La promessa
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Una promessa di ardua realizzazione
«Sì, di già. La scomparsa inizia subito e per certi versi non finisce mai»
Con le pagine de “La promessa” torniamo a scoprire di un paese a noi notoriamente lontano e sconosciuto, un luogo che generalmente rientra in una narrativa se vogliamo spesso di nicchia. Rilegata agli autori più noti ma in ogni caso prevalentemente focalizzata sull’Africa in generale che sul Sudafrica inteso come Stato e realtà economico-sociale-culturale. Ecco a maggior ragione perché tra queste pagine non manca la curiosità. Una curiosità che spicca e si protrae nella lettura e che consente di aprire gli occhi su dinamiche che possono risultare incomprensibili per un lettore esterno, occidentale.
Ad aprire le porte dell’opera vi è la famiglia Swart. Bianchi in quel di una terra di neri, questa è composta dai genitori e tre fratelli. La narrazione relativa a siffatta famiglia ha luogo in quattro grandi capitoli che suddividono dunque le decadi e che si focalizzano su un funerale diverso. Esatto, un funerale. Perché il funerale non è certo un momento allegro ma può comunque diventare e trasformarsi in un momento di ritrovo in cui i “superstiti” tornano a incontrarsi. A far da filo conduttore una promessa richiesta dalla signora Swart al marito affinché la casa di proprietà della famiglia al momento della morte sia donata alla governante di colore Salome. Un atto di riconoscimento, un piccolo grande gesto per riconoscere a questa figura l’impegno e l’aiuto dato. Ma come fare se è contro la legge. Come esaudire un qualcosa che per dettato normativo è impossibile.
Galgut, vincitore del Booker Prize 2021, unisce anche più periodi storici partendo dall’Apartheid e giungendo sino al nostro presente. In quest’ultimo senso un’ulteriore riflessione che colpisce il lettore in quanto, nonostante gli anni passati, ancora oggi è percepibile quello strato di razzismo che sembra non riuscire a liberarsi dei retaggi di un tempo trascorso. Da qui il peso di una promessa che si incastona in anni dove un semplice gesto di gratitudine, come anzidetto, era vietato dalla legge.
Cos’è alla fine “La promessa” se non un romanzo corale, una storia che per mezzo di una famiglia ci ricorda il volto di un Sudafrica che al mondo appare così lontano e spesso indecifrabile.
Uno scritto avvalorato ancora da uno stile narrativo mutevole che cambia voce narrante a seconda del racconto, che passa dalla terza alla seconda persona, che si rivolge anche direttamente ai propri personaggi. Certamente si tratta di una prova di grande padronanza della lingua scritta ma per il lettore ciò si traduce in battute d’arresto, ritmi altalenanti di lettura, perdita di interesse e soprattutto difficoltà ad entrare davvero in empatia con i protagonisti e le situazioni. A ciò si aggiunga anche la suddivisione della storia in quattro macrocapitoli che se sommati a una penna altalenante non facilitano la componente simbiotica.
Nel complesso resta un romanzo piacevole e da scoprire ma difetta di capacità coinvolgente.
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Saga familiare sudafricana
Romanzo vincitore del Booker Prize 2021, “La promessa” di Galgut ci trasporta in un paese che non è raccontato così frequentemente nella letteratura (Coetzee e W. Smith a parte): il Sudafrica. L’autore narra le sorti della famiglia Swart, bianchi in terra sudafricana, famiglia composta dai genitori e tre fratelli, e decide di farlo attraverso quattro decadi avvalendosi di quattro macro capitoli ognuno dei quali incentrato su un funerale differente che malgrado ciò diventa occasione di ritrovo e di confronto per i membri superstiti, parenti e altri personaggi che ruotano attorno a loro. Su tutta la storia aleggia, come una spada di Damocle, la promessa del titolo, una richiesta verbale da parte della signora Swart al marito poco prima di morire, affinché venga donata alla loro governante di colore Salome la casa di proprietà della famiglia Swart in cui però la donna vive (“Perchè voglio davvero che abbia qualcosa dopo tutto quello che ha fatto”). Ma quanto conta in fin dei conti la promessa verbale in un paese come il Sudafrica, ancora sotto il giogo dell’apartheid, che non prevede la possibilità che la gente di colore possa ereditare immobili?
“Salome non può diventare proprietaria della casa. Anche se Pa volesse, non potrebbe dargliela…..E’ contro la legge”.
Galgut partendo dal periodo dell’apartheid, stratifica il romanzo fino ai nostri giorni, in un paese che seppur uscito dalle sabbie mobili del razzismo fa comunque fatica a lasciarsi scivolare addosso i retaggi del passato e dove la gente di colore continua a essere vista con sospetto. A maggior ragione se a sostenere negli anni il dovere di adempiere a questa promessa nei confronti degli altri membri della famiglia è proprio una bianca, Amor, la figlia minore degli Swart, vista con scetticismo addirittura dal fratello Anton in quanto “….E’ sempre stata fissata con le classi inferiori mia sorella...Non lo fa per ragioni politiche ma è attratta dalle vittime, più deboli sono, meglio è…”.
La promessa è un racconto familiare in cui la storia del Sudafrica fa da sfondo alle vicende umane spuntando qua e là nel testo, senza dimenticare ad es il momento di gloria in cui il paese vinse nel 1995 la Coppa del Mondo di rugby contro gli All Blacks neozelandesi (“Quando Mandela appare con la maglia verde da rugby degli Springbooks per dare la coppa a Francois Pieenar, bé, è un gran momento”).
Particolare risulta lo stile adottato da Galgut che cambia continuamente nel testo passando dalla terza persona con frequenti commenti personali talvolta anche ironici, alla seconda rivolgendosi direttamente ai suoi personaggi, oppure facendoli pensare in prima persona. Forse proprio questa variabilità continua, alla fine disorienta ed appesantisce la lettura di un romanzo che, seppur affrontando tematiche importanti aventi a che fare con i legami di sangue, con la morte, il razzismo e la violenza in generale, non convince pienamente, lasciando un senso di soddisfazione non completo.