Narrativa straniera Romanzi La prigione di neve
 

La prigione di neve La prigione di neve

La prigione di neve

Letteratura straniera

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Nel suo romanzo d’esordio, accolto con entusiasmo dalla critica americana, Jan Elizabeth Watson costruisce un intenso ritratto di una relazione familiare, di un sistema che vive di regole folli ma tenaci. La storia di un orrore sottile nel quale si leggono, in controluce, la voce e il timbro della pietà.

Asta ha sette anni. Il fratello Orion, nove. Le giornate dei bambini sono scandite dai ritmi dei programmi tv, delle letture della Bibbia, di un manuale scolastico e del Big Movie Book. Attorno a questi tre “testi sacri” si articola il loro mondo: dalla mattina, quando la madre Loretta esce per andare a lavoro, sino alla sera, quando torna a casa, i due passano il tempo giocando, preparando pasti inscatolati o leggendo. Senza averne il minimo sospetto, abbandonati all’universo degli oggetti da cui sono circondati, sono prigionieri delle fissazioni maniacali della madre che per loro ha inventato e perfezionato un sistema di protezione dal mondo reale. La scansione perfetta e monotona del tempo all’interno della casa in cui ogni mattina lei li chiude a chiave contribuisce così all’edificazione di una cortina di menzogne: le finestre sono schermate perché fuori c’è la peste, la gente è quasi tutta morta, i corpi accatastati nelle strade sono preda di orribili bestie. Un mondo esterno che Loretta ha costruito secondo la grammatica di un incubo infantile, terribile e desolato, dal quale non ci si può salvare che isolandosi. Ma un giorno la routine viene sconvolta da un imprevisto: la donna, una sera, non fa ritorno. I bambini la aspettano per due giorni. Sono affamati. Si spingono fino alla stanza di lei, nell’assurda speranza di trovarla che riposa, e scoprono così un passaggio che li conduce fuori dalla casa. È il grande salto verso il mondo esterno, le sue strade sgombre di cadaveri, la sua illimitata libertà. Un mondo che però si rivela immediatamente diverso da quello dei libri e del cinema, nelle dimensioni delle cose, negli odori, nel significato dei segni. Forse peggiore di quello che si sono lasciati alle spalle. O forse no.



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La prigione di neve 2010-05-18 14:21:47 kabubi81
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kabubi81 Opinione inserita da kabubi81    18 Mag, 2010
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La prigione di neve

Per iniziare, specifichiamo che il paragone col libro di Safran Foer lo faccio perchè la voce narrante è quella di una bambina un po' speciale e fuori dai canoni classici, il che mi ha ricordato il piccolo Oscar di quel bellissimo libro.... Detto questo, la storia è molto diversa, è il racconto di un "ritorno alla vita" di due fratellini che hanno vissuto in casa, col mondo "cattivo e malato" perennemente chiuso fuori, finchè un giorno la madre da cui dipendono in tutto e per tutto non rientra, e i due devono farsi forza ed uscire per cercarla.. La storia è molto triste e purtroppo la cronaca ce ne ha più volte raccontate di simili, ma la narratrice, la piccola Asta, ce la racconta con il candore di una bambina sempre e comunque innamorata della propria madre, a dispetto di tutto e di tutti, e la sua inadattezza al mondo comune, la sua tristezza emergono sempre con delicatezza, rendendo la lettura piacevole anche se malinconica... consigliato

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