La perla
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La perla del mondo
“ La Perla” inscena un rito di passaggio, una parabola che prevede l’ abbandono di un reale magico fondato sul perfetto equilibrio tra uomo e natura per inoltrarsi negli intrighi e nella pericolosa dissolvenza del cosiddetto mondo civile.
È la voce di un silenzio appagante inserito in un tempo qualitativo, personaggi calati nell’ incantesimo del presente in uno stato di essenza naturale e incosciente, una prosa che non prevede, neppure nei dialoghi, il linguaggio proprio dei protagonisti, ma voce e toni conformi alla lingua del narratore.
La poesia traspare nelle parole ritmate da un canto corale che origina da una musicalità insita negli oggetti soggettivati, il paesaggio, il mare, il vento, le foglie, una natura che assume forma e consistenza, conservando nella rappresentazione degli eventi la dimensione del fantastico.
Come in tutte le parabole una morale si cela e si mostra, quell’ idea di ritorno alle origini in un mondo che prevedeva povertà appagante, coscienza libera, equilibrio tra cuore e mente, il silenzio dei giusti.
Kino e Juana sono una coppia di pescatori messicani che vive all’ interno della pura bellezza …” di un paesaggio sospeso tra cielo e mare che ha la nitida lucentezza e l’ improbabilità dei sogni”…. circondati dalla semplicità di un mondo costruito sulle piccole cose in una condizione di povertà, ignari dei beni materiali.
Un giorno decideranno di affrontare le profondità marine in cerca di una perla da vendere per pagare le cure mediche necessarie a salvare la vita del figlio Koyotito, punto da uno scorpione.
La troveranno, e sarà di dimensioni stupefacenti, la perla del mondo, per venderla affronteranno i rischi e i pericoli della città, quella ..” bestia coloniale dove le notizie corrono in fretta e in modo misterioso”… Lì la notizia raggiunge in breve chiunque, il prete, il dottore, i negozianti, gli accattoni, i compratori, e…” l’ essenza della perla si fuse con l’ essenza degli uomini lasciando uno strano precipitato scuro”…
La cupidigia non riguarda Kino e Juana ma un bene così prezioso genera invidia, astio, curiosità, un oggetto agognato attorno al quale costruire i propri sogni, arrivando a considerare Kino l’ ostacolo principale e il nemico comune da estirpare.
La perla si fa archetipo di un riscatto sociale, economico, culturale, grazie al denaro ricavato dalla sua vendita Koyotito guarirà, studiera’, saprà leggere e fare di conto, un sapere che renderà la sua famiglia libera.
La perla si fa dannazione eterna, elemento di discussioni e dissapori intrafamigliari, allontanerà Kino e Juana dalla propria essenza.
La perla si fa oggetto di un delirio inconsapevole, un cammino interiore che allontanerà i protagonisti dalla voce della prudenza, dal ritorno all’ antico, rispondendo ad attacchi molesti, ferendo, persino uccidendo.
La perla segnerà la fine del sogno, circondati dalle fiamme, da un nemico senza volto, un coltello agitato nell’ aria, il suono di uno sparo, un urlo nel silenzio, il grido della morte, sulla sua superficie grigia e ulcerosa le atrocità di un passato recente e ….”la perla era brutta, grigia, come un tumore maligno”…
Ecco allora l’ intensità di uno sguardo, due parole, un rapido gesto, un tonfo lontano e …” la musica della perla si consumò in un sussurro e svanì “…
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Kino aveva trovato la Perla del Mondo
Che “La perla” di John Steinbeck sia un apologo a sfondo etnico lo si capisce dall’attacco: gli indigeni Kino e Juana sono disperati, il figlioletto Coyotito è stato morso da uno scorpione nella povera capanna ove spadroneggia la miseria (“Quel dottore non era della sua gente. Quel dottore era di una razza che da quasi quattrocento anni batteva e derubava e affamava e disprezzava la razza di Kino…”).
È quindi ovvio che il ritrovamento di una grossa perla rappresenti un’opportunità di riscatto dalla povertà e uno strumento per affrancare Coyotito dal futuro che lo attende…
O forse la perla, più che promessa di un domani migliore, è causa di sfortuna, come lascerebbero presagire le disgrazie che si abbattono dopo il ritrovamento del gioiello naturale?
E quella fuga tra sinistre avvisaglie (“I coyotes gemevano e ridevano nei cespugli, e le civette gracchiavano e fischiavano sulle loro teste”) e pericoli (“Mostruosi rospi guardavano la famiglia passare e giravano le piccole teste di drago”), dove mai porterà?
Una fiaba dal finale rovesciato, perché tutti vissero infelici e scontenti (“E la musica del male… risuonò col crepitio del calore e col tintinnare secco dei sonagli delle serpi”)…
Giudizio finale: tribale, aneddotico, fauvista.
Bruno Elpis