliato sempre e comunque, a tutti, a chi più ne ha più ne metta!
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Un gran bel libro
“La morte è un processo rettilineo”. Sì, un processo rettilineo, preciso ed inesorabile come la traiettoria di un proiettile calibro 22 ad alta penetrazione. Ma Pennac, nella sua narrazione, è capace di curvarla questa retta, perché nel mondo reale qualsiasi retta finisce per nascondersi a se stessa dietro la linea dell’orizzonte, dietro le dune e gli avvallamenti, nell’affollarsi degli eventi, negli incroci, nelle intersezioni e nelle frammentazioni dello sguardo. Così si vela il reale e Pennac è un maestro del disvelamento. A poco a poco, pagina dopo pagina, le sinusoidi del vissuto, gli intrecci ed i nodi si distendono, i punti si allineano, la retta appare nella sua ineluttabilità, nella sua precisione. Non c’è del fatalismo, perché lo sguardo retto è uno sguardo che rivede, ripercorre, cammina all’indietro. Non la vita, “la morte è un processo rettilineo” . Ecco perché ne La Prosivendola l’inizio è già la fine e la fine ne è il principio. Il terzo capitolo della saga dei Malaussène comincia con il nostro Benjamin, professione capro espiatorio presso le Edizioni del Taglione, che presenta per l’ennesima volta le dimissioni all’editrice, la regina Zabo. Non ne può più di convogliare odio su di sé. Ma la regina, “la regina è capace di rimboccare le coperte a un assassino”, non lo molla, non l’ha mai mollato, rilancia: sia amore, allora, “Le propongo l’amore”. Dovrà vestire i panni di J.L.B., il misterioso scrittore di punta della casa editrice di cui solo la regina conosce l’identità, firmare dediche, prendersi gli applausi, gli sguardi ammirati destinati a qualcun’altro. Durante la farsa della presentazione, però, qualcosa va storto. È da lì che bisogna cominciare ad afferrare e srotolare la retta, tra sentimenti di vendetta, di rivalsa, truffe, tradimenti, scambi di persona e depistaggi. Intanto il sangue scorre, sempre più copioso. Sembra in atto una lenta strage, un regolamento di conti. Allora bisogna rimettere in ordine le carte, ogni tassello al suo posto, ogni punto della retta allineato con gli altri.
Il romanzo risulta fortemente avvincente ma non è questo il punto, almeno non solo. La rigogliosa fantasia di Pennac, la sua maestria di narratore, fanno tutt’uno con uno sguardo che non può che interrogarsi, con una voce che non può fare a meno di riflettere. I volti della numerosa e stramba tribù Malaussène, quelli dei colleghi e degli amici, e quelle di tutti i bizzarri personaggi che popolano e colorano queste pagine, sono altrettante esplorazioni, specchi e luci colorate ad illuminare a loro modo Belleville, Parigi, il mondo e tutto quello che ci succede dentro.
Lo consiglio di cuore, buona lettura.