La morte di Gesù
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Misteriosa essenza
David, un ragazzino speciale con una missione da compiere, oltre il proprio stato di orfano, l’amore per Don Chisciotte ma non per la lettura, il disprezzo per la matematica, la fuga in un orfanotrofio da cui essere adottato, il ricovero in ospedale per una misteriosa malattia invalidante, l’amore e la sofferenza di due genitori in prestito.
Tanti significati più o meno simbolici restituiscono un testo complesso nella interpretazione, terzo di una trilogia, una parabola sulla vita e sulla morte, sullo stare al mondo e sul senso di identità e appartenenza.
In verità il racconto parrebbe una fiaba evangelica, la descrizione dettagliata dell’ eccezionalità di un bambino di dieci anni, figlio adottivo, portatore di una missione necessaria, che riesce a estrarre il meglio da chi lo circonda e sa farsi ascoltare, che racconta delle storie e sente un senso del dovere verso gli orfani di tutto il mondo, che si pone domande sulla propria origine.
Egli stesso, agli occhi di Simon e Ines, presenta parecchi lati oscuri, entrambi si sono nutriti della sua presenza abbandonando una porzione del proprio mondo, lo amano incondizionatamente ma lo vedono allontanarsi e ripudiarli inseguendo un sogno, un senso, un destino da compiersi.
David ha imparato a leggere da solo, non ha maestri, ha un testo, il Don Chisciotte, unico riferimento da trattare come storia vera, non semplice finzione letteraria.
Grazie alla sua voce il libro prende forma e comincia a parlare, raccontandoci il potere dei sogni, ma Il suo campo di esperienza è limitato, quello di un bambino che ama danzare e tirare calci a un pallone ma ancora in balia del mondo.
Non ascolta i consigli degli adulti, Simon e Ines, uniti nell’orgoglio della sua presenza e nella gioia della sua intelligenza, che si sentono inadeguati al compito affidatogli, anzi, è piuttosto irriguardoso e insofferente nei loro confronti, forse non è un comune mortale, viene da un altro mondo o da un’altra stella.
David vorrebbe diventare quello che vuole essere, inseguire le proprie inclinazioni, affranto da un tormento interiore che diverrà fisico, un dilemma di sofferenza decisamente intollerabile.
È una creatura che appartiene a tutti e a nessuno, che ha molte cose da insegnare e da chiedersi, che lascerà prematuramente il mondo forse ucciso dai camici bianchi, interrogandosi su se stesso, gli altri a interpretarne il senso delle parole e la missione su questa terra.
Un testo enigmatico, simbolico e allegorico, un viaggio stanziale che fa riflettere, facili i richiami alla breve vita di Gesù su questa terra. Un linguaggio scarno, essenziale, oggettivo, molte domande e nessun giudizio espresso, un senso di incompiutezza interpretabile sul significato di vita e di morte, e sul senso più vero, oltre la fede, che abbraccia temi umani, psicologici e filosofici, insiti nel mistero della vita stessa.
Il vero messaggio
Titolo conclusivo della trilogia di Gesù che ha avuto inizio con “L’infanzia di Gesù” (2013) e che è proseguita con “I giorni di scuola di Gesù” (2016), “La morte di Gesù” (2020) è un elaborato che esattamente come nei due precedenti lavori scuote e sorprende il lettore e che risente chiaramente delle influenze del percorso letterario dell’autore e in particolar modo del postmodernismo ma anche dell’apartheid anni ’70. Esattamente come in altre sue opere anche in questo caso vengono affrontati temi esistenzialisti quali la morte, la malattia, il privilegio, i legami e rapporti tra padri e figli, la politica negli aspetti sociali, il terrorismo, il veganismo e anche il desiderio e/o la colpa. E seppur la sua opera possa essere suddivisa in più gruppi composti da romanzi sperimentali, realisti, autobiografici e anche saggi ed epistole, la Trilogia di Gesù esula dal poter rientrare in alcuno di questi.
Partiamo con la conoscenza di un bambino giunto all’improvviso nel primo scritto della serie, proseguiamo con quelli che sono i suoi anni scolastici e concludiamo con quella che ne è la dipartita. Si noti bene che mai è esplicito il riferimento di Gesù a David, cosa questa, che fa riflettere e interrogare sul chi sia davvero il primo. Che sia il caso di interpretarlo in senso metaforico e astratto? Che esso rappresenti l’imprevedibilità e l’imponderatezza? Che sia ancora quella forza atta a sovvertire le strutture canoniche che attribuiamo al mondo? Che la trilogia sia dunque da leggere in chiave filosofica e che quindi la stessa si snodi sulle diverse forme che è possibile dare al mondo che ci circonda? E che ruolo ha l’educazione, l’apprendimento tema centrale nel secondo titolo ma che per effetto si ricollega anche al volume conclusivo? E di quale messaggio David è davvero portatore? Sappiamo bene che il messaggio in questione non è mai chiaro e che mai è direttamente svelato eppure prende forma e si insinua nella mente di chi legge che per mezzo dei personaggi e delle vicende si interroga, si domanda, cerca risposte e offre interpretazioni.
Ed è forse quest’ultima la giusta chiave di lettura: l’interpretazione. Quando il confine tra finzione e realtà si confonde è a questa che dobbiamo appellarci per dissipare la nebbia che si è insinuata in noi, circostanza questa che proprio nelle pagine finali viene lasciata nelle nostre mani per mezzo dell’analisi metaletteria che ci chiede di farci interpreti e che per effetto sembra chiederci di farci veri scrittori di quello che ne è l’epilogo.
Una trilogia stratificata e succosa, che sprona il conoscitore ad andare oltre le apparenze; un titolo complesso e completo che non mancherà di solleticare la curiosità dei cuori più avventurieri. Da leggere.