La nube purpurea
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Ne rimarrà solo uno
Matthew P. Shiel è stato un famoso autore britannico, nato nel 1865 figlio di un predicatore, vive un’infanzia densa di religione e misticismo. Ancora adolescente, viene incoronato re di un’isola nei Caraibi. Tornato a Londra, diventa medico e stringe una serie di amicizie con personaggi interessanti tra i quali spicca Oscar Wilde.
La nube purpurea è il suo libro capolavoro. Romanzo fantascientifico del 1901, che non viene però riconosciuto come tale in patria e resta sconosciuto ai più. Viene pubblicato in Italia nel 1967 da Adelphi e diventa un testo subito molto apprezzato dai lettori dell'epoca.
Uno dei motivi che ha influito sul cattivo andamento delle vendite del romanzo in Inghilterra è stato dato dallo stile dell’autore che appariva troppo complesso, quando ai tempi, ad un romanzo fantascientifico, veniva richiesta un'estrema facilità di fruizione (un po' alla stregua dei romance dei giorni nostri).
Il libro comincia con una complessa situazione: Shiel afferma di aver ricevuto da un amico una serie di manoscritti che riportano i discorsi, spesso deliranti, di una delle sue pazienti, che in stato di trance, si dice capace di viaggiare nel tempo. Il romanzo vero e proprio narra le vicende descritte nel quaderno «III» che rappresenta il racconto dei fatti della "Nube purpurea".
Il protagonista di questo libro, ambientato nel futuro è Adam Jeffson, giovane medico – ater ego di Shiel stesso – che ha un "dono", infatti fin dall’infanzia, dentro di sé, ha sempre avvertito due voci opposte che lo hanno guidato nelle scelte della sua vita tra giusto e sbagliato e tra il bene e il male.
Il testamento dell’eccentrico Mr. Charles P. Stickney, che promette centosettantacinque milioni di dollari al primo capace di toccare il Polo Nord, scatena in Inghilterra un interesse febbrile per le varie spedizioni. A questo punto Adam, segue l'istinto e la voce "negativa" nella sua testa, con l'avallo offerto dalla ricca Clodagh, sua futura sposa e si imbarca per l’avventura.
Durante il viaggio perde tutti i suoi compagni e, dopo aver raggiunto l'agognata meta, si rende conto che la nube purpurea che si è innalzata fino a coprire il cielo, ha portato allo sterminio del genere umano.
Rimasto solo e incredulo, inizia quindi a girare per il mondo, unico abitante. Brucia palazzi e città per diletto, in ogni dove scopre corpi umani perfettamente conservati dai vapori della nube, in uno sterminato cimitero a cielo aperto. Ritorna nei posti che aveva amato e visita quelli che aveva sognato di visitare, scopre anche con orrore che il mare ha inghiottito parti di terraferma, ridisegnando un nuovo mondo emerso. Durante il suo peregrinare documenta i suoi spostamenti per non impazzire. Shiel ricrea, grazie a un metodo di scrittura carico di metafore, usando imaagini vivide, colori, odori tutti i pensieri del protagonista in maniera maniacale.
Adam non scriverà nulla per diciassette anni che impiegherà per la costruzione di una grande opera, infatti dopo aver distrutto tutto quello che trovava sui suoi passi, capisce che deve lasciare una traccia della sua presenza in questo mondo, unico tra gli uomini, e divide di costruire un tempio.
"Perché c’erano molti uomini in giro, ma in realtà ce n’era Uno soltanto, ed ero io. E l’avevo sempre saputo; c’era una voce che mi sussurrava: “Tu sei l’Arci-uno, sei il motivo del mondo, Adam, Adamo, e il resto degli uomini non vale un gran che”. E adesso se ne sono andati…tutti! Tutti!, come senza dubbio meritavano; ed io, com’era giusto, sono rimasto."
Shiel descrive i percorsi fisici, ma soprattutto mentali di Adam, scavando nella paura più grande dell'essere umano: rimanere solo. Alla fine scopriamo che Adam non è davvero solo: c’è una giovane ragazza sopravvissuta, che non sa parlare, Leda. Il loro rapporto si basa su follie, gesti di pietà e scoperte, finché Adam decide di darle fiducia, per iniziare una nuova vita.
Ho trovato il finale un po ' troppo semplicistico, dopo un libro completamente basato su azioni e intenzioni più ragionate e, a volte, disturbanti. Ma a ben guardare, ragionando, questo finale è l’unico possibile: il Bene che trionfa sul Male.
La lettura è risultata abbastanza discreta anche se la mia proverbiale antipatia per il linguaggio datato in cui è scritto il romanzo mi ha fatto arricciare il naso più volte durante le trecento pagine del libro. Il personaggio di Adam è trattato perfettamente, sotto ogni punto di vista, risultando persino antipatico durante le molte situazioni che si vengono a creare. Non posso dare di più di tre stelle e mezzo per questo motivo, ma il libro ha parecchi spunti filosofici e di fede molto importanti e validamente spiegati.
Lo consiglio a chiunque ami i post apocalittici perché è sicuramente una delle pietre miliari del genere.
Ringrazio @oscarvault per avermi fornito la copia cartacea per questa recensione.
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La nube purpurea
Diciamo subito cos’è: un libro fantastico (nel senso di fantasioso), stravagante, a tratti allucinato.
Ma definire un libro solo con aggettivi fa capire ben poco. E allora proviamo a dire di più.
Innanzitutto la voce narrante è molto indiretta (e questo già dà una prima accelerazione al carattere visionario del romanzo): il narratore racconta di aver ricevuto per posta un pacco di manoscritti di una amico; tra questi si sofferma su una lettera di una certa Miss Wilson, una sorta di chiromante che cade spesso in trance. In questa lettera si racconta di… ed ecco che inizia il romanzo.
Le atmosfere sono quelle di Poe, ma qui, pur mancando di Poe quel talvolta lugubre tratto gotico, la fantasia sembra spinta ancora più all’estremo.
Si parla di una spedizione al Polo: chi la effettuerà riceverà una grossa ricompensa in denaro. Fin dalle prime pagine si può intuire cosa accadrà, ma senza avere idea della portata. Infatti, il protagonista del racconto, che parteciperà alla spedizione spinto dalla sua amata verso la quale prova sentimenti incerti, prima di partire viene ammonito da un vecchio. Questi fa presente che il Polo è come l’Albero della Conoscenza dell’Eden e chiunque lo profanerà dovrà attendersi l’ira di Dio, tra cieli irritati e tuoni e tempeste.
Ma Adam Jeffson, protagonista del viaggio, si dimenticherà delle parole del vecchio e partirà lo stesso. I suoi compagni di spedizione moriranno. Rimarrà solo lui, al Polo, e vedrà una nube purpurea che si affaccia all’orizzonte. Tornerà dalla spedizione e, a quel punto, il romanzo cambia veste. Da plausibile, da credibile che era fino ad allora, si trasforma in una delle più sfrenate, e apocalittiche, fantasie: le capitali del mondo distrutte e incendiate, intere penisole scomparse, e, soprattutto, l'intero genere umano scomparso. Ognuno immortalato, dalla nube, come una statua, nell'ultimo gesto che stava compiendo.
Alla fine incontrerà solo una donna, divenendo entrambi i nuovi Adamo ed Eva (lui si chiama 'realmente' Adam e lei vorrebbe farsi chiamare Eva ma poi, vedendo che lui ritiene la cosa grottesca, opta per Leda.
Di tutti quelli che incontra nel suo peregrinare per il mondo, mi ha colpito la figura di un poeta, che vede chino sul suo scrittoio, intento a scrivere gli ultimi versi, pur conscio dell'avanzare della nube e che nessuno li potrà mai leggere. Perché scriveva, allora? Ho visto in quell'immagine l'unico autentico gesto dello scrivere. Non so.
Romanzo visionario, dicevo, forse troppo, ma ben scritto, con sitle e bellezza di linguaggio. Le fantasie, a questo punto diventano quasi un suo limite, e spesso sembrano un esercizio col quale sorprendere il lettore più che offrirgli qualcosa da… comprendere, mi verrebbe da dire (sebbene so perfettamente che romanzi, o letteratura, non vanno capiti ma "sentiti", ognuno la sua sensazione).
Per Shiel, quando ho scoperto che in altri libri aveva, in qualche modo "previsto" il futuro (a fine secolo – 1800 – ha scritto di paurosi uomini delle S.S. – Setta di Spagna – che si riunivano in camere oscure sotto il Tamigi, di pericolo dell'invasione cinese, di raggi laser che risolvevano le sorti di una battaglia), be', quando ho scoperto questo ripensando al racconto…
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...capolavoro...discutibile!
Definito il grande capolavoro di M.P. Shiel,sorprendente lo e' di certo,una sorta di fantasia senza confini che pero',in alcuni punti,personalmente ho trovato un po' troppo "distorta",troppo funerea e confusa...distoglie il lettore facendole perdere la concentrazione,cadendo in un "caos" si avvenimenti "estremi".Si ha la sensazione di essre su una giostra che gira al altissima velocita'....In questa opera vengono proposti svariati temi:la fine del mondo e la relativa morte dell'intera umanita' (con la singolare eccezione della moglie del Sultano di Turchia),la scoperta del Polo Nord (uno dei motivi che mi ha spinto a leggerlo...ma che...),l'incendio e la distruzione col tritolo di Londra,Parigi,Bordeaux,Bombay,Pechino,Nagasaky,San Francisco e Costantinopoli,la scomparsa dell'intera Italia Meridionale (con stravagente eccezione di Stromboli e di un frammento dell'isola dfi Enna,la seconda consumazione del Peccato Originale che stavolta avviene nella cabina di una nave...........e via dicendo...in un vortice di perdizione sospeso tra disfacimento e esaltazioneIl protagonista e' sempre alle prese con atti sinceramente esageratamente estremi che alla fine annoiano,si ha la sensazione di entrare in un vortice che lascia senza respiro!Sicuramente un'opera al di la' dei confini dell'immaginazione,alcune pagine iniziali,ricche di uno stile travolgente ma...in seguito barcollante...confuso...